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Un sms può provare la conclusione di un contratto?

4 Agosto 2020 | Autore:
Un sms può provare la conclusione di un contratto?

Qual è il valore probatorio dei messaggi di testo inviati e ricevuti sul cellulare: cosa dice la legge, la posizione della giurisprudenza e le alternative.

Viviamo in un mondo in cui la tecnologia informatica supera sempre più le forme, ma ancora non le sostituisce completamente. Se ormai basta un “ok” su WhatsApp (o addirittura un emoticon con il pollice alzato) per confermare un invito o una qualsiasi proposta di un amico, ciò non è sufficiente per manifestare la propria volontà in altri tipi di rapporti.

Questo comporta problemi nel mondo giuridico, specialmente nell’ambito dei contratti, dove il rispetto della forma scritta e di determinate formule e schemi è ancora indispensabile in alcuni settori, come la stipula di un mutuo, una compravendita immobiliare o un’assicurazione Rc auto.

Anche qui la tecnologia aiuta, come ben sai se hai avuto a che fare con banche, compagnie di assicurazioni, gestori telefonici e imprese commerciali, specialmente durante il lockdown: la maggior parte dei contratti venivano e vengono tuttora conclusi per telefono o via mail, restituendo i documenti scannerizzati con la propria firma oppure apponendo la sottoscrizione digitale.

Ma il problema rimane aperto in molti casi: se un tuo fornitore ti propone di acquistare un certo quantitativo di merce a un determinato prezzo e tu gli dai l’assenso con un sms, un messaggio di testo via telefono, il contratto è concluso e valido oppure no? E se un’agenzia immobiliare ti propone un affare, puoi aderire e bloccarlo in tuo favore dando la risposta definitiva in chat?

Inoltre, una cosa è la conclusione di un contratto e una cosa diversa è la prova di questa circostanza, cioè del fatto che un contratto è stato validamente stipulato tra le parti. Nella pratica, i due fenomeni tendono a coincidere, perché se sorge un diverbio e non si riesce a provare che il contratto c’è e quali sono le sue condizioni, sarà come se esso non esistesse.

Insomma, in tutti questi casi un sms può provare la conclusione di un contratto oppure no? Vediamo cosa può accadere, qual è la normativa di legge applicabile e cosa dice la giurisprudenza a tale riguardo: gli orientamenti sono contrastanti.

La conclusione del contratto

Un contratto è il risultato dell’incontro della volontà concorde di due o più parti: il suo nucleo fondamentale è l’accordo raggiunto per regolare un rapporto di contenuto patrimoniale.

Ci possono essere proposte e controproposte, ma quello che conta è l’accettazione di un determinato contenuto: la legge [1] stabilisce che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte.

Questo perché la notizia dell’accettazione può giungere al proponente in un momento successivo, che può variare a seconda della natura dell’affare, degli usi commerciali, dell’eventuale termine stabilito come scadenza utile ed anche dai mezzi di comunicazione utilizzati.

I contratti a distanza

Proprio quest’ultimo elemento assume oggi sempre più maggior valore, grazie ai contatti telefonici e telematici che è possibile instaurare in modo veloce anche quando le parti coinvolte sono fisicamente distanti.

La maggior parte dei contratti conclusi su internet si realizza mediante form precompilati in cui viene inserito e trasmesso l’ordine; qui la prova della conclusione è data dalla ricevuta di accettazione, che riporta gli elementi essenziali ed anche il numero attribuito al contratto, per renderne più agevole l’individuazione.

Un altro tipo di contratti a distanza è quello che si realizza per telefono, e il Codice del consumo prevede una precisa tutela del consumatore, con proposte chiare e comprensibili, domande ripetute, registrazione del dialogo a cura dell’imprenditore, conferma successiva e possibilità di revoca o di recesso entro un termine prestabilito.

Poi c’è un’ampia serie di contratti “liberi”, dove le parti non sono in posizione di squilibrio reciproco (come avviene quando c’è la grande impresa commerciale, turistica o bancaria di fronte al singolo consumatore) e quindi non sono previste particolari tutele nelle forme di stipula: le parti sono libere di regolare i propri interessi e manifestare la propria volontà comunicando con la controparte nel modo che preferiscono, dunque anche con i sistemi di messaggistica e di chat.

I contratti via sms, e-mail o WhatsApp 

Tra queste forme libere di dialogo, assumono sempre più rilevanza le chat via WhatsApp, la posta elettronica (e-mail) e gli sms telefonici.

Quanto alle email, c’è da dire che la legge attribuisce valore di prova legale solo alla Pec, la posta elettronica certificata:  è equiparata alla tradizionale lettera raccomandata e dunque fa piena prova dell’invio, del ricevimento e anche del testo in essa contenuto.

