Problemi psichiatrici; morte quale conseguenza di altro delitto; presupposti della responsabilità da omesso impedimento dell’evento.
Indice
- 1 Suicidio del paziente in condizioni di disagio psichico
- 2 Suicidio del paziente e richiesta di risarcimento danni da parte dei parenti
- 3 Responsabilità dell’obbligato alla sorveglianza
- 4 Il suicidio dello studente
- 5 Pregressi episodi autolesionistici
- 6 Agevolazione dell’esecuzione del proposito di suicidio
- 7 Nesso di causalità tra le condotte estorsive e il suicidio della vittima
- 8 Il suicidio di una farmacista
- 9 Il suicidio del lavoratore a causa dello stress
- 10 Tentato suicidio: lesione personale grave o gravissima
- 11 Tutela della vita tra doveri di solidarietà e diritti di libertà
- 12 Condizioni psico-fisiche del cittadino torturato nel paese d’origine
- 13 Suicidio dell’arrestato in caserma
- 14 Minaccia di suicidio
- 15 Suicidio del detenuto: la responsabilità penale del medico di guardia
Suicidio del paziente in condizioni di disagio psichico
Non è configurabile la responsabilità della struttura sanitaria per i danni a sé provocati da un paziente in condizioni di disagio psichico, che si sia rivolto al pronto soccorso e non sia stato lasciato solo, ma anzi sottoposto a controllo e vigilanza effettivi da parte della struttura stessa.
Tribunale La Spezia, 17/03/2021, n.156
Suicidio del paziente e richiesta di risarcimento danni da parte dei parenti
In caso di suicidio del paziente, avvenuto mentre questi era ricoverato in una struttura ospedaliera, la domanda risarcitoria degli stretti congiunti per la menomazione del rapporto parentale ha natura extracontrattuale, senza che sia possibile richiamare la figura dei terzi protetti dal contratto posto che non è dato riscontrare gli indici normativi o di carattere costituzionale valevoli nel sottosistema dei danni da nascita indesiderata.
Corte appello Reggio Calabria sez. I, 08/03/2021, n.131
Responsabilità dell’obbligato alla sorveglianza
A carico della struttura di accoglienza facente parte del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, cd. SPRAR, sussiste l’obbligo di sorvegliare il rifugiato ospite al fine di prevenire che questi possa causare danni a terzi o subirne; rispetto a tale obbligo assumono rilievo le condizioni di vulnerabilità del rifugiato e la conoscenza delle stesse da parte dell’ente, trovando il predetto obbligo un limite nella doverosità e esigibilità in concreto della condotta richiesta al sorvegliante, ancorché sia esigibile, da detta struttura, un obbligo di vigilanza che impone di sottoporre il rifugiato a particolare attenzione – ad esempio, con l’inserimento in un percorso di recupero, con l’erogazione di un supporto psicologico e con la eventuale segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza ed al servizio sanitario nazionale perché gli fornisca la necessaria assistenza terapeutica – ma non un più pregnante dovere di impedire l’evento lesivo.
(Nella specie, la Corte ha escluso la violazione dell’obbligo di sorveglianza in capo ad una comunità alloggio per i danni a terzi conseguenti al tentativo di suicidio di un rifugiato-ospite, sul presupposto che essa, seppure a conoscenza dello stato di incapacità del danneggiante, non era una struttura terapeutica di ricovero, non poteva imporre alcuna terapia farmacologica né limitare la libertà personale e non era obbligata a dotare l’edificio di presidi specifici, quali lo sbarramento delle finestre al fine di prevenire il suicidio per precipitazione, avendo una funzione prevalentemente residenziale e non reclusiva).
Cassazione civile sez. III, 08/07/2020, n.14260
Il suicidio dello studente
Il suicidio dello studente che prende atto della sua bocciatura soltanto vedendo i quadri non può essere causalmente riconducibile alla negligenza dei vertici scolastici che non hanno preventivamente comunicato alla famiglia la decisione della mancata ammissione, come invece previsto dalla normativa ministeriale. Lo scopo di quest’ultima è, infatti, quello di far sì che la notizia della bocciatura “sia opportunamente filtrata dai genitori”, non essendo, invece, diretta a impedire il compimento di atti estremi da parte degli alunni.
Ad affermarlo è la Cassazione in una vicenda, purtroppo molto triste, relativa al suicidio di uno studente avvenuto subito dopo aver appreso della mancata promozione all’anno successivo, senza che la scuola avesse informato la famiglia dell’esito delle valutazioni. Per la Corte, tuttavia, tale ultimo elemento non ha rilevanza causale sul gesto del ragazzo, essendo lo “scopo” della norma solo quello di consentire “una più adeguata e più serena preparazione del minore stesso alla notizia della bocciatura attraverso il filtro dei propri genitori” e non anche quello di prevenire tragici gesti.
