Reddito di cittadinanza anche con le dimissioni in prova


Il chiarimento del ministero del Lavoro: le dimissioni durante il periodo di prova non possono essere equiparate all’interruzione del rapporto di lavoro durante l’assunzione definitiva.
Le dimissioni volontarie dal lavoro durante il periodo di prova non precludono il diritto al reddito di cittadinanza per 12 mesi. Lo ha appena precisato il ministero del Lavoro.
Nella nota ministeriale, viene fatta una distinzione tra le dimissioni durante il periodo di prova e quelle rassegnate dopo l’assunzione definitiva. Quest’ultima scelta, infatti, è una delle possibilità che escludono il sussidio: «Non ha diritto al reddito di cittadinanza – stabilisce la legge – il componente del nucleo familiare disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei 12 mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa».
Ora, però, il ministero ricorda che, in base alla normativa in vigore, nella fase iniziale del rapporto di lavoro il contratto può contenere una clausola che stabilisce il patto di prova per consentire alle parti (datore e lavoratore) di valutare, da una parte, se il candidato all’assunzione è adatto alla mansione richiesta e, dall’altra, se l’azienda o i compiti assegnati sono quelli che il lavoratore cercava. Insomma, se il rapporto di lavoro è conveniente per entrambi.
Ciò premesso, precisa il ministero, e viste le «caratteristiche particolari» del periodo di prova (ad esempio, la possibilità di interrompere il rapporto senza preavviso né indennità), si può ritenere che il principio di decadenza non possa essere applicato in questo caso e che, pertanto, non venga meno il diritto a percepire il reddito di cittadinanza.
Alla fine di settembre, i nuclei familiari che percepivano il reddito o la pensione di cittadinanza erano quasi un milione e mezzo, cioè il 69% di quelli che hanno fatto domanda del sussidio. Più della metà dei trattamenti viene erogata al Sud e nelle isole.