Strada vicinale: il Comune deve intervenire per la manutenzione?


Ho inviato una raccomandata al Comune di residenza per chiedere la manutenzione della strada vicinale. Non è stato fatto ancora nessun intervento dal Comune, sono costretta a fare io la manutenzione per poter transitare. Vorrei sapere se posso fare qualcos’altro riguardo a questa situazione.
Il problema posto non può prescindere da una disamina del complesso tema inerente alla natura giuridica delle strade vicinali e alla sussistenza di una servitù di passaggio ad uso pubblico.
Secondo la giurisprudenza (Cass. civ., 12.07.1991, n. 7718), una strada vicinale può dirsi ad uso pubblico solamente se sussistono alcuni elementi, quali: il passaggio esercitato da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale; la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via; un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile.
Secondo la giurisprudenza (Cass. Civ., sent. n. 12181/1998), la costituzione della servitù di uso pubblico può avvenire anche mediante messa a disposizione, da parte dei proprietari, della strada all’uso collettivo per molto tempo: «la c.d. Dicatio ad patriam ha come suo indefettibile presupposto l’asservimento del bene all’uso pubblico nello stato in cui il bene stesso si trovi, e non in quello realizzabile a seguito di manipolazioni quali quelle conseguenti alle irreversibili trasformazioni che caratterizzano il (diverso) istituto dell’accessione invertita».
La sussistenza dei predetti requisiti comporta l’applicabilità alla strada vicinale pubblica delle norme del codice della strada. In siffatta ipotesi, la proprietà e il possesso permangono in capo ai frontisti ai quali è tuttavia preclusa ogni possibilità di intercludere l’accesso alla strada interpoderale in ragione della servitù pubblica che vi insiste. A tal fine, le strade vicinali pubbliche sono equiparate alle strade comunali, ex art. 2 c. 7 d.lgs. n. 285/1992, e i Comuni sono legittimati ad adottare i provvedimenti opportuni a garantire l’esercizio del diritto di passaggio da parte della collettività.
Per legge, l’obbligo di manutenzione e gestione della strada vicinale pubblica incombe sui proprietari dei fondi e sul Comune che devono istituire un consorzio obbligatorio; la ripartizione delle spese viene effettuata per i proprietari in base alle quote millesimali del piano di riparto e per il Comune in base alla quota deliberata (da 1/5 a 1/2 in ragione dell’importanza della strada).
Dunque, volendo ammettere che la strada vicinale sia ad uso pubblico (peraltro, la presunzione andrebbe sconfessata dal Comune), l’obbligo manutentivo grava sia sui privati che sul Comune. Come detto, infatti, le strade vicinali assumono carattere pubblico, allorché adducono a luoghi pubblici di interesse generale e vengono utilizzate abitualmente dalla generalità dei cittadini. In tal caso, e solo in tale accezione, vengono assimilate alle strade comunali (così come previsto dall’art. 2, 7 comma, d.lgs. n. 285/1992); e per esse il Comune è tenuto a concorrere alla spese di manutenzione, potendo promuovere d’ufficio la costituzione di un consorzio ex art. 14 L. 12 febbraio 1958, n. 126, (unico articolo che non risulta abrogato dal Codice della strada: si veda l’art. 231, laddove abroga la legge 12.2.1958, n. 126 «ad eccezione dell’art. 14», cioè della norma che dispone l’obbligatoria costituzione dei consorzi per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali di uso pubblico), obbligatorio fra i proprietari ed esercitando su tali strade i poteri di tutela ex codice della strada.
È appena il caso di ricordare che l’art. 3 del d.l.lgt. 1.9.1918, n. 1446, convertito nella legge 17 aprile 1925 n. 473, così recita: «Il Comune è tenuto a concorrere nelle spese di manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali soggette al pubblico transito, in misura variabile, da un quinto sino alla metà della spesa, secondo la diversa importanza delle strade. Per le vicinali non soggette ad uso pubblico, il concorso del Comune è facoltativo e può essere concesso soltanto per opere di sistemazione o ricostruzione, in misura non eccedente il quinto della spesa. Il Comune è rappresentato nei consorzi con voto proporzionale alla misura del concorso».
Così il successivo art. 5 del medesimo testo normativo: «Nei casi pei quali sarebbe obbligatorio il concorso del Comune, questo può promuovere di ufficio la costituzione del consorzio, ed assumere altresì direttamente l’esecuzione delle opere».
