Conto cointestato non sempre sequestrabile al 100%


Se non c’è una verifica su chi alimenta il conto e in quale misura, si può intervenire solo sulle somme riconducibili direttamente all’indagato.
Non sempre è possibile sequestrare completamente un conto corrente cointestato ad una persona indagata e ad un’altra estranea al reato: se quest’ultima non ha nulla a che fare con il delitto commesso da chi condivide con lei il rapporto bancario, ha diritto ad avere la sua parte di disponibilità sul conto. Lo ha appena stabilito la Cassazione con una sentenza [1] che si discosta dagli orientamenti espressi in precedenza.
Infatti, la sentenza di ieri fa notare che in passato la Suprema Corte si era detta d’accordo sulla possibilità di sequestrare l’intero importo del conto cointestato senza tenere in considerazione le presunzioni o i vincoli stabiliti dal Codice civile sui rapporti tra creditore e debitore e dando la possibilità alla persona estranea di dimostrare di essere l’unico titolare dei soldi e, quindi, l’illegittimità della misura.
La svolta che ora la Cassazione dà a questo orientamento è motivata per il fatto che, secondo la più recente sentenza, deve essere accertata non la materiale disponibilità dei soldi da parte dell’indagato ma il fatto che «il denaro sia causalmente riconducibile allo stesso indagato, provenga cioè da questi, perché solo ciò consente di affermare, in ragione della sua fungibilità, che quel bene sia profitto o prezzo del reato».
In altre parole, va fatta una valutazione sul momento che precede la costituzione della comunione sul denaro, altrimenti potrebbe essere ammessa la possibilità di un sequestro del conto corrente cointestato finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato e dei beni di proprietà di terzi. Significa che il sequestro va fatto non sulla base di una presunzione ma come risultato di una verifica su chi alimenta il conto. Se questo controllo non c’è, la misura cautelare deve interessare solo le somme che possono essere riconducibili all’indagato.
note
[1] Cass. sent. n. 25427/2020 dell’08.09.2020.