I normali messaggi di posta elettronica, invece, possono fornire un valido spunto di prova, ma vengono liberamente valutati dal giudice, che dunque non è vincolato alle loro risultanze.

Le chat di WhatsApp invece, in base ad un orientamento di recente affermatosi in Cassazione [2], hanno valore di prova in giudizio, almeno fino a un certo punto: infatti spetta alla parte contro cui vengono prodotte contestarle, non in maniera generica ma arrivando a dimostrare che non sono veritiere.

Sugli sms la questione è più controversa e la giurisprudenza non ha ancora assunto un orientamento univoco. Il “messagginodi testo non si basa su un sistema ormai diventato universale e che usa una piattaforma standard, come WhatsApp, ma è una semplice e breve comunicazione testuale trasmessa e ricevuta sui rispettivi cellulari (o anche su schede sim installate su dispositivi fissi) grazie all’intermediazione dell’operatore telefonico.

L’sms ha valore di prova? 

La Cassazione più recente è orientata a riconoscere anche all’sms valore di prova documentale. In pratica, bisognerà riprodurre fedelmente il testo e offrirlo in produzione nel giudizio, in modo che la controparte possa esaminarlo ed eventualmente contestarlo, disconoscendolo espressamente, come abbiamo appena visto.

Se non lo farà o non ci riuscirà, anche l’sms sarà valido. «Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti o cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime», dice la legge [3].

L’applicazione di questa fondamentale norma è stata estesa, nel corso del tempo, ai vari strumenti tecnologici che si sono susseguiti: alle fotocopie, ai fax, ai filmati realizzati con una fotocamera ed ora anche agli sms.

«L’sms che contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime», afferma la Cassazione [4].

Ma se la controparte si oppone e disconosce questa conformità dell’sms – prosegue la sentenza «non può escludersi che il giudice possa accertare la rispondenza all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni».

Il problema pratico consiste spesso nella trascrizione del contenuto: riportare il testo del messaggio ricevuto in un altro documento non ne garantisce la fedeltà all’originale, possono esserci errori o addirittura alterazioni, interpolazioni o omissioni di parti rilevanti.

Così i giudici sono molto attenti nell’esaminare il materiale prodotto sotto forma di sms e arrivano a dichiarare che essi non bastano a fornire prova dell’avvenuta conclusione di alcuni contratti, come la compravendita.

In un recente caso [5], una Corte d’Appello ha stabilito che un sms – del quale era stato provato in giudizio l’invio, ma non il contenuto – non era sufficiente a documentare il perfezionamento di un contratto di compravendita immobiliare tra il proponente acquirente e l’agenzia.

La soluzione della questione era particolarmente importante perché da essa dipendeva l’incameramento della caparra versata o la sua restituzione. «La semplice prova dell’invio di un sms all’utenza della donna, ma non del suo contenuto, appare inidoneo a fornire la prova dell’avvenuta conclusione dell’accordo». di compravendita, ha statuito il Collegio.

E si trattava di un caso in cui, a fronte della proposta irrevocabile di acquisto, l’agente immobiliare avrebbe dovuto rispondere comunicando l’accettazione o la non accettazione. Insomma, in questo caso l’sms, che pure era stato inviato, non è bastato a provare la conclusione del contratto.

Come usare gli sms nei contratti

Al di là della specifica vicenda, è sempre consigliabile utilizzare il mezzo comunicativo adatto per ogni tipo di contratto: quanto più il valore patrimoniale è ingente e l’uso di una determinata forma è necessario, tanto più sarà opportuno evitare di ricorrere ad un mezzo così labile come l’sms.

In definitiva, oggi l’efficacia probatoria dei documenti elettronici si va estendendo sempre più, ma spetta sempre al giudice valutare la conformità al vero dei testi elettronici estratti dal mondo digitale e riprodotti come documenti di causa.

In base all’orientamento della Cassazione che abbiamo riportato, è possibile utilizzarli in giudizio, anche con un buon margine di successo in molti casi, ma la controparte potrebbe muovere contestazioni; e in ogni caso la dimostrazione del contenuto, della provenienza, dell’invio e della ricezione non saranno mai “solide” quanto quelle di altri e più efficaci mezzi di comunicazione digitale oggi disponibili.


note

[1] Art. 1326 Cod. civ.

[2] Cass. sent. n. 19155/19 del 17 luglio 2019.

[3] Art. 2712 Cod. civ.

[4] Cass. sent. n.5141/19 del 21 febbraio 2019.

[5] Corte di appello dell’Aquila, sentenza n. 117/20 del 24 gennaio 2020.


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