Autoriciclaggio: imprenditori e non solo… tutti potenziali riciclatori


Le camere penali criticano la norma che introduce il reato di autoriciclaggio perché durante l’iter parlamentare di approvazione si è smarrito lo scopo originario della disposizione.
Autoriciclaggio [1]: non si è fatta attendere la reazione dell’A.N.M. [2] alle novità introdotte nella norma dell’autoriciclaggio e nell’impianto della disposizione in generale.
Infatti la disposizione era nata, nella lettura dei penalisti, come una figura di reato che permettesse la punibilità delle condotte tenute da soggetti legati alla criminalità organizzata ed alle associazioni mafiose, a proposito del riciclaggio dei proventi di reati presupposti, di rilevante dimensione ed importanza, nell’ambito di dette attività illecite.
Invece l’altra notte è stata approvata dalla Camera una norma ad ampio spettro, priva di soglie o di limiti minimi di valore, che punisce tutte le condotte che realizzano delitti non colposi, anche quelle di minima rilevanza, col doppio risultato di rendere la portata della norma eccessivamente ampia, da una parte, e di svuotarla del fondamentale ed originario scopo di punire solo le condotte criminali nelle forme organizzate, dall’ altra.
Probabilmente il legislatore si è fatto condizionare dall’ambiente in cui è maturata la redazione della norma, cioè quello della lotta all’ evasione fiscale internazionale ed alle condotte tributarie illecite in generale, sacrificando sull’ altare dell’ aumento del gettito atteso dal rientro dei capitali, la consapevolezza e la lucidità necessarie per inquadrare nell’ ordinamento giuridico una disposizione così potenzialmente foriera di conseguenze imprevedibili e non desiderate.
Ne è venuta fuori una norma che, tradendo lo spirito originario del legislatore, rischia di banalizzare l’importanza dei reati presupposti che avrebbero dovuto essere più severamente puniti e di riempire le carceri già sovraffollate, di soggetti che commettono reati minori, anche per importi minimi. I reati presupposti infatti sono tutti i delitti non colposi e fra questi stanno sicuramente, oltre ai reati tributari, anche i reati contro il patrimonio e contro la pubblica amministrazione.
Sarà assoggettabile al reato di autoriciclaggio, ad esempio, l’amministratore infedele che commetta il reato di appropriazione indebita, anche se di valore esiguo; si pensi all’ amministratore di condominio infedele o anche solo in caso di prelievo di somme dai conti condominiali per costituire fondi cassa e che, a seguito di un accertamento fiscale basato sulle indagini finanziarie, sia soggetto a comunicazione alla Procura della Repubblica da parte dell ‘ Agenzia delle Entrate, oppure l’ amministratore di società che subisca una azione di responsabilità, aggravata dalla condotta di appropriazione indebita, magari nell’ambito di un forte dissidio fra soci.
Si pensi all’imprenditore che acceda a finanziamenti pubblici o europei e li destini ad uno scopo diverso da quello per cui sono stati erogati, commettendo il reato di malversazione, anche se al di fuori dell’ambito di una attività criminale organizzata.
Rientrano nella norma anche