Cassazione civile sez. III, 31/10/2019, n.27985
Pregressi episodi autolesionistici
Non integra il delitto di cui all’art. 591 c.p. la condotta del direttore amministrativo di una residenza sanitaria assistenziale (R.S.A.) – sul quale grava soltanto un dovere di custodia delle persone incapaci, per malattia mentale, di provvedere a se stesse – che abbia adottato le misure organizzative e strutturali compatibili con le finalità meramente assistenziali della struttura e non anche più penetranti misure di contenzione “meccanica”, non essendo queste previste né consentite dalla normativa di settore, che riflette l’abbandono del modello cd. “custodialistico” nella cura dei malati psichiatrici.
(Fattispecie relativa al suicidio di un ospite della struttura assistenziale affetto da psicosi cronica, nella quale la Corte, ha annullato senza rinvio, per insussistenza del fatto, la condanna dell’imputato che aveva intensificato la sorveglianza dell’ospite, lo aveva ripetutamente inviato al Pronto soccorso, in occasione di pregressi episodi autolesionistici, e aveva più volte sollecitato la rivalutazione del quadro clinico e della risposta assistenziale più adeguata).
Cassazione penale sez. V, 13/09/2019, n.50944
Agevolazione dell’esecuzione del proposito di suicidio
È costituzionalmente illegittimo l’art. 580 c.p., nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 l. 22 dicembre 2017, n. 219 — ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione —, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
In rapporto alle situazioni indicate, l’indiscriminata repressione penale dell’aiuto al suicidio entra in frizione con i precetti costituzionali evocati. Quanto all’esigenza di evitare che la sottrazione pura e semplice di tale condotta alla sfera di operatività della norma incriminatrice dia luogo a intollerabili vuoti di tutela per i valori protetti, generando il pericolo di abusi per la vita di persone in situazioni di vulnerabilità, un preciso punto di riferimento già presente nel sistema — utilizzabile nelle more dell’intervento del Parlamento — è costituito dalla disciplina racchiusa negli artt. 1 e 2 l. n. 219 del 2017, che prefigura una “procedura medicalizzata” estensibile alle situazioni che qui vengono in rilievo, attenendo la declaratoria di incostituzionalità in modo specifico ed esclusivo all’aiuto al suicidio prestato a favore di soggetti che già potrebbero alternativamente lasciarsi morire mediante la rinuncia a trattamenti sanitari necessari alla loro sopravvivenza.
Riguardo ai fatti anteriori la non punibilità dell’aiuto al suicidio rimarrà subordinata, in specie, al fatto che l’agevolazione sia stata prestata con modalità anche diverse da quelle indicate, ma idonee comunque sia a offrire garanzie sostanzialmente equivalenti, occorrendo che le condizioni del richiedente che valgono a rendere lecita la prestazione dell’aiuto — patologia irreversibile, grave sofferenza fisica o psicologica, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e capacità di prendere decisioni libere e consapevoli — abbiano formato oggetto di verifica in ambito medico; che la volontà dell’interessato sia stata manifestata in modo chiaro e univoco, compatibilmente con quanto è consentito dalle sue condizioni; che il paziente sia stato adeguatamente informato sia in ordine a queste ultime, sia in ordine alle possibili soluzioni alternative, segnatamente con riguardo all’accesso alle cure palliative ed, eventualmente, alla sedazione profonda continua.
Occorre, peraltro, ribadire con vigore l’auspicio che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore, conformemente ai principi precedentemente enunciati (sentt. nn. 27 del 1975, 96, 229 del 2015, 236 del 2016; ord. n. 207 del 2018).
Corte Costituzionale, 22/11/2019, n.242
Nesso di causalità tra le condotte estorsive e il suicidio della vittima
In tema di morte quale conseguenza di altro delitto, sussiste il nesso di causalità tra le condotte estorsive e il suicidio della vittima quando questo non sia espressione della libera scelta del soggetto, bensì venga ritenuto quale unica alternativa percorribile a fronte dell’impossibilità di sottrarsi alle condotte estorsive degli imputati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente la prevedibilità in concreto del rischio dell’evento suicidiario, in ragione della fragilità psichica della giovane vittima degli estorsori, dello stato di tossicodipendenza e della profonda prostrazione determinata dalle gravi e reiterate minacce, nonché del fatto che il suicidio si era verificato a distanza di poche ore dall’ultima telefonata estorsiva).
Cassazione penale sez. VI, 04/04/2019, n.38060
Il suicidio di una farmacista
È legittima la sanzione della censura per il magistrato che trascura le garanzie difensive. La Corte di cassazione chiarisce che se il magistrato, nell’interrogare un teste, si accorge che la sua posizione è mutata, e ci sono elementi sufficienti per iscriverlo nel registro degli indagati, deve farlo invitandolo a nominare un difensore di fiducia, nel rispetto dei principi del giusto processo.
