Disturbi specifici dell’apprendimento: sintomi, diagnosi e trattamento


Dsa: cosa sono, come riconoscerli, come intervenire a casa e a scuola, qual è la normativa di riferimento.
È iniziato il nuovo anno scolastico. Tuo figlio frequenta la seconda elementare. Come spesso accade a molti bambini dopo la fine delle vacanze estive, il rientro a scuola è stato un po’ complicato. In tal caso, però, le motivazioni non sono legate alla nostalgia dell’estate, dei giochi con gli altri bambini e del tempo trascorso con mamma e papà, ma riguardano il manifestarsi di un disturbo. Le maestre hanno notato che tuo figlio ha un po’ di difficoltà nel seguire le lezioni, non riesce a stare al passo degli altri alunni. Magari, hai pensato che deve semplicemente riprendere il ritmo oppure hai immaginato che sia un po’ svogliato. «È pur sempre un bambino», sottolinei. Le cose non stanno proprio così.
In particolare, tuo figlio legge lentamente rispetto ai suoi compagni di classe, resta indietro durante i dettati e/o, non scrive in modo corretto e/o non riesce a fare i calcoli. Come mai? In questi casi, è importante affidarsi agli esperti e rivolgersi ad un neuropsichiatra infantile. Le difficoltà scolastiche di tuo figlio nella lettura, nella scrittura e/o nel calcolo non sono dovute a scarso impegno, pigrizia o svogliatezza, ma sono legate ai cosiddetti Disturbi specifici dell’apprendimento, meglio conosciuti con l’acronimo Dsa. Si tratta di disturbi del neurosviluppo che hanno un forte impatto sulla vita e sulla carriera scolastica del bambino.
La Consensus Conference dell’Istituto superiore di sanità precisa che i Dsa riguardano uno specifico dominio di abilità. Sulla base del deficit funzionale, si distinguono quattro condizioni cliniche: dislessia, il disturbo nella lettura (intesa come abilità di decodifica del testo); disortografia, il disturbo nella scrittura (intesa come abilità di codifica fonografica e competenza ortografica); disgrafia, il disturbo nella grafia (intesa come abilità grafomotoria); discalculia, il disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (intese come capacità di comprendere ed operare con i numeri).
Questi disturbi possono presentarsi singolarmente, ciò significa che chi ha difficoltà nei calcoli non necessariamente ha anche difficoltà nella lettura e nella scrittura, oppure possono manifestarsi tutti insieme nello stesso bambino. L’alunno con Dsa può anche presentare altri disturbi dello sviluppo come i disturbi del linguaggio, i disturbi di coordinazione motoria, i disturbi dell’attenzione, ecc. In questi casi, si parla di comorbilità.
Ma come e quando avviene la diagnosi di Dsa? Perché è importante riconoscere subito i bambini con Dsa? Perché così è possibile intervenire tempestivamente al fine di accompagnarli nel percorso formativo e prevenire eventuali ripercussioni sul piano psicologico (questi disturbi possono incidere sulla loro sfera emotiva e motivazionale).
Prosegui nella lettura del mio articolo per saperne di più sui Disturbi specifici dell’apprendimento: sintomi, diagnosi e trattamento. A seguire, troverai l’intervista al professor Stefano Vicari, ordinario dell’Università Cattolica di Roma, primario neuropsichiatria infantile dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e autore di numerosi libri.
Dopo l’intervista all’esperto, ti spiegherò il contenuto della Legge 170/2010 e del Decreto 5669/2011.
Indice
- 1 Cosa vuol dire avere un Disturbo specifico dell’apprendimento?
- 2 Perché un bambino con Dsa può apprendere con una certa difficoltà e a ritmo più lento rispetto ai suoi coetanei?
- 3 Come fa un genitore o un insegnante a capire se un bambino ha un Disturbo specifico dell’apprendimento?
- 4 Come vengono valutate le competenze di lettura, scrittura e calcolo?
- 5 Quindi, i bambini che leggono lentamente o fanno errori hanno un disturbo specifico dell’apprendimento?
- 6 Può succedere che i bambini con Dsa non vengano riconosciuti e, crescendo, si portino dietro queste difficoltà?
