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Rimborso cure all’estero: serve l’autorizzazione?

14 Ottobre 2021 | Autore:
Rimborso cure all’estero: serve l’autorizzazione?

Il diritto alla salute è più importante di qualunque burocrazia. È quanto ribadito dalla Corte di Giustizia Ue, con una sentenza in merito a viaggi terapeutici in Europa.

Mettiamo che tu abbia necessità di curarti all’estero, in un Paese europeo. Hai trovato un centro altamente specializzato nel trattamento di una tua patologia: in Italia non c’è niente di simile, oppure ci sarebbe ma dovresti aspettare così tanto che la tua salute ne risentirebbe in modo pesante.

Forse non lo sai, ma è previsto che tu riabbia indietro i soldi della prestazione sanitaria. Oppure lo sai e ti chiedi se per il rimborso cure all’estero serve l’autorizzazione.

È quello che cercheremo di spiegarti in questo approfondimento, dandoti tutte le informazioni necessarie su come funziona l’assistenza sanitaria in un Paese che non è il nostro. Iniziamo subito.

Assistenza sanitaria non programmata

Innanzitutto va detto che esistono due tipologie di assistenza sanitaria: quella non programmata e quella programmata. Soffermiamoci, per ora, sulla prima. Riguarda, per esempio, quegli interventi chirurgici che puoi trovarti a fare all’estero durante un tuo temporaneo periodo di studio, di lavoro o di vacanza. Sono spese sanitarie impreviste, come quelle per gli infortuni.

Anticiperai tu le eventuali spese e poi farai domanda di rimborso, o nella città in cui stai trascorrendo le ferie o al tuo rientro. Ti serviranno la documentazione clinica e le ricevute dei pagamenti sostenuti.

Se sei in un Paese europeo, no problem: la stessa tessera sanitaria – portala sempre con te – ti permette di accedere gratuitamente alle cure urgenti o essere rimborsato attraverso la cosiddetta «team», tessera europea di assicurazione malattia che si trova sul retro del documento.

Se sei in un Paese extraeuropeo, si tratterà di capire se lo Stato ha accordi con l’Italia per l’assistenza sanitaria: in caso affermativo potrai avere il rimborso, altrimenti le spese saranno a carico tuo.

Entro tre mesi dall’esecuzione della prestazione sanitaria, possono chiedere al ministero della Salute, tramite ambasciata, il rimborso delle spese anche queste categorie di italiani residenti all’estero, obbligatoriamente iscritti al Servizio sanitario nazionale:

  • dipendenti delle amministrazioni dello Stato;
  • militari italiani, anche di leva;
  • personale docente o non docente, di ruolo e non di ruolo, in servizio presso le istituzioni scolastiche e culturali italiane all’estero;
  • personale di enti pubblici che lavori in delegazioni o uffici degli enti stessi all’estero;
  • impiegati a contratto con rapporto di lavoro regolato da legge italiana o da legge locale con contributi previdenziali italiani e con assistenza sanitaria garantita dal Servizio sanitario nazionale;
  • familiari che seguono il lavoratore all’estero o lo raggiungono anche per brevi periodi.

Assistenza sanitaria programmata 

L’altro caso è quello in cui tu abbia modo di programmare il tuo intervento chirurgico, essendo un malato cronico o soffrendo da tempo di una patologia seria. La differenza è che qui il viaggio all’estero non è una contingenza, ma il mezzo stesso per la cura. Si distingue tra:

  • l’assistenza diretta, in cui è il Servizio sanitario nazionale a finanziare il tuo viaggio a scopo di cura [1];
  • l’assistenza indiretta, dove sei tu ad anticipare la somma, per poi chiedere il rimborso in seguito alla Asl [2].

L’assistenza diretta

Sono rimborsabili le cure in un altro Stato europeo, in un Paese dell’Area euro e in Svizzera a patto, però, che i trattamenti siano erogati da strutture pubbliche o private convenzionate col Servizio sanitario nazionale. Hai diritto al rimborso se l’intervento è necessario alla tua salute (quindi una sua mancata esecuzione equivarrebbe per te a un danno) e se non puoi curarti in Italia perché i tempi di attesa sono proibitivi (avresti quindi un danno anche in questo caso).

La prestazione sanitaria, in pratica, deve avere un carattere di urgenza, motivo per il quale non puoi eseguirla in Italia. Il ministero della Salute specifica che «non è possibile utilizzare la Team (o il suo certificato sostitutivo) per ottenere la copertura dei costi relativi alle cure programmate». E qui veniamo all’autorizzazione, che va chiesta alla tua Asl, competente nella verifica dei requisiti. L’Azienda sanitaria può concedere l’autorizzazione e allora ti rilascerà un certificato da consegnare all’ospedale straniero in cui andrai; anticiperai tu le spese e poi la stessa Asl ti rimborserà, dietro consegna di tutta la documentazione sanitaria e contabile.

Può anche succedere che la Asl rifiuti la tua richiesta: in tal caso dovrà indicarti una struttura italiana in cui curarti.

