Più garanzie per avere lo stipendio


Se l’appaltatore non paga la retribuzione, il dipendente può avvalersi sul committente. Cambiano tempi e modalità di ricorso per il datore.
Da questa settimana, il lavoratore a cui non viene pagato lo stipendio ha più garanzie per non rimanere a tasche vuote. Grazie alla legge che modifica la diffida accertativa per crediti patrimoniali, entrata in vigore il 15 settembre, è possibile ricorrere all’Ispettorato territoriale del lavoro per ottenere quanto dovuto entro 30 giorni.
Finora, l’ispettore, verificata l’inosservanza della disciplina contrattuale sui crediti patrimoniali a favore dei dipendenti (ma anche di chi non ha un contratto subordinato, come un co.co.co.), si limitava a chiedere al datore di erogare la retribuzione. Ora, «la diffida trova applicazione anche nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati». Si parla, molto probabilmente, del committente nell’ambito di contratti di appalto e subappalto di opere e servizi e dell’impresa utilizzatrice nella somministrazione di lavoro.
Il datore di lavoro può chiedere entro 30 giorni un tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato. Se non si raggiunge un accordo, oppure la richiesta non viene presentata entro il termine citato, la diffida diventa efficace grazie ad un decreto del direttore dell’Ispettorato territoriale che permette al lavoratore di agire per avere quanto gli spetta. In alternativa, però, il datore può presentare direttamente ricorso contro la diffida all’Ispettorato stesso e non ai comitati per i rapporti di lavoro. La decisione in merito deve arrivare non più entro 90 giorni ma entro 60 giorni. Trascorso questo tempo, in mancanza di una risposta, la diffida diventa esecutiva anche senza decreto del direttore dell’Ispettorato.