Come deve essere la lettera di licenziamento e qual è il suo contenuto essenziale.
La possibilità di contestare un licenziamento parte dalla verifica della lettera che l’azienda è tenuta a inviare al dipendente. Tale atto infatti deve rispettare alcuni requisiti formali e contenutistici: requisiti necessari a consentire, al suo destinatario, di apprestare un controllo e, quindi, una difesa sulle ragioni poste a fondamento della scelta del datore di lavoro.
Ecco allora cosa deve esserci nella lettera di licenziamento.
Licenziamento disciplinare
La lettera di licenziamento deve atteggiarsi in modo diverso a seconda del tipo di motivazione posta alla base della risoluzione del rapporto di lavoro.
Come noto, sono due le categorie di licenziamento ammesse dalla legge:
- il licenziamento per ragioni disciplinari (derivante cioè da un comportamento colpevole del dipendente). In questo caso, parliamo di licenziamento per giusta causa (quando la violazione è talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro neanche per un solo giorno: in tale ipotesi, scatta il licenziamento in tronco, senza cioè preavviso) o di licenziamento per giustificato motivo soggettivo (quando invece la violazione è meno grave, ma non tanto da escludere il recesso dal contratto di lavoro: in tale ipotesi, il licenziamento viene dato con il preavviso);
- il licenziamento per ragioni collegate all’organizzazione aziendale o alla produzione. Si parla, a riguardo, di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Nel licenziamento disciplinare è necessario indicare il comportamento contestato. Non è necessario fornire le prove a carico del dipendente che potranno essere prodotte anche in un secondo momento, innanzi al giudice, in caso di contestazione. Ciò nonostante, il comportamento contestato deve essere identificato in modo specifico e certo, in modo che non possa essere successivamente oggetto di modifica.
La lettera poi deve essere spedita con sollecitudine rispetto alla contestazione lamentata. È il cosiddetto principio di immediatezza, che però deve tenere conto delle dimensioni dell’azienda e, quindi, dei processi organizzativi interni. Ecco pertanto che, in determinate realtà, è ben possibile una lettera di licenziamento giunta diversi mesi dopo i fatti.
Licenziamento per ragioni aziendali
Anche nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare per iscritto i motivi del recesso, ma non è tenuto ad esporre specificamente tutti gli elementi di fatto e di diritto a base del provvedimento; è sufficiente che indichi la ragione di recesso nei suoi tratti e nelle circostanze essenziali, così che in sede di impugnazione non possa invocare una fattispecie totalmente diversa. A maggior ragione, non è certamente tenuto a fornire, in sede di esposizione dei motivi, anche la prova dei suddetti motivi.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo solo nella misura in cui il dipendente non possa essere adibito ad altre mansioni (cosiddetto repêchage) ma il datore non è tenuto a indicarlo nella lettera di licenziamento; dovrà però dimostrarlo nel caso di successiva contestazione da parte dell’interessato.
Ad avviso della Suprema Corte, la ratio della norma che impone la specificazione dei motivi contestuale al licenziamento scritto è quella che «la motivazione del licenziamento sia specifica ed essenziale e consenta al lavoratore di comprendere le effettive ragioni del recesso».
Ne consegue che, nella comunicazione del licenziamento, il datore di lavoro ha l’onere di specificarne i motivi, ma non è tenuto, neppure dopo la suddetta modifica legislativa, a esporre in modo analitico tutti gli elementi di fatto e di diritto alla base del provvedimento [2].
La Corte afferma altresì che, nella motivazione del licenziamento per soppressione del posto, non è necessaria l’indicazione dell’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni; tuttavia, in forza dei principi di immutabilità della motivazione e della natura dell’obbligo di repêchage come fatto costitutivo del licenziamento, tale impossibilità deve essere provata in giudizio.
note
[1] Cass. sent. n. 16857/2020.
[2] Cass. sent. n. 6678/2019.