L’assistenza indiretta 

Prevede il rimborso delle cure cui ci si è sottoposti in un altro Stato europeo o dell’Area euro. Il ministero della Salute spiega che «le cure rimborsabili sono quelle riconosciute dal Servizio sanitario nazionale italiano, con esclusione dell’assistenza sanitaria di lunga durata (il cui scopo è sostenere le persone che necessitano di assistenza nello svolgimento di compiti quotidiani e di routine), dell’assegnazione e dell’accesso agli organi ai fini dei trapianti e dei programmi pubblici di vaccinazione contro le malattie contagiose».

Puoi recarti in una struttura pubblica, privata convenzionata o privata. Anticiperai tu i costi per poi chiedere il rimborso alla Asl: la cifra che otterrai sarà la stessa che avresti pagato in Italia per quella prestazione sanitaria. A volte può servire un’autorizzazione preventiva della Asl, a seconda dell’intervento che devi sostenere, per esempio se è molto costoso o è eseguito con attrezzature particolari. Puoi controllarlo direttamente con la struttura dove andrai, ma cerca di provvedere in anticipo: per l’autorizzazione dell’Asl servono dai 10 ai 30 giorni. E anche qui non è detto che l’autorizzazione ti venga concessa.

L’autorizzazione è obbligatoria? 

Se non ho l’autorizzazione non posso partire? Certo che puoi, se hai urgente bisogno di curarti e il rimborso non può esserti negato sul presupposto che non disponi di un’autorizzazione. È vero, infatti, che ci sono casi in cui l’autorizzazione viene rifiutata perché si ritiene il viaggio all’estero ancor più rischioso dell’intervento. Ma è vero anche che, a volte, l’iter burocratico si allunga in un modo incompatibile con la protezione della propria salute.

In altre parole: quando non è possibile aspettare oltre perché ne va della tua vita, puoi partire anche senza autorizzazione. E se non vieni rimborsato perché non ce l’hai, sappi che chi ti nega i soldi lo sta facendo in modo illegittimo. È quello che ha appena ricordato la Corte di Giustizia europea [3], accogliendo il ricorso di un cittadino ungherese cui non venivano dati indietro i soldi, perché era andato a operarsi in Germania senza l’autorizzazione preventiva.

Nessuna preclusione automatica, ha concluso la Corte: se l’intervento è urgente non è pianificabile, quindi l’utente non ha materialmente il tempo di farsi autorizzare. Come potrebbe, se il suo quadro clinico è precipitato improvvisamente? Qui il viaggio è certamente il mezzo per la cura, ma non è possibile programmarlo in anticipo: una situazione a metà strada tra i due tipi di assistenza sanitaria descritti nei paragrafi precedenti. Con una certezza: per l’Europa la salute – e il diritto al rimborso – vengono prima della burocrazia.

Più di recente la Corte di Giustizia [4] ha detto: le cure mediche sostenute in uno Stato membro, diverso da quello della residenza, devono essere rimborsate integralmente anche se il paziente non ha ottenuto l’autorizzazione a curarsi all’estero dall’istituzione sanitaria competente. È poi contrario al diritto Ue, l’obbligo di presentare, per ottenere l’autorizzazione, un parere del medico del proprio Stato di residenza. 

Prima di tutto, la Corte Ue ha precisato che una prestazione medica fornita dietro un corrispettivo rientra nella prestazione dei servizi e, quindi, deve essere applicato l’articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che include anche il diritto del paziente a spostarsi nello spazio Ue per ottenere un servizio. È vero – osserva Lussemburgo – che l’articolo 56 non impedisce a uno Stato membro di richiedere un’autorizzazione preventiva, ma a condizione che essa sia giustificata «alla luce di esigenze imperative di interesse generale».

Tra queste esigenze può rientrare il rischio di una grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale, necessario per assicurare un servizio medico accessibile a tutti, ma a patto che venga circoscritta la discrezionalità decisionale delle autorità nazionali per evitare discriminazioni e provvedimenti arbitrari.

Se, quindi, l’autorizzazione non è di per sé incompatibile con il diritto Ue, lo diventa se non si tiene conto dello stato di salute dell’interessato e della necessità di ottenere urgentemente le cure mediche. Non solo. Per la Corte, non si può richiedere che il parere medico da presentare a sostegno della domanda di autorizzazione preventiva sia redatto obbligatoriamente da un medico appartenente al sistema sanitario dello Stato membro di residenza del paziente interessato.


note

[1] Regolamenti di sicurezza sociale CE n. 883 del 29 aprile 2004 e n. 987 del 16 settembre 2009;

[2] Decreto legislativo n. 38 del 4 marzo 2014 che ha recepito la Direttiva UE n. 24 del 9 marzo 2011;

[3] Corte di giustizia europea, causa C-777/18 sent. del 23/09/2020.

[4] C. Giust. UE, sent. 6 ottobre (C-538/19).


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