- 7 Anche perché, come spiegava, da un semplice disturbo si può arrivare ad una malattia mentale
- 8 A chi bisogna rivolgersi in caso di sospetto di un disturbo specifico dell’apprendimento?
- 9 Cosa sono gli strumenti compensativi?
- 10 Cosa sono gli strumenti dispensativi?
- 11 In che modo la famiglia può aiutare il bambino con Dsa?
- 12 Riapertura delle scuole e Coronavirus: cosa ne pensa?
- 13 Disturbi specifici dell’apprendimento: i riferimenti normativi
Cosa vuol dire avere un Disturbo specifico dell’apprendimento?
Avere un Disturbo specifico dell’apprendimento significa avere difficoltà ad imparare a leggere, a scrivere e a fare calcoli. Sono difficoltà che emergono nei primi anni della scuola primaria.
In particolare, «specifico» vuol dire che queste difficoltà non sono associate, cioè il bambino non ha anche disabilità di altra natura come, ad esempio, un ritardo mentale, una sordità, una cecità o altre condizioni che possono da sole spiegare la difficoltà ad imparare a leggere, a scrivere e a fare calcoli.
Se una persona è down e non legge bene, non significa che ha un Disturbo specifico dell’apprendimento. In tal caso, non legge bene perché ha un ritardo mentale secondario alla sindrome di down.
Perché un bambino con Dsa può apprendere con una certa difficoltà e a ritmo più lento rispetto ai suoi coetanei?
Il cervello dei bambini con Dsa è «diverso» da quello dei bambini normo-lettori. Attenzione, dire «diverso» non significa patologico o anomalo. Il cervello dei bambini con Dsa ha altre abilità, ma sulla scrittura, sulla lettura e sul calcolo fa più fatica.
Finora, ho parlato di scrittura, lettura e calcolo, ma non è detto che il bambino dislessico sia anche disortografico o discalculico. Ci tengo anche a precisare che i bambini con Dsa sono tutti bambini intelligentissimi. Lo stesso Einstein era discalculico.
Quindi, i Dsa rappresentano un disturbo biologico, cioè quello che succede non è legato alle modalità di insegnamento, anche se alcune tecniche possono facilitare chi è predisposto biologicamente alla comparsa del disturbo. Con il metodo integrale, ad esempio, si impara a leggere la parola per intero piuttosto che segmentata.
Come fa un genitore o un insegnante a capire se un bambino ha un Disturbo specifico dell’apprendimento?
Un bambino che ha un Disturbo specifico dell’apprendimento alla fine della prima elementare o in seconda elementare legge molto lentamente. Per descrivere questa condizione noi usiamo il termine «sublessicale», cioè il bambino spezzetta le parole, non le legge per intero oppure fa molti errori. Ad esempio, invece di leggere «casa», legge «ca-sa» molto lentamente. Oppure, anziché leggere «castello», legge «cestello».
La scuola si accorge della presenza del disturbo guardando i bambini e cogliendo le loro difficoltà. Ad esempio, il bambino non vuole leggere a voce alta, è molto lento, fa molta fatica nella lettura oppure impara male le tabelline. In questi casi, il sospetto di Dsa deve nascere.
Come vengono valutate le competenze di lettura, scrittura e calcolo?
Vengono valutate in termini di velocità esecutiva. Ad esempio, i bambini che hanno disturbi di scrittura, quando la maestra fa dei dettati stanno molto indietro rispetto ai loro coetanei. Quando a rilevarlo sono gli insegnanti, molti genitori restano sorpresi e ritengono, al contrario, che il proprio figlio a casa scrive benissimo. Questo è dovuto al fatto che quando i genitori sono a casa rispettano la velocità dei propri figli, mentre in classe succede di meno perché la maestra detta il testo ad una velocità che considera media.
Quindi, i bambini che leggono lentamente o fanno errori hanno un disturbo specifico dell’apprendimento?
Non è detto. C’è un criterio, il più importante di tutti, in virtù del quale bisogna verificare se a causa di queste difficoltà di scrittura, lettura o calcolo, il bambino ha un insuccesso scolastico. Il bambino con Dsa deve avere quello che noi chiamiamo «impedimento funzionale».
