Sospensione termini processuali per Covid: non opera sempre


Se l’imputato ha chiesto la trattazione durante il lockdown, la sua scelta implica una rinuncia al congelamento ed impedisce la ripresa del regime emergenziale.
La sospensione dei termini processuali introdotta dal Decreto Cura Italia per l’emergenza Covid [1] è rinunciabile, ma la rinuncia non è più revocabile in seguito: lo ha stabilito la Corte di Cassazione in una nuova sentenza [2] relativa ad un imputato che aveva chiesto la celebrazione dell’udienza di appello cautelare durante il lockdown.
Nella Fase 1 dell’emergenza, è stato bloccato dal 9 marzo al 15 aprile 2020 «il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali», ma la norma consentiva di trattare comunque una serie di procedimenti, su richiesta esplicita dell’imputato in un processo penale o del suo difensore; in particolare quelli riguardanti le misure cautelari personali, come la custodia in carcere, o reali, come i sequestri.
Così molti interessati hanno richiesto di tenere le loro udienze anche durante la piena fase emergenziale, credendo però che la rinuncia alla causa di sospensione prevista dalla legge fosse solo momentanea, per poi riprendere ad operare automaticamente nelle successive fasi di trattazione del processo.
Così non è: ora, la Suprema Corte ha sancito che in virtù di tale scelta che lo stop al procedimento cessa definitivamente e, dunque, la sospensione dei termini processuali non opera più nel prosieguo. Infatti, il Collegio rileva che sarebbe irragionevole ritenere che i termini rimangano congelati dopo che l’imputato ha deciso di accelerare il processo, formulando la richiesta di trattazione.
Nel caso deciso, è stato ritenuto tardivo il ricorso avverso il provvedimento di appello cautelare che confermava il diniego alla scarcerazione del detenuto. La pronuncia odierna risolve così, in senso negativo, la questione che riguardava la possibilità di applicare il regime di sospensione dei termini introdotto dalle norme emergenziali anche alle impugnazioni dei provvedimenti emessi su richiesta dell’imputato che aveva richiesto la celebrazione dell’udienza nel periodo di lockdown: una volta che ciò è avvenuto, la scelta è irreversibile e riprendono a decorrere gli ordinari termini di decorrenza.
note
[1] Art. 83 D.L. n.18 del 17 marzo 2020, convertito in Legge 24 aprile 2020, n. 27.
[2] Cass. sez. 6° Penale, sent. n. 27213/20 del 30 settembre 2020.
Invece la sospensione dei termini opera, in relazione alla prescrizione delle cartelle esattoriali,oppure no?
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