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Accertamento induttivo: come difendersi

30 Settembre 2020 | Autore:
Accertamento induttivo: come difendersi

Quando la contabilità manca o è inattendibile, il Fisco ridetermina i redditi in base a presunzioni, ma il contribuente può fornire prova contraria.

Le dimenticanze sono sempre possibili, ma quando riguardano la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi o l’omessa tenuta delle scritture contabili obbligatorie le conseguenze per il contribuente possono essere molto gravi. In questi casi, infatti, l’Amministrazione finanziaria dispone di una procedura di accertamento semplificato del reddito di imprese e professionisti: non è vincolata alle risultanze di una contabilità mancante o incompleta e potrà ricostruire la base imponibile in qualsiasi maniera utile, rideterminando i ricavi ed i costi anche in base a presunzioni.

L’Ufficio elaborerà un accertamento induttivo contro il quale il contribuente è messo con le spalle al muro, perché non può ancorarsi alle risultanze di registrazioni contabili, fatture o bilanci che non ci sono o presentano lacune che li rendono inattendibili; dovrà confrontarsi, invece, con i dati e notizie di varia natura raccolti dall’Agenzia che ha ricostruito il volume d’affari e le operazioni svolte durante l’attività imprenditoriale o professionale prescindendo totalmente dalla contabilità. Ma nonostante ciò esistono ancora margini di manovra e vie d’uscita; vediamo dunque come difendersi da un accertamento induttivo e quali possibilità esistono per il contribuente.

La strada è in salita, perché spesso non è facile confrontarsi con gli elementi acquisiti dal Fisco e smontare le presunzioni utilizzate, ma la battaglia va combattuta sul terreno del processo tributario e talvolta anche in fase di contraddittorio preventivo con l’Ufficio.

L’accertamento induttivo  

L’accertamento induttivo è una metodologia di controllo prevista dalla legge [1] per l’accertamento delle imposte sui redditi. Mentre nel normale metodo di accertamento analitico i redditi vengono determinati a partire dalla contabilità, l’accertamento induttivo prescinde da essa.

Ciò è possibile – e diventa necessario – in tutti i casi in cui la contabilità manca o è tenuta in maniera così incompleta, inesatta o falsa da risultare complessivamente inattendibile. Questo si verifica quando il contribuente omette di presentare la dichiarazione dei redditi oppure quando un’ispezione accerta l’omessa tenuta della contabilità o il rifiuto di esibirla.

Anche la mancata risposta agli inviti degli Uffici o di compilazione dei questionari può legittimare l’accertamento induttivo, come l’indicazione di dati infedeli o irregolari negli Isa, gli indici sintetici di affidabilità fiscale che hanno sostituito gli studi di settore.

Le presunzioni 

In tutti questi casi, l’Agenzia delle Entrate determina il reddito, apportando le rettifiche necessarie, sulla base di presunzioni (o prove indirette): strumenti che consentono di risalire da un fatto noto ad uno non conosciuto. Perciò, la dimostrazione del fatto da provare – cioè il maggior reddito accertato – viene raggiunta attraverso un procedimento che raccoglie e considera elementi presuntivi di varia natura, purché siano gravi, precisi e concordanti [2].

Nelle motivazioni dell’avviso di accertamento induttivo, l’Amministrazione dovrà indicare quali sono le informazioni utilizzate ed esporre il ragionamento seguito per arrivare alla rideterminazione dei redditi, dimostrando così la significanza delle presunzioni.

Carlo è un dentista che non ha emesso fatture e non ha presentato la dichiarazione. L’Agenzia delle Entrate lo accerta e ricostruisce il suo volume d’affari con il metodo induttivo, considerando il numero di giorni dell’anno in cui lo studio è stato aperto, la presenza di un’assistente, gli acquisti dei materiali odontoiatrici impiegati, la pubblicità dello studio e alcune foto sui social che lo ritraggono mentre cura alcuni pazienti. Rileva anche il tenore di vita del professionista, che possiede una barca e ha trascorso le vacanze in luoghi costosi.

