Conte sfida la maggioranza con l’ennesimo «no» al Mes


Il premier replica alle sollecitazioni di Zingaretti e insiste: i soldi per la sanità li troviamo altrove. Con lui, il Movimento 5 Stelle.
Partito Democratico e Italia Viva possono dire quello che vogliono, ma Giuseppe Conte non ha alcuna intenzione di accettare il Mes. Non ora, non così. Lo ha ribadito oggi alla presentazione del nuovo libro di Bruno Vespa Perché l’Italia amò Mussolini (e come ha resistito alla dittatura del Covid) che uscirà il 29 ottobre con Mondadori Rai Libri. Il ragionamento del presidente del Consiglio è tanto chiaro quanto fiducioso: «I soldi necessari alla sanità – ha tagliato corto Conte – possiamo trovarli anche diversamente». Come, lo dirà appena ne avrà la certezza perché sul modo in cui il Governo intende trovarli non ha detto nemmeno una parola.
«Il Mes è un debito», ragiona il premier. «Se ne avremo bisogno, vuol dire che aumenteremo il deficit». Tuttavia, non c’è un’ostilità a priori: «Non ho mai escluso l’accesso al Mes. Queste decisioni politiche si prendono al tavolo di maggioranza dopo un confronto approfondito. Io ho dato soltanto un contributo per deideologizzare questo tema. Non ho una mia valutazione».
C’è quasi una punta di superstizione nelle sue parole: «Oggettivamente prendo atto che il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha detto che, visto che nessuno prende il Mes, ci sarebbe uno stigma per chi lo chiede. Io non so quantificare questo stigma. Non posso prevedere le reazioni dei mercati finanziari».
Accanto al premier, e a muso duro su questo argomento con il resto della maggioranza, il Movimento 5 Stelle, deciso a sostenere il «no» al Fondo Salva Stati: «Nessuno vuole il Mes perché è uno strumento inadeguato e rischioso. E il Presidente Giuseppe Conte – incalzano i grillini nel loro blog – è sotto attacco soltanto per aver ricordato, in risposta ad una domanda specifica, un fatto che è sotto gli occhi di tutti. I soldi per la sanità ci sono e ci saranno sempre più in futuro, perché l’epoca dei tagli ai servizi pubblici essenziali è finita. Alle Regioni – conclude il M5S – tocca spenderli al meglio e il prima possibile».