I poteri di accertamento dell’Amministrazione finanziaria; l’adesione al concordato fiscale biennale; la congruità degli accertamenti in rettifica operati dall’ufficio.
Indice
- 1 Accertamento dell’Irpef
- 2 L’inversione dell’onere probatorio
- 3 Cosa deve dimostrare il contribuente?
- 4 L’esercizio del potere di accertamento dell’Irpef
- 5 Dichiarazione del contribuente: può essere rettificata?
- 6 Imponibile accertato dal Fisco
- 7 Accertamenti in rettifica operati dall’ufficio
- 8 Accertamento dell’Irpef: l’ambito di partecipazione riservata ai Comuni
Accertamento dell’Irpef
In tema di accertamento dell’Irpef, l’adesione al concordato fiscale biennale, ex art. 33 del d.l. n. 269 del 2003, conv. in l. n. 326 del 2003, comporta che la soglia prevista dal comma 8 bis, al di sotto della quale sono preclusi i poteri di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, deve essere riferita non al reddito già accertato, ma a quello accertabile, ossia a quello risultante dall’esercizio dei soli poteri di accertamento non inibiti dal precedente comma 8, esistendo tra le due disposizioni un rapporto di complementarietà e non di specialità, sicché spetta al giudice verificare se sussistano i presupposti di cui al comma 4 del citato art. 33 e se il risultato dell’attività di accertamento superi la soglia del cinquanta per cento del reddito dichiarato, doveri questi non riguardanti invece l’IRAP, esulando questa dalla portata applicativa dell’istituto del concordato preventivo biennale in questione.
Cassazione civile sez. trib., 09/04/2020, n.7765
L’inversione dell’onere probatorio
Il presupposto dell’avviso di rettifica di valore ai fini dell’imposta di Registro e quello dell’avviso di accertamento sono radicalmente diversi: con il primo atto si determina il valore venale del bene oggetto di compravendita, sul quale vengono determinate e quantificate le imposte di registro ipotecarie e catastali da versare, mentre il secondo, emesso ai fini i.r.pe.f., trova il proprio presupposto nell’effettiva percezione da parte del contribuente di una maggiore somma, da considerare quale plusvalenza.
Assume rilevanza al riguardo la giurisprudenza della Cassazione che considera quale presunzione idonea a determinare un’inversione dell’onere probatorio, nell’accertamento di un maggior reddito in capo al contribuente, la presenza di un maggior valore del bene ceduto, accertato definitivamente in sede di applicazione dell’imposta di Registro.
Il perfezionamento, da parte dell’acquirente di un terreno edificabile, di un accertamento con adesione con riguardo all’imposta di Registro, non può costituire riconoscimento, da parte del venditore del predetto terreno, del valore del bene divenuto definitivo ai fini dell’imposta di Registro, se l’accertamento con adesione risulta proposto da un altro soggetto (l’acquirente).
Comm. trib. prov.le Brescia sez. III, 19/09/2011, n.140
Cosa deve dimostrare il contribuente?
Nel caso di accertamento dell’i.r.pe.f. in base ai parametri di cui all’art. 3 commi 181-189 l. 28 dicembre 1995 n. 549, e al conseguente d.P.C.M. 29 gennaio 1996, è ravvisabile l’inversione dell’onere della prova e spetta al contribuente dimostrare che il reddito effettivo è inferiore a quello presunto; in mancanza di elementi probatori a sostegno delle eccezioni sollevate dal ricorrente, va dichiarato legittimo l’operato dell’ufficio Finanziario.
Comm. trib. prov.le Roma, 13/11/2001, n.571
L’esercizio del potere di accertamento dell’Irpef
Secondo il principio per cui la legge dispone soltanto per l’avvenire ed in mancanza di specifiche previsioni contrarie, l’amministrazione finanziaria non poteva far riferimento per l’esercizio del potere di accertamento dell’i.r.pe.f. ad un sistema introdotto da una norma successiva al periodo d’imposta in esame, quale quella che ha modificato l’originario testo dell’art. 38 comma 4 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (nella specie, si è ritenuto che il sistema di indici presuntivi elaborato dai d.m. del 1992 è irretroattivo).