Accertamento induttivo: quali difese

Una caratteristica fondamentale di queste presunzioni semplici è che ammettono sempre la prova contraria, che dovrà fornire il contribuente: è qui che si innestano le possibilità di difesa del soggetto accertato.

Innanzitutto, non è sufficiente riportarsi alle risultanze di una contabilità che l’Agenzia ha legittimamente ritenuto inattendibile: per questa via non si ottiene nulla [3]. Bisogna, invece, confrontarsi direttamente con il coacervo degli elementi presuntivi evidenziati nell’atto di accertamento, cercando di dimostrare che nel caso concreto non hanno un preciso significato oppure sono suscettibili di altra spiegazione.

Carlo sottolinea di essere anziano, alle soglie della pensione, ed anche malato: ha tenuto aperto lo studio per passare il tempo ma non ha lavorato ed anzi ha dirottato tutta la sua clientela al genero (fornirà l’elenco dei pazienti per dimostrarlo e la documentazione che mostra il balzo di fatturato di quest’ultimo); l’assistente in realtà è la sua infermiera privata, assunta con regolare contratto. I materiali odontoiatrici sono le rimanenze di acquisti avvenuti in anni precedenti e non potrebbero essere più utilizzati perché scaduti; la pubblicità consiste in un vecchio cartellone rimasto affisso; le foto sui social sono risalenti ad anni addietro, come le date di inserimento dimostrano. La barca e le vacanze sono state pagate con i consistenti redditi degli anni precedenti, sempre dichiarati.

In sostanza, le presunzioni utilizzate dall’Agenzia andranno “smontate” con particolare cura, una ad una, ponendo particolare attenzione quando si tratta di movimenti bancari, perché prelievi e versamenti da conto corrente pongono una seria presunzione legale [4] – dunque non semplice – di conseguimento di ricavi, che richiede una giustificazione analitica, documentale e con data certa per ciascuna operazione effettuata, in modo da dimostrare che non è imponibile oppure è già stata tassata.

Gli inviti a comparire

Abbiamo visto come la mancata e ingiustificata presentazione a seguito di un invito a comparire costituisce una causa che legittima il ricorso al metodo induttivo. Ma va tenuto presente che in molti casi gli Uffici invitano i contribuenti in via preliminae a chiarire determinate circostanze utili per l’accertamento e, dunque, già in tale sede è possibile contestare la valenza delle presunzioni raccolte dal Fisco.

Ad esempio, si potrà dimostrare una determinata percentuale di ricarico applicata alle vendite in presenza di determinate circostanze valevoli per l’anno considerato dall’accertamento, tale da far scendere notevolmente i ricavi calcolati con diversi criteri.

In un recente caso, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio [5] ha confermato la validità dell’accertamento induttivo operato nei confronti di un contribuente che era risultato «negligente e non cooperativo» perché aveva ignorato l’invito dell’Agenzia ad esibire la propria documentazione contabile e fiscale. Di conseguenza, l’Ufficio ha ritenuto correttamente di trovarsi di fronte ad un caso di contabilità irregolare o omessa.

Inoltre, le fatture emesse, ma non annotate, dal contribuente accertato erano risultate da controlli incrociati eseguiti nei confronti di altri contribuenti e, messo di fronte a questo fenomeno, il soggetto non aveva spiegato «efficaci difese idonee a superare la presunzione» applicata dall’Ufficio.

La ricostruzione dei redditi operata dall’Agenzia – scaturita proprio dall’omessa esibizione della contabilità richiesta – era stata sviluppata sulla base di presunzioni semplici che sono state riconosciute valide perché sono risultate gravi, precise e concordanti e che il contribuente accertato non era riuscito a contestare. Leggi anche “Accertamento induttivo: ultime sentenze”.


note

[1] Art. 39, commi 1 e 2, D.P.R. n. 600/73.

[2] Art. 2729 Cod. civ.

[3] Cass. ord. n. 3290 del 5 febbraio 2019.

[4] Art. 32 D.P.R. n .600/1973.

[5] Comm. Trib. Reg. Lazio, 3° Sez., sent. n. 2635/20.


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