Permessi legge 104 per motivi di svago


Il disabile beneficiario dei permessi mensili retribuiti non è obbligato ad utilizzare le assenze per esigenze di cura e di assistenza.
Il disabile in situazione di gravità, beneficiario dei cosiddetti permessi legge 104, non può essere licenziato se utilizza le assenze per finalità estranee alla cura e all’assistenza: lo ha stabilito la Cassazione, con una nuova ordinanza [1].
Quanto disposto dalla Cassazione potrebbe sembrare un via libera agli abusi nell’utilizzo dei permessi retribuiti mensili, ma non lo è affatto: a questo proposito, è fondamentale distinguere tra i permessi spettanti al lavoratore disabile (riconosciuto portatore di handicap in situazione di gravità) [2] ed i permessi spettanti al lavoratore che assiste un familiare con handicap grave riconosciuto.
Mentre i permessi spettanti al lavoratore che assiste il disabile, difatti, hanno una chiara ed univoca finalità, ossia quella di assicurare le dovute cure al portatore di handicap grave, i permessi spettanti al dipendente disabile in situazione di gravità hanno una finalità differente.
Nel dettaglio, in relazione al lavoratore disabile, che fruisce dei permessi mensili per sé stesso e non per assistere un’altra persona, la finalità dei permessi è quella di garantire non solo cure ed assistenza, ma anche l’integrazione sociale necessaria a ridurre l’impatto negativo dell’handicap grave.
È infatti necessario evidenziare che le disposizioni della legge 104, legge- quadro in materia di disabilità, sono preordinate a ristabilire l’equilibrio fisico e psichico necessario per godere di un pieno inserimento nella vita sociale e familiare. Tra l’altro, la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività [3] non è da intendersi quale mera tutela fisica, ma come tutela dell’integrità psico-fisica [4] del lavoratore, anche con riferimento alla sfera dei rapporti sociali.
I permessi legge 104 per motivi di svago sono dunque consentiti? Secondo la Cassazione, la risposta è affermativa, qualora le assenze siano fruite dal lavoratore disabile: questi, difatti, non è obbligato a beneficiare dei permessi retribuiti per le sole finalità di cura, ma può beneficiarne anche per soddisfare le proprie esigenze di socializzazione, fondamentali per garantirne la salute psico-fisica, seriamente compromessa dalle patologie comportanti il riconoscimento dell’handicap grave.
Non dimentichiamo che l’handicap consiste proprio in uno svantaggio sociale, derivante da un’infermità o da una minorazione: più precisamente, è riconosciuto portatore di handicap chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, sia stabile che progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa. Per il disabile in situazione di gravità, l’integrazione nella famiglia e nella società può essere seriamente compromessa da ritmi lavorativi che non considerino le condizioni di svantaggio sopportate.
In base a quanto esposto, il portatore di handicap che usa i permessi per finalità non legate a esigenze di cura non può essere licenziato, ma può liberamente utilizzare le assenze per godere di un pieno inserimento nella vita sociale e familiare senza temere di essere sanzionato dal datore di lavoro. Anche qualora utilizzi i permessi in modo “strategico”, ad esempio in prossimità di festività, ponti e weekend, l’allontanamento dal posto di lavoro più a lungo rispetto agli altri dipendenti non è un comportamento sanzionabile, ma permette di rendere maggiormente compatibile l’attività lavorativa con la situazione di salute del dipendente.
Per approfondire, leggi: “Guida alla Legge 104“.
note
[1] Cass. ord. 20243/2020.
[2] Art.33, Co. 6, L. 104/1992.
[3] Art. 32 Cost.
[4] Art. 87 Cod. civ.; D.lgs. 81/2008.