L’appello alle istituzioni e ai cittadini di un gruppo di infettivologi, per non ripiombare nel dramma della prima ondata.
«Sappiamo ciò che è necessario fare». Parola degli infettivologi Marino Faccini, Massimo Galli e Marco Rizzi, secondo i quali abbiamo a portata di mano le armi non per sconfiggere definitivamente il Coronavirus, ma per «prevenire, ora e subito, una nuova escalation verso conseguenze più drammatiche».
Lo dicono tramite l’agenzia di stampa Adnkronos, lanciando il loro «Appello alle istituzioni e ai cittadini – Fare presto», perché secondo gli esperti non c’è un minuto da perdere.
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L’appello per scongiurare il lockdown
È una specie di bilancio, a otto mesi dalla segnalazione del primo caso di Coronavirus a Codogno, in Lombardia. L’emergenza non è mai finita e, adesso, sottolineano, rischiamo di assistere al remake del dramma della prima ondata. Con la differenza che «ora il ritardo di una efficace risposta non può più essere giustificato», proprio perché l’esperienza già vissuta deve servire da monito.
L’appello serve anche per elencare tutti i comportamenti e le misure di prevenzione che, a detta del gruppo di infettivologi, possono scongiurare un nuovo lockdown. Il loro presupposto di partenza è che blindare di nuovo l’Italia avrebbe costi economici e sociali troppo alti che il Paese non può permettersi.
Gli errori da non ripetere
«Il sistema di tracciamento di casi Covid e dei relativi contatti non può più funzionare – scrivono gli esperti nell’appello -. I segnali che arrivano dagli ospedali in termini di aumento costante di ricoveri ordinari e di casi gravi sono chiarissimi. Non vogliamo più vedere gli operatori sanitari, ancora stanchi e con le scorie addosso dei lunghi mesi trascorsi nelle corsie e nei presidi territoriali a combattere Covid, ripiombare nella frustrazione e nello sconforto di fronte a una nuova onda d’urto».
Gli infettivologi si rivolgono alle autorità, cui spetta «il compito di adottare i necessari provvedimenti, purché siano coerenti con il risultato atteso: in questa delicata fase, occorrono interventi mirati e selettivi. Immediati provvedimenti rigorosi circoscritti agli ambiti territoriali più critici possono evitare di dovere adottare in un prossimo futuro generalizzati provvedimenti restrittivi di difficile sostenibilità».
È quello che si sta già cercando di fare in alcune regioni, per limitare i contagi da movida selvaggia: Lombardia e Campania applicheranno il coprifuoco su base regionale; la Liguria, invece, sta approntando la chiusura notturna di singole zone, selezionate dai sindaci. Il Piemonte (come anche la Lombardia) chiuderà i centri commerciali nel weekend.
«A tutti i cittadini – proseguono Faccini, Galli e Rizzi – chiediamo di sacrificare una parte della loro socialità e desiderio di divertimento evitando ogni occasione di incontro non indispensabile, sia nelle proprie abitazioni che fuori di esse: no party con il Covid, un piccolo sacrificio per il bene di tutti».
Aumentare lo smart working, diminuire le attività ricreative
È essenziale che il lavoro sia da remoto, laddove possibile. «Tutti coloro che possono lavorare o studiare da casa siano messi nelle condizioni di farlo da subito», raccomandano gli scienziati.
Tagliare le gambe al virus passa anche per una gestione adeguata dei trasporti; dove non si riesce, «si attui subito la didattica a distanza per le scuole superiori e le università. Si valuti inoltre rapidamente ove necessario il blocco delle attività ludiche e ricreative, in aggiunta agli stop già decisi e alla massiccia attivazione dello smart working».
Mascherine, distanziamento, igiene
Essenziali le regole auree della prevenzione, che ormai tutti conoscono dall’inizio dell’emergenza. «Non diamo respiro al virus – avvertono gli infettivologi – a tutti chiediamo di usare la mascherina, senza se e senza ma, insieme al distanziamento e all’igiene delle mani. A tutti chiediamo di proteggere gli anziani e le persone più fragili, evitando il più possibile che escano di casa ed avendo cura di entrare in relazione con loro solo con le massime precauzioni, anche se abitano con noi».