Nel caso di specie, si trattava di un procuratore aggiunto, nell’ambito di una vicenda, che aveva riguardato il suicidio di una farmacista che prima di uccidersi aveva fatto alla madre un’iniezione letale, avvenuto pochi giorni dopo essere stata ascoltata dal Pm.
Cassazione civile sez. II, 18/04/2018, n.9551
Il suicidio del lavoratore a causa dello stress
Costituisce infortunio sul lavoro, come tale indennizzabile dall’Inail mediante rendita ai superstiti, il suicidio del lavoratore causato da stress conseguente all’eccessivo sovraccarico lavorativo, disposto dal datore di lavoro in violazione delle previsioni dell’art. 28, 1° comma, d.leg. n. 81 del 2008, relative allo stress da lavoro-correlato.
Tribunale Catania, 30/05/2018
Tentato suicidio: lesione personale grave o gravissima
Corte Costituzionale, 16/11/2018, n.207
Tutela della vita tra doveri di solidarietà e diritti di libertà
È rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 13, comma 1, e 117, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., nella parte in cui sanziona condotte di mera agevolazione materiale al suicidio, in assenza di qualunque attività finalizzata a far sorgere o rafforzare il proposito suicidiario.
Corte assise Milano sez. I, 14/02/2018, n.1
Condizioni psico-fisiche del cittadino torturato nel paese d’origine
L’art. 2, lett. e), e l’art. 15, lett. b), della direttiva 2004/83/Ce del consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, letti alla luce dell’art. 4 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che è ammissibile allo status di protezione sussidiaria il cittadino di un paese terzo torturato in passato dalle autorità del suo paese di origine e non più esposto a un rischio di tortura in caso di ritorno in detto paese, ma le cui condizioni di salute fisica e mentale potrebbero, in un tale caso, deteriorarsi gravemente, con il rischio che il cittadino di cui trattasi commetta suicidio, in ragione di un trauma derivante dagli atti di tortura subiti, se sussiste un rischio effettivo di privazione intenzionale in detto paese delle cure adeguate al trattamento delle conseguenze fisiche o mentali di tali atti di tortura, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Corte giustizia UE grande sezione, 24/04/2018, n.353
Suicidio dell’arrestato in caserma
La titolarità di una posizione di garanzia non comporta un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante ogni volta in cui la regola cautelare violata non miri a prevenire l’evento in concreto verificatosi (nella specie, un brigadiere in servizio presso la stazione dei Carabinieri era stato sottoposto a procedimento penale per il reato di omicidio colposo, con l’accusa di aver omesso di adottare le necessarie cautele volte ad impedire il suicidio – avvenuto, per impiccamento, all’interno della camera di sicurezza – di un uomo in stato arresto e in attesa di essere tradotto in carcere).
Cassazione penale sez. IV, 22/11/2017, n.6138
Minaccia di suicidio
E’ legittimo l’ordine di immediata consegna delle armi possedute imposto dal Prefetto a soggetto che ha minacciato il suicidio e versa in precarie condizioni psichiatriche.
T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. II, 27/10/2016, n.1342
Suicidio del detenuto: la responsabilità penale del medico di guardia
Il medico di guardia all’interno di una struttura carceraria non risponde di omicidio colposo in caso di suicidio del detenuto, se il suicidio stesso non risulta prevedibile.
Cassazione penale sez. IV, 28/04/2016, n.39028
Ma sapete quanti casi di suicidio sono aumentati durante questo periodo di pandemia? E le ragioni sono tantissime. C’è chi non riesce a pagare i propri debiti perché la sua attività è fallita, c’è chi soffre di depressione che in un momento di raptus riesce a trovare la forza di suicidarsi, ci sono i ragazzini che con queste diavolerie sui social fanno giochi pericolosi ed i genitori non sanno che gli passa per la testa… Io credo che la malattia mentale stia dilagando in questo periodo anche a causa delle chiusure e del Covid
Molti ragazzini sono ricorsi all’autolesionismo e altri minacciano di suicidarsi! durante questo periodo di pandemia, i suicidi e gli atti autolesionistici sono aumentati. Vorrei capire come devono intervenire i genitori? A chi possono rivolgersi per aiutare i propri figli? Stando anche in casa, loro si chiudono nelle stanze e un genitore immagina che il figlio stia studiando, giocando, guardando la tv o parlando con gli amici e invece arriva a compiere gesti assurdi e impensabili…
Bisogna intervenire immediatamente e rivolgersi ad uno specialista, in particolare ad un neuropsichiatra infantile. Ti suggerisco la lettura del mio articolo “L’autolesionismo nei bambini e negli adolescenti” con l’intervista ad un professionista. In questo articolo, troverai informazioni sui campanelli d’allarme a cui fare attenzione (cambiamenti negli atteggiamenti e nelle abitudini del bambino/ragazzo), sul trattamento che coinvolge anche la famiglia (il cosiddetto parent training) e sui consigli ai genitori suggeriti dall’esperto.