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Riduzione assegno mantenimento: quando

16 Ottobre 2020 | Autore:
Riduzione assegno mantenimento: quando

La diminuzione dell’importo è giustificata dal peggioramento delle condizioni economiche dell’obbligato o dal miglioramento di quelle del beneficiario.

Dobbiamo abituarci a convivere con l’idea che l’importo dell’assegno di mantenimento corrisposto a seguito di separazione coniugale o divorzio non è stabile per l’intera vita bensì variabile e fluttuante: può cambiare se, dopo la cessazione del rapporto, cambiano determinate condizioni nella vita di uno o entrambi gli ex coniugi.

Si tratta di capire quando avviene la riduzione dell’assegno di mantenimento e quali motivi possono determinarla. La legge fissa soltanto alcuni criteri generali. Di recente, la Corte di Cassazione ha stabilito alcune regole concrete per la determinazione iniziale della cifra e per la sua possibile revisione in seguito, quando una delle due parti la richiede, in ragione di alcuni fatti sopravvenuti. Ma i criteri interpretativi non sono univoci e questo rende tuttora piuttosto incerto il quadro.

Assegno mantenimento: la determinazione

Per il calcolo dell’assegno di mantenimento a seguito della separazione coniugale o del divorzio bisogna innanzitutto valutare la differenza di redditi e di patrimoni tra i due coniugi; in caso di evidente sproporzione o di notevole disparità, quello più povero deve anche dimostrare la mancanza di indipendenza economica.

Ci sono poi numerose altre variabili da considerare per arrivare alla determinazione dell’importo dell’assegno: l’età del richiedente, le sue capacità lavorative, l’eventuale convivenza con un nuovo partner che potrebbe far perdere il diritto al mantenimento.

L’importo viene stabilito d’intesa tra le parti o, in mancanza di accordo, dal giudice, che terrà conto non solo dei rispettivi redditi e delle attività lavorative svolte, ma anche delle spese che deve sopportare l’obbligato (ad esempio, il pagamento del mutuo sulla casa assegnata all’ex moglie) e dei beni patrimoniali del coniuge beneficiario, come immobili o titoli azionari.

Assegno mantenimento: la revisione

Una volta attribuito il diritto alla percezione dell’assegno, l’importo non è immodificabile nel tempo, ma potrà essere sottoposto a revisione, in senso migliorativo o peggiorativo. In quest’ultimo caso, si può arrivare addirittura alla revoca.

Per stabilire una qualsiasi modifica della cifra iniziale, è però necessario che ricorrano «giustificati motivi»; essi dovranno consistere in circostanze ulteriori e sopravvenute rispetto a quelle già prese in considerazione in precedenza.

In particolare, è possibile presentare un ricorso di revisione dell’assegno di mantenimento se cambiano le condizioni economiche di uno o di entrambi i coniugi. In tali casi, sono legittimati a proporre ricorso sia il coniuge obbligato al pagamento, se ha subito un peggioramento delle proprie condizioni economiche oppure vanta un miglioramento di quelle dell’ex partner e vuole ottenere una riduzione dell’importo o l’eliminazione totale, sia il coniuge beneficiario, per analoghi ed opposti motivi.

Così è possibile, sia dopo la separazione sia dopo il divorzio, chiedere al giudice una modifica dell’assegno di mantenimento oppure determinarla con un accordo stragiudiziale fra le parti.

Assegno mantenimento: la riduzione

In base a quanto abbiamo detto, la modifica dell’assegno può avvenire anche in senso peggiorativo per il beneficiario, determinando una riduzione dell’importo rispetto a quanto ricevuto in precedenza.

Questo avviene specialmente quando le condizioni del coniuge obbligato al pagamento sono sensibilmente peggiorate oppure quando sono notevolmente migliorate quelle del coniuge che lo riceve (per approfondire leggi anche “Riduzione assegno mantenimento per difficoltà economiche“).

