Controllare la salute dei dipendenti è, in generale, un dovere del datore di lavoro ma, nel contesto della pandemia, la sorveglianza deve essere particolarmente rafforzata verso alcuni lavoratori con maggiori fragilità.
In questo periodo di pandemia da Covid-19 vi sono alcune categorie di lavoratori particolarmente esposte al rischio del contagio. Basti pensare ai medici, agli infermieri ed al personale sanitario in genere ma anche, in generale, a tutte le persone che lavorano a stretto contatto con il pubblico.
Il decreto rilancio ha introdotto una particolare tutela del lavoratore fragile dal rischio di contagio da Covid-19 imponendo al datore di lavoro un rafforzamento dell’attività di controllo sulla salute del dipendente. Tuttavia, nel silenzio della norma, non sono chiare le modalità concrete con cui le imprese devono dare seguito a questo obbligo introdotto dalla legge.
Indice
Cos’è l’obbligo di sorveglianza sanitaria?
Nel nostro ordinamento, si prevede che il datore di lavoro abbia l’obbligo di sicurezza nei confronti dei propri dipendenti [1]. Ciò significa che egli deve adottare ogni misura di sicurezza idonea ad evitare il rischio che i lavoratori possano subire un danno alla propria salute e sicurezza nel luogo di lavoro.
In particolare, la normativa specifica in materia di sicurezza sul lavoro [2] prevede l’obbligo per il datore di lavoro di sottoporre i lavoratori a controllo sanitario. Tale attività viene detta sorveglianza sanitaria e deve avere ad oggetto la verifica dell’idoneità fisica dei lavoratori a svolgere la mansione esercitata.
La sorveglianza sanitaria deve essere effettuata dall’azienda con riferimento a tutti i lavoratori, da intendersi con una accezione ampia.
Vi rientrano, quindi:
- i lavoratori presenti in azienda, a prescindere dalla tipologia contrattuale (dipendenti, somministrati, intermittenti, etc.);
- i soci lavoratori di cooperativa;
- gli associati in partecipazione;
- soggetti che effettuano tirocini e stage.
L’attività di controllo sanitario sul lavoratore è obbligatoria sia quando ricorre uno dei casi espressamente previsti dalla normativa vigente, sia quando venga richiesta dal lavoratore e il medico competente la reputi connessa ai rischi professionali.
Tutela del lavoratore fragile
L’avvento della pandemia da Covid-19 ha coinvolto in modo profondo la materia della salute e sicurezza sul lavoro. Infatti, l’obbligo di protezione del datore di lavoro sulla salute dei dipendenti è stato esposto ad una sfida del tutto nuova. Inoltre, in molti casi, il principale veicolo del contagio è stato proprio il lavoro. Basti pensare agli operatori della sanità o a chi sta al front office di una qualsiasi attività.
Il legislatore ha, dunque, introdotto una sorta di sorveglianza sanitaria rafforzata [3] per i lavoratori considerati fragili, ossia, maggiormente esposti al rischio di contagiarsi.
In particolare, la norma, che è efficace fino alla fine dello stato di emergenza sanitaria e, dunque, salvo proroghe, sino al 15 ottobre 2020, prevede che, al fine di assicurare che le attività produttive e commerciali si svolgano in sicurezza con riferimento al rischio di contagio da Covid-19, i datori di lavoro, sia del settore pubblico che di quello privato, debbono assicurare quella che viene definita la sorveglianza sanitaria eccezionale ai lavoratori fragili.
Lavoratori fragili: chi sono?
La norma del decreto rilancio indica come lavoratori fragili quelli maggiormente esposti al rischio di contagiarsi e di prendersi dunque il Covid-19.
Il maggiore rischio di contagio è determinato da alcuni fattori, come:
- l’eta anagrafica;
- la condizione di rischio dettata da immunodepressione;
- rischio determinato dagli esiti di patologie oncologiche;
- rischi scaturenti dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità.
In linea generale, la elencazione contenuta nella norma è solo indicativa. La sorveglianza sanitaria rafforzata dovrà essere adottata verso tutti quei lavoratori che hanno una condizione di salute tale da renderli maggiormente esposti al rischio di contagiarsi.
Ma chi deve svolgere questa forma rafforzata di sorveglianza sanitaria?
La norma precisa che, al pari del controllo sanitario ordinario, tale attività è demandata al medico competente aziendale. Se, tuttavia, l’azienda non ne ha uno (ad esempio perchè non è tenuta ad averlo), può decidere di:
- nominarne uno pro-tempore per la durata dell’emergenza;
- demandare tale compito ai medici del lavoro dell’Inail.
Quello che, invece, non è affatto chiaro è in cosa consista questa sorveglianza sanitaria rafforzata.
Si ritiene che la norma richieda una intensificazione dell’attività di sorveglianza sanitaria, attraverso visite mediche più frequenti che consentano di monitorare in modo continuativo la condizione di salute del dipendente e, se necessario, adottare provvedimenti mirati, tra cui, lo smart working.
note
[1] Art. 2087 cod. civ.
[2] Art. 41, D.lgs. 81/2008.
[3] Art. 83, D.L. 34/2020.