Ci sono bambini che, pur leggendo lentamente o facendo molti errori, apprendono normalmente, cioè capiscono quello che leggono. Quindi, questi bambini non hanno bisogno del tecnico, anche se leggono male.
Ci sono altri bambini che scrivono male graficamente o fanno errori ortografici (ad esempio, l’h del verbo avere, sbagliano gli apostrofi e/o gli accenti, ecc.) e nonostante ciò riescono a redigere dei buoni temi, componimenti.
Quindi, il nostro criterio guida è l’impedimento funzionale.
Può succedere che i bambini con Dsa non vengano riconosciuti e, crescendo, si portino dietro queste difficoltà?
Si, certo. Devo precisarti che, tuttavia, queste difficoltà permangono anche se vengono trattate. È difficile che si recuperi completamente. Il punto cruciale è che questi bambini non vengano considerati svogliati o, addirittura, stupidi. Può succedere che genitori e insegnanti considerino gli errori che fanno i ragazzi non come una difficoltà, ma come un’incapacità, una scarsa attenzione o uno scarso impegno.
Il 60% dei dislessici, quando diventano adolescenti, hanno un disturbo d’ansia o una depressione proprio per l’insuccesso che sperimentano a scuola. Il bambino che non riesce a leggere o a scrivere poi costruisce un’immagine di sé che è fallimentare; inizia a pensare di non essere capace, di non essere abbastanza bravo, di essere cattivo perché non riesce ad essere come i genitori e gli insegnanti vorrebbero che lui fosse, inizia a sentirsi inutile.
Quindi, è importante riconoscere precocemente i bambini con Dsa soprattutto per sostenerli nel percorso di crescita e formazione.
Anche perché, come spiegava, da un semplice disturbo si può arrivare ad una malattia mentale
Si, esatto. Il rischio è molto alto. I disturbi specifici di apprendimento hanno un’alta comorbilità, cioè si presentano spesso associati ad altre difficoltà come l’ansia e la depressione nell’adolescenza. Ma può esserci anche l’Adhd (il disturbo da deficit di attenzione e iperattività) che va sempre indagato, per cui le difficoltà di lettura e scrittura si spiegano in modo diverso.
Secondo me, quando ci sono difficoltà scolastiche, è sempre utile andare da un neuropsichiatra, non perché necessariamente debba esserci una malattia, ma perché si possono mettere in atto delle strategie che sono d’aiuto per il bambino e che possono consentirgli di vivere le sue difficoltà con più serenità e non come un’invalidità.
A chi bisogna rivolgersi in caso di sospetto di un disturbo specifico dell’apprendimento?
Le figure abilitate alla diagnosi sono il neuropsichiatra e lo psicologo. Il mio suggerimento personale è di rivolgersi alle strutture pubbliche, alle Asl, cioè ai servizi di neuropsichiatria infantile del territorio.
Cosa sono gli strumenti compensativi?
Un bambino che fa fatica a leggere, a rispettare le regole di scrittura oppure ad imparare i calcoli a mente, difficilmente compensa. Ci sono insegnanti che fanno fare pagine e pagine di copiato. Non serve a niente. Conviene quindi dare agli studenti degli strumenti compensativi come il computer per eliminare il problema del tratto grafico oppure c’è il correttore che sottolinea se la parola è scritta male e aiuta nel rispetto dell’ortografia. Oppure se un bambino legge così male da non capire quello che legge, possono essere utili degli audiolibri per cui possono imparare, ad esempio, la storia e la geografia senza essere costretti a leggere. In pratica, questi bambini dovrebbero arrivare ad imparare senza leggere.
Pensa che, un tempo, la dislessia era chiamata la «cecità delle parole», perché loro fanno veramente fatica a decodificare quello che c’è scritto, ma non sono stupidi. Pertanto, se qualcuno legge al posto loro, come l’audiolibro, riescono a capire e ad imparare.
Per me che sono miope, gli occhiali rappresentano uno strumento compensativo, cioè compenso la mia miopia non facendo uno sforzo, ma con un ausilio che mi mette alla pari degli altri.
Se un bambino non riesce ad imparare le tabelline e per questo sbaglia i problemi, allora bisogna dargli una tavola pitagorica o la calcolatrice perché è importante il processo logico di risoluzione del problema.