Giovanni è un professionista ma ultimamente ha contratto una grave malattia tumorale. L’indebolimento dell’organismo e la necessità di ricorrere a ricoveri ospedalieri e chemioterapie hanno ridotto ai minimi termini la sua capacità lavorativa. I redditi si sono ridotti di due terzi rispetto agli anni precedenti e questa situazione non è transitoria. Il peggioramento delle sue condizioni economiche legittima la riduzione dell’assegno.

Giovanna ha ricevuto una consistente eredità da una zia e, inoltre, ha instaurato una stabile convivenza con un altro uomo, benestante ed in grado di garantirle un tenore di vita adeguato. Le sue condizioni economiche sono enormemente migliorate e l’ex marito potrà chiedere una riduzione dell’assegno o la sua eliminazione.

Assegno mantenimento: le decisioni della Cassazione

La revisione dell’assegno divorzile [1] è stata di recente oggetto di due importanti pronunce della Corte di Cassazione: la prima [2] ha detto addio al criterio del tenore di vita goduto in precedenza dall’ex coniuge – conta soltanto l’indipendenza o autosufficienza economica – e la seconda [3] ha stabilito che l’assegno ha una «funzione assistenziale» ed una natura «compensativa e perequativa» e perciò richiede, nei confronti del beneficiario, «l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive».

In sostanza, l’assegno di mantenimento non è un diritto acquisito ma dipende da una «valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti» che tenga conto anche del contributo fornito da ciascuno dei coniugi, durante il matrimonio, al ménage familiare.

A chiarire le implicazioni di questi parametri ora sono arrivate due nuove pronunce della Cassazione che sviluppano i criteri delle “sentenze pilota” alle quali abbiamo accennato: la revisione dell’assegno può avvenire solo se risulta avvenuto, e debitamente provato in giudizio, un mutamento delle condizioni economiche delle parti in epoca successiva a quella della pronuncia del giudice, o dell’accordo, che aveva fissato la misura dell’importo dovuto.

La prima ordinanza [4] ha respinto la revoca dell’assegno divorzile chiesta dall’ex marito perché non erano emerse circostanze nuove rispetto a quelle già valutate nella prima determinazione dell’importo; in particolare, l’autosufficienza economica della controparte era già stata esaminata dal giudice del merito.

Anche la seconda ordinanza [5] ha rigettato le argomentazioni del coniuge obbligato al pagamento, il quale aveva sottolineato che l’ex era un’insegnante con uno stipendio di 1.800 euro mensili ed anche proprietaria di beni mobili ed immobili. Qui, la richiesta di revisione è stata respinta per la «mancata sopravvenienza di fatti nuovi idonei a modificare le statuizioni»; non vi erano, cioè, quei giustificati motivi sopravvenuti che come abbiamo visto sarebbero stati necessari per legittimare la richiesta.

E, in particolare, non potevano ritenersi tali quelli dovuti al recente mutamento giurisprudenziale al quale abbiamo accennato, intercorso tra il 2017 ed il 2018 ad opera della Cassazione: fra i giustificati motivi che legittimano la revisione dell’assegno – afferma la Corte – non può  rientrare la sopravvenienza dovuta ad «una diversa interpretazione delle norme applicabili, «avallata dal diritto vivente giurisprudenziale», poiché «la funzione della giurisprudenza è ricognitiva dell’esistenza e del contenuto» della regola giuridica, «non già creativa della stessa».

Ciò significa che la giurisprudenza (in questo caso, quella della Corte di Cassazione che negli scorsi anni ha rivisto i criteri per la revisione dell’assegno divorzile) non crea regole giuridiche, ma le riconosce nelle norme esistenti rendendole applicabili ai casi concreti. Leggi anche “Riduzione assegno mantenimento“.


note

[1] Art. 9 Legge n.898/1970.

[2] Cass. sent. n. 11504 del 11 maggio 2017.

[3] Cass. Sez. Un., sent. n. 18287 del 11 luglio 2018.

[4] Cass. ord. n. 22265/20 del 15 ottobre 2020.

[5] Cass. ord. n. 22269/20 del 15 ottobre 2020.


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