Contratti a termine
La più importante novità introdotta dalla legge di riforma è l’abolizione della “causale”, per oltre 40 anni necessaria per stipulare un contratto a termine. Ora gli unici vincoli sono rappresentati da limiti di durata e da limiti quantitativi rispetto agli occupati a tempo indeterminato. Il singolo contratto non può superare la durata massima di 36 mesi, comprese proroghe e rinnovi. L’unica eccezione è l’attività di ricerca scientifica, mentre per i dirigenti il limite è di 5 anni. Il nuovo limite massimo quantitativo consiste, invece, in un tetto di contratti a termine pari al 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato. Nuove regole anche per il diritto di precedenza, che deve però risultare dal contratto: si applicano ai lavoratori a tempo determinato per oltre sei mesi, agli stagionali e alle lavoratrici madri.
Apprendistato
L’apprendistato è l’unico contratto a contenuto formativo dell’ordinamento, cioè a causa mista: il datore di lavoro si obbliga, oltre che a retribuire il lavoro, a formare il lavoratore. Sono tre le tipologie di apprendistato [2]: “apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale”, “apprendistato di mestiere o professionalizzante” e “apprendistato di alta formazione e di ricerca”.
Il primo tipo e il terzo tipo hanno contenuti formativi più incisivi avendo come finalità il completamento del percorso scolastico, si tratti di diploma, laurea, dottorato o specializzazione: la loro regolamentazione è demandata alle Regioni. L’apprendistato di mestiere si rivolge a giovani che hanno finito la scuola e devono acquisire conoscenze e competenze più specifiche: è regolato da norme statali, regionali e dai contratti di lavoro.
Somministrazione
Il ricorso alla somministrazione a termine in assenza di indicazione per iscritto della causale è sempre possibile nel limite massimo di 36 mesi, fatti salvi i divieti previsti dalla legge (che sono gli stessi, peraltro, del contratto a termine): sostituzione di lavoratori in sciopero; utilizzo in unità produttive dove, con riferimento a lavoratori adibiti alle stesse mansioni, sono intervenuti licenziamenti collettivi o è in atto la cassa integrazione; utilizzo da parte di aziende che non hanno effettuato la valutazione dei rischi. Il limite di 36 mesi non si applica al contratto commerciale di somministrazione (quello tra impresa utilizzatrice e agenzia di somministrazione). Al contratto di somministrazione, inoltre, non si applica il limite delle cinque proroghe [3], in sede di conversione, per i contratti a termine.
Controlli sui lavoratori
Esercitare un reale controllo per evitare inadempimenti, oggi, è alquanto complesso: l’evoluzione tecnologica ha introdotto nei luoghi di lavoro un numero crescente di strumenti imprescindibili per l’esercizio di qualsiasi attività, ma difficili da monitorare per problemi di privacy. Una possibile strada per risolvere il conflitto controlli/difesa della privacy, potrebbe essere quella di prevedere policy aziendali molto stringenti, in cui riportare la chiara indicazione del divieto dell’uso degli strumenti informatici a scopi personali nel luogo di lavoro in questione. Di altrettanta importanza la redazione di un preciso codice disciplinare, che regoli comportamenti e sanzioni.
Sarebbe altresì altamente consigliabile non attribuire, laddove possibile, caselle postali nominative, ma soltanto caselle di gruppo alla quale possano avere accesso più dipendenti.
Cassa integrazione
Il decreto Sblocca Italia dispone un rifinanziamento di 728 milioni degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2014: un rifinanziamento che porta la dotazione complessiva di risorse a circa un miliardo e 720 milioni.
La gestione degli ammortizzatori in deroga è demandata alle Regioni, ma dal 1° agosto 2014 opera la nuova disciplina introdotta dal decreto interministeriale 83473, pubblicato il 4 agosto sul sito del ministero del Lavoro, che stabilisce i criteri di ordine generale a cui le Regioni devono attenersi, salvo un periodo transitorio, fino al 31 dicembre 2014, durante il quale le Regioni stesse possono darsi regole in deroga a quelle stabilite dal decreto.
Possono richiedere il trattamento di Cigd solo le imprese di cui all’articolo 2082 del Codice civile, con l’esclusione quindi dei datori di lavoro non imprenditori, fra cui i professionisti.