Dunque, tirando le fila di quanto detto sinora, si può affermare che:
- il Comune ha l’obbligo di concorrere alle spese di manutenzione nei limiti stabiliti dall’art. 3 d.l. lgt. n. 1446/1918, da un quinto alla metà;
- le spese residue sono a carico degli utenti e non dei proprietari della strada (in tal senso vedasi T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 24 luglio 1989, n. 277, ove si precisa che fra i cosiddetti utenti «siano da annoverare tutti coloro che, in base a un concreto accertamento di fatto, presuntivamente ritraggono dall’utilizzo della strada un effettivo e concreto giovamento in misura e con modalità nettamente differenziate rispetto a tutti gli altri che pure ne fanno uso»);
- se gli utenti non provvedono il Comune può eseguire d’ufficio la manutenzione, rivalendosi poi sugli utenti (art. 15 d.l. lgt. cit.; artt. 52 e 378 l. n. 2248/1865, all. f). Si precisa che il ricorso all’esecuzione di ufficio per inadempienza dei privati utenti non deve essere usato come espediente per eludere il rispetto della legge ed addossare solo ad alcuni privati oneri di spettanza anche pubblica (così T.A.R. Friuli-V.G. n. 277 del 1989, sopra citata);
- in caso di inerzia dei privati, il Comune deve tempestivamente provvedere alla manutenzione, perché risponde nei confronti di terzi per i danni eventualmente provocati dalla difettosa manutenzione, a nulla rilevando che l’obbligo della manutenzione incomba sul proprietario dell’area: così Cass., sez. III, 15 giugno 1979, n. 3387. Infatti v’è l’obbligo della p.a. «di osservare, a tutela dell’incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le disposizioni di legge e di regolamento all’uopo predisposte, nonché le comuni norme di prudenza e di diligenza imposte dal principio, primario e fondamentale del neminem laedere».
Alla luce di tutto ciò, a sommesso avviso dello scrivente si potrebbe inviare una nuova diffida, magari questa volta redatta da un legale, a tutti i frontisti interessati e al Comune: se, infatti, i comproprietari si riescono ad accordare tra loro, con il beneplacito del Comune, si può evitare la costituzione del consorzio per la gestione della strada vicinale, che, come tale, ha delle spese sia per la sua costituzione, sia, in seguito, annualmente, per il suo mantenimento.
Se a seguito della diffida non si raggiunge un accordo, è possibile:
- diffidare il Comune ad eseguire immediatamente le opere, atteso che l’ente, in caso di inerzia dei frontisti comproprietari e anche prima dell’avvenuta costituzione del consorzio, è tenuto ad eseguire le opere necessarie per la sicurezza e la percorribilità della strada. In questo caso, se il Comune esegue i lavori, avrà azione di regresso nei confronti dei frontisti per la rispettiva porzione di competenza. È poi probabile che il Comune promuova la costituzione del Consorzio, per evitare di dover intervenire d’urgenza in future occasioni;
- se non si vuole procedere ai sensi del punto precedente, si può in alternativa chiedere la costituzione d’ufficio del Consorzio. La richiesta va fatta al Prefetto in quanto, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 126/57, «la costituzione dei consorzi previsti dal D.L.Lgt. del 1.9.1918, n. 1446, per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali di uso pubblico .è obbligatoria. In assenza di iniziativa da parte degli utenti o del Comune, alla costituzione provvede d’ufficio il Prefetto». In questo caso, l’esecuzione delle opere sarà rimandata a quando il consorzio sarà stato costituito. Quindi diciamo che in caso di estrema urgenza il procedimento da seguire è quello del punto precedente.
Infine, è il caso di ricordare come, avverso il silenzio colpevole della pubblica amministrazione, sia ammesso il ricorso al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 117 del codice del processo amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, sentenza numero 2584 del 23 maggio 2005), a tenore del quale il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all’amministrazione e ad almeno un controinteressato, nel termine di cui all’articolo 31, comma 2, e cioè fintanto che perdura l’inadempimento e non oltre un anno dalla scadenza del termine per provvedere. Tale ricorso viene deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni. Ove occorra, il giudice nomina un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avvocato Mariano Acquaviva
Nel caso di strade vicinali private e non ad uso pubblico pericolose al transito, se i frontisti non trovano accordo per la sistemazione e messa almeno in sicurezza, cosa può fare il singolo frontista? grazie
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