Comm. trib. reg. Roma sez. XXIX, 18/09/2001, n.56
Dichiarazione del contribuente: può essere rettificata?
L’ufficio delle imposte dirette, ai fini dell’accertamento dell’IRPEF, non può rettificare la dichiarazione del contribuente circa quanto ha percepito per l’avviamento commerciale nella cessione dell’azienda basandosi soltanto sul diverso valore accertato dall’ufficio del registro al fine dell’applicazione dell’imposta di registro sulla stessa operazione, stante la diversità dei presupposti che stanno alla base della determinazione delle due diverse imposte.
Comm. trib. prov.le Rieti sez. II, 07/06/2001, n.1415
Imponibile accertato dal Fisco
Non è fondata – in riferimento all’art. 25 comma 2 cost. – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 68 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 che sancendo l’obbligo del segreto di ufficio in relazione a tutti gli atti di accertamento dell’Irpef, risulterebbe incompatibile con l’art. 44 del medesimo decreto che prevede la partecipazione dei comuni all’accertamento dei redditi suscettibili di manifestarsi con delibere di congruità dell’imponibile accertato dal fisco, soggetti alla consueta pubblicità (ex art. 97 del r.d. 3 marzo 1934 n. 383).
Secondo il giudice “a quo” il segretario comunale, responsabile della pubblicazione, si troverebbe nella alternativa di violare l’art. 326 c.p. (sulla rivelazione dei segreti d’ufficio), ovvero di non rispettare l’art. 328 c.p. (riguardante la omissione di atti d’ufficio); conseguentemente il principio di legalità verrebbe vulnerato dai dubbi e dalle perplessità che la disposizione impugnata ingenera circa l’effettiva portata e l’applicabilità delle previsioni perché ad essa collegate.
Corte Costituzionale, 28/12/1984, n.298
Accertamenti in rettifica operati dall’ufficio
Non è manifestamente infondata – in riferimento all’art. 25 comma 2 cost. – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 68 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 che sancendo l’obbligo del rispetto del segreto d’ufficio in relazione a tutti gli atti di accertamento dell’IRPEF si pone in insanabile contrasto con le norme di cui agli art. 44 del medesimo decreto e 97 del r.d. 3 marzo 1934 n. 383. La prevista partecipazione dei comuni all’accertamento (ex art. 44 cit.) si manifesta non soltanto con le proposte di aumento (immediatamente esecutive), ma anche riconoscendo la congruità degli accertamenti in rettifica operati dall’ufficio, risultanti da deliberazioni che, per divenire esecutive devono essere pubblicate nell’albo pretorio. Di conseguenza il segretario comunale si trova esposto alla alternativa di violare l’obbligo del segreto, ovvero di incorrere nella omissione degli atti d’ufficio (commettendo i reati previsti rispettivamente dagli art. 328 e 326 c.p.). Nè varrebbe obiettare che l’art. 68 contiene la salvezza per i casi previsti dalla legge, poiché da un lato si verrebbe a sminuire la portata della norma, e dall’altro si introdurrebbe indebitamente una diversità di trattamento tra ufficio e comune, imponendosi solo al primo l’obbligo di osservare il segreto.
Pretura Bologna, 08/01/1982
Accertamento dell’Irpef: l’ambito di partecipazione riservata ai Comuni
Sono coerenti con il sistema accolto dal legislatore l’esclusione di una partecipazione dei comuni alla determinazione dei valori finali dell’imponibile INVIM e la riserva di tale determinazione all’amministrazione dello Stato, unica competente all’accertamento delle imposte da cui è desumibile il valore finale del bene soggetto all’INVIM; e non costituiscono validi argomenti per inficiare la scelta del legislatore il riconosciuto maggior ambito di partecipazione riservata ai comuni nell’accertamento dell’IRPEF, in quanto ciò dipende dal diverso meccanismo adottato, svincolato da elementi di riferimento obbligati, nè la circostanza che l’INVIM sia un tributo comunale in ordine al quale i comuni non sarebbero in grado di impostare i bilanci di previsione, dal momento che tale inconveniente si verifica anche per lo Stato.
Consiglio di Stato sez. IV, 13/11/1979, n.990