Conte sarà al timone, ma non potrà guidare da solo. Le forze di maggioranza vogliono un ruolo nella partita di potere. I nomi per la “cabina di regia” o comitato.
È una montagna di soldi: 209 miliardi di euro (127 di prestiti e 81 di sussidi a fondi perduto) assegnati all’Italia dall’Unione Europea per il rilancio e le riforme dopo l’emergenza Covid. Una somma così non si vedeva dal dopoguerra con il piano Marshall. Ora, smaltiti gli entusiasmi per il risultato ottenuto dal premier Conte al Consiglio Europeo, bisogna decidere al più presto come impiegarli. Entro settembre il piano dovrà essere definito, in modo da ottenere l’approvazione di Bruxelles e ottenere i preziosi fondi entro la prossima primavera.
Chi si occuperà di stabilire come ripartire il fiume di risorse economiche tra i vari settori e progetti? È evidente che Conte non potrà decidere da solo, ma dovrà coinvolgere le forze di maggioranza di Governo. E già qui nascono le divisioni. Sarà una partita di potere, dove tutti vorranno avere voce in capitolo.
Inoltre, la decisione è talmente importante che giocoforza dovrà coinvolgere anche il Parlamento, dove anche le opposizioni faranno sentire la loro voce. Conte, appena uscito dalla riunione del vertice, aveva annunciato, un po’ prematuramente, l’idea di una task force senza però specificare da chi sarebbe stata composta e in che ambito avrebbe operato. Ora, tramontata l’idea di ripetere l’esperienza del piano Colao che aveva elaborato le proposte per la Fase 2 (sinora mai prese in considerazione dal Governo), si affacciano altre ipotesi.
La prima vede al centro delle decisioni proprio Conte, affiancato da una “cabina di regia” composta da una squadra di tecnici a lui vicini. Si parla già del capo di gabinetto del premier, Alessandro Goracci, del segretario generale alla presidenza del Consiglio, Riccardo Chieppa, e di alcuni consulenti economici di Palazzo Chigi. Si tratterebbe di un comitato ristretto e forse troppo dipendente dal primo ministro, senza il necessario coordinamento con i dicasteri interessati. E allora si pensa di allargarla ad esponenti designati dalle forze di maggioranza, in maniera da ridurre il peso decisionale del presidente del Consiglio e di partecipare direttamente alle decisioni da assumere.
Qui c’è un nome di grosso calibro dal quale non si potrà prescindere: il ministro dell’Economia e Finanze, Roberto Gualtieri. Tutte le decisioni chiave dovranno necessariamente passare da lui, non solo per il ruolo centrale del dicastero che dirige ma anche per il peso politico dell’esponente del Pd che a tratti è sembrato rivendicare un ruolo di “alter ego” di Conte, un contrappeso necessario, come quando ha frenato alcune “fughe in avanti” emerse durante gli Stati generali dell’economia, che infatti sono state presto spente e ricondotte nel più ampio alveo dei tavoli istituzionali.
Però se, come è molto probabile, entra in gioco Gualtieri dovranno salire sul carro anche altri ministri: almeno quelli che guidano i comparti direttamente coinvolti nelle risorse da assegnare. Dunque il ministro della Salute, Roberto Speranza («la sanità è il primo capitolo da finanziare», ha detto stamani); quello dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli; la titolare del dicastero delle Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli.
E ancora, la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, la cui presenza è imprescindibile per i nodi da sciogliere su lotta alla disoccupazione e riforma pensioni; la titolare dell’Innovazione Digitale, Paola Pisano, il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e forse anche la ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, o in alternativa la ministra della Famiglia Elena Bonetti, altrimenti Italia Viva rimarrebbe fuori da questo “mini consiglio dei Ministri” e Renzi non è affatto disposto a restare escluso.
Una seconda soluzione vede, invece, un comitato più “indipendente”, di natura prevalentemente tecnica in modo da elaborare progetti concreti, e guidato da un personaggio di peso, dotato di autorevolezza. Il nome però ancora non spunta, perché dovrebbe ricevere il gradimento di Conte (che però non sembra disposto a lasciare il timone delle decisioni) e di tutti i partiti di maggioranza, oltre a garantire la necessaria esperienza e competenza. Questo nuovo comitato potrebbe essere composto non solo da esponenti della maggioranza ma anche dell’opposizione, innanzitutto Forza Italia che già ha dato la propria disponibilità ma forse anche Fratelli d’Italia che proprio dopo il vertice europeo ha assunto una linea partecipativa, lasciando solo Salvini a cavalcare le onde della protesta e dei “no” a prescindere.