Cosa sono gli strumenti dispensativi?
Se un bambino dislessico fa una grande fatica a leggere a voce alta di fronte agli altri, viene dispensato da questo compito. Il bambino dislessico ha difficoltà con gli scritti e con la lingua straniera e, allora semplicemente, viene dispensato oppure gli viene concesso più tempo rispetto agli altri per lo svolgimento degli elaborati scritti. Possono essere fatte delle interrogazioni programmate e viene dato un carico minore dei compiti per casa. È consigliabile consentire agli alunni di registrare le lezioni così possono studiare riascoltando la registrazione.
Quello che devono capire genitori e insegnanti è che questi bambini con Dsa sono molto intelligenti e sono penalizzati dal dover leggere, scrivere, fare calcoli. Per il resto, sono brillanti. Molte persone con Dsa sono riuscite a trovare forme di compenso, ma se li aiutiamo noi, di conseguenza aumentiamo la possibilità di bambini dislessici che ce la può fare. Quindi, bisogna evitare di mortificarli. Lo stress e il non sentirsi accolti possono inficiare sulla prestazione.
In che modo la famiglia può aiutare il bambino con Dsa?
Intanto, a casa è importante che i genitori comprendano la natura del disturbo e che non si tratta di mancanza di volontà o dall’impegno che il bambino ci mette. Questa prima cosa è difficile da far comprendere ai genitori.
Il Covid condanna all’isolamento. La scuola è riaperta senza un piano preciso. Speravo che si potesse sfruttare questa occasione per rendere le scuole dei luoghi belli; ci sono strutture che cadono a pezzi. Si potevano fare investimenti, non tanto in banchi con rotelle, ma nel rifare tetti, finestre, persiane.
Laddove non è possibile fare altrimenti, bisogna ricorrere alla didattica a distanza. Ma non vorrei che passasse l’idea che la scuola è solo didattica, in quanto svolge una funzione educatrice fondamentale: i minori imparano a gestire le proprie emozioni, costruiscono relazioni. Tutto questo stando a casa si perde e, per tale ragione, penso che si sarebbero potuti fare dei piccoli turni in classe anche durante i mesi estivi, consentendo ai ragazzi di incontrarsi di nuovo.
I genitori sono molto attenti che siano rispettate le regole di sicurezza a scuola, ma gli stessi genitori magari poi mandano i figli in piazza a fare l’happy hour e, poi, i ragazzi si baciano e si abbracciano. Inoltre, i genitori devono riscoprire il loro ruolo educativo. Non possiamo chiedere ai nostri figli di indossare la mascherina se noi per primi non la mettiamo. Quindi, i genitori non devono essere soltanto attenti ai loro diritti nei confronti della scuola, ma anche ai loro doveri verso i figli. Bisogna preoccuparsi della salute dei propri figli a 360°.
La scuola è il futuro di questo Paese. Bisogna ripartire dal livello di istruzione.
Pensiamo al caso Willy. Un’ipotesi che noi neuroscienziati facciamo è che chi aggredisce in modo così violento e barbaro è una persona ineducata a capire che un gesto causa delle emozioni nell’altro, quindi si diventa una macchina che non è pronta a leggere i feedback che l’altro manda. E questo si impara anche a scuola.
La scuola, deve trasmettere cultura e conoscenza, costruire spiriti critici. Ma forse è meglio un popolo di ignoranti che un popolo di sapienti.
Disturbi specifici dell’apprendimento: i riferimenti normativi
Dopo aver approfondito il tema dei Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) nell’intervista al professor Stefano Vicari, a seguire ti parlerò della normativa di riferimento, in particolare della Legge 8 ottobre 2010, n. 170 e del Decreto n. 5669 del 12 luglio 2011.
Legge 170/2010
I Disturbi specifici dell’apprendimento riconosciuti dalla Legge 170/2010 sono la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia. In virtù di questa legge, il sistema nazionale di istruzione e gli atenei devono individuare le forme didattiche e le modalità di valutazione più adeguate affinché gli studenti con Dsa possano raggiungere il successo formativo.
