Spuntano i furbetti della cassa integrazione


Il 28% delle Cig è stato erogato ad imprese che non hanno avuto cali di fatturato durante l’emergenza. Ora il Governo pensa a una stretta, ma i sindacati frenano.
Anche la cassa integrazione guadagni ha i suoi furbetti: sono le aziende che, pur non avendo riportato un calo di fatturato, l’hanno comunque chiesta ed ottenuta. Adesso si sa anche quante sono queste imprese: il 28% di quelle che hanno chiesto il beneficio. Poco più di un quarto e poco meno di un terzo del totale.
Il dato emerge dal rapporto dell’Upb, l’Ufficio parlamentare di Bilancio: il presidente, Giuseppe Pisauro, ha eseguito un monitoraggio incrociando i dati dell’Inps con quelli della fatturazione elettronica dell’Agenzia delle Entrate ed ha relazionato le commissioni riunite di Camera e Senato.
Dall’analisi emerge che un terzo delle ore complessive (che raccolgono la cassa integrazione guadagni, la Cig in deroga e i Fondi della bilateralità) è stato utilizzato legittimamente da imprese con perdite di fatturato superiori al 40%, ma più di un quarto – il 28% appunto – è stato fruito da imprese che non avevano subito alcuna riduzione del loro volume d’affari.
Ecco appunto i furbetti: la cassa integrazione dovrebbe essere utilizzata solo dalle imprese in crisi, non da quelle che, nonostante la crisi generale dell’economia provocata dal lockdown e dalla pandemia, non hanno subito perdite. Se consideriamo che le varie forme di cassa integrazione sono state richieste da più di mezzo milione di imprese, i furbetti dovrebbero essere circa 150mila aziende italiane.
A ben vedere, il mancato calo di fatturato potrebbe spiegarsi con difficoltà preesistenti all’emergenza Coronavirus, e quindi riguardare imprese “incolpevoli”, che avevano ridotto l’attività produttiva già in precedenza e avevano esaurito la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali, che è stata poi consentita ed ampliata con i nuovi Decreti Cura Italia e Rilancio.
Ma alla luce dei nuovi dati ufficiali resocontati dall’Upb c’è la fondata probabilità che in parecchi casi ci siano stati utilizzi impropri e vere e proprie truffe; di valore complessivamente miliardario, visto che le ore autorizzate ed erogate (senza contare quelle chieste ma ancora bloccate e quindi non ottenute) superano sinora il mezzo miliardo.
Scattano già le prime reazioni: «Non mi stupisce che ci sia stata qualche furbizia da parte delle aziende ma il tema è la crescita perché altrimenti la cassa integrazione finisce e le imprese falliscono. Quello che serve è uscire dalla crisi», dice all’Adnkronos il segretario generale Cisl, Annamaria Furlan, precisando però che «bisogna verificare nel dettaglio, perché non è solo il fatturato a determinare uno stato di crisi delle imprese. I dati dicono che le ore di Cig sono arrivate nei soli primi 6 mesi del 2020 a 2,28 miliardi di ore richieste, quindi nessuno può escludere che ci sia stata qualche furbizia».
Fonti di stampa riportano che il Governo sarebbe intenzionato a mettere un “catenaccio” alle erogazioni, blindando i requisiti per l’accesso alla cassa integrazione. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nell’audizione in Parlamento ha detto che intende «rendere più selettiva la Cig», introducendo elementi di differenziazione e selezione della platea di imprese, chiedendo a quelle che possono un contributo a questo strumento».
E le novità potrebbero arrivare molto presto, con la “manovra d’agosto” che il Governo si accinge a varare. La proroga della cassa integrazione per altre 18 settimane è già stata decisa e qui si potrebbe prevedere un contributo percentuale e proporzionale alle spese della Cig chiesta dalle imprese che non risultano in perdita. Si parla di un importo tra il 9% ed il 15% a carico delle aziende, che dovrebbe funzionare da dissuasore contro le future richieste.