Per gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento, la scuola deve predisporre il Piano didattico personalizzato (Pdp). Si tratta di un documento di programmazione con cui la scuola definisce gli interventi che intende mettere in atto nei confronti degli alunni con esigenze didattiche particolari.
Gli alunni con diagnosi di Dsa potranno usufruire di strumenti dispensativi e compensativi, di flessibilità didattica e di specifiche modalità di verifica e di valutazione in rapporto alle loro necessità formative.
Pertanto, le finalità della Legge 170/2010 sono le seguenti:
- garantire il diritto all’istruzione;
- assicurare una formazione adeguata;
- promuovere lo sviluppo delle potenzialità;
- ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
- assicurare uguali capacità di sviluppo in ambito sociale e professionale;
- favorire il successo scolastico anche attraverso misure didattiche di supporto;
- adottare forme di valutazione e verifica adeguate alla necessità formativa degli studenti;
- favorire la comunicazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e formazione.
Decreto 5669/11
Passiamo ora al Decreto n. 5669 del 12 luglio 2011, emanato in attuazione dell’articolo 7 comma 2 della Legge 170/2010.
Nel Decreto, a cui sono allegate le Linee Guida, sono state definiti in modo puntuale e articolato:
- le modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici adeguate allo sviluppo delle abilità di lettura, scrittura e di calcolo;
- le misure educative da privilegiare per sostenere il corretto processo di insegnamento/apprendimento;
- interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato, con l’indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate;
- le forme di verifica e di valutazione per garantire il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Dsa.
Il mio bambino i primi tempi aveva una certa difficoltà nel calcolo. La sua insegnante era molto scontrosa con lui. Inizialmente, non riuscivamo a capire perché lui non voleva fare i compiti di matematica, poi ne abbiamo parlato e abbiamo capito qual era il problema. Nessuno aveva compreso che avesse questo tipo di difficoltà finché non ci siamo rivolti ad un esperto. Tra amici e parenti dicevano che lui era svogliato e poverino il nostro bimbo non si sentiva accettato. Poi, grazie ad apposito percorso consigliatoci dallo specialista siamo riusciti a incoraggiarlo e farlo sentire accettato.
Mia figlia è dislessica. Si sentiva spesso a disagio, si isolava, aveva difficoltà a socializzare perché si sentiva sempre un passo indietro rispetto agli altri compagni di classe. L’abbiamo seguita tutti con tanta pazienza, accogliendo le sue paure e sostenendo i piccoli e grandi progressi. Io dico sempre che bisogna far sentire questi bimbi con Dsa o con qualsiasi altro tipo di disturbo accettati, accolti e compresi. Non devono essere trattati come diversi, stupidi, ignoranti…Sono molto intelligenti
Ringrazierò sempre la mia famiglia, i miei insegnanti e gli esperti che mi hanno seguito in questi anni. Avevo una certa difficoltà, ma piano piano son riuscito ad imparare tante cose e a metterle in pratica.
Un tempo, tante cose non si conoscevano. Tante insegnanti e tanti genitori marchiavano i bambini che avevano difficoltà nel calcolo e nella scrittura come svogliati, poco attenti, annoiati. Insomma, venivano sgridati sempre per la loro incapacità di riuscita non avendo alcuna colpa. Ora, per fortuna grazie all’informazione divulgata anche attraverso articoli di questo tipo e professionisti competenti si riesce a individuare subito il bambino con Dsa. Per fortuna!
I bambini con Dsa devono essere accompagnati dalla famiglia e dalla scuola nell’apprendimento. E’ importante conoscere i diritti che hanno e sapere come gestire determinate situazioni. La conoscenza del disturbo è un primo importante passo per la gestione dello stesso. Vi ringrazio per questo quadro chiaro, completo e lineare sull’argomento spesso sconosciuto a molti
I disturbi specifici dell’apprendimento non sono da trascurare e vanno affrontati prontamente in modo tale da aiutare il piccolo ad apprendere con più facilità grazie agli strumenti compensativi e dispensativi e non sentirsi diverso né indietro rispetto agli altri bambini. Certe volte, basta poco: occorre accorgersi che c’è qualche sintomo e rivolgersi a degli specialisti per poter offrire al piccolo e anche agli adulti i mezzi per poter gestire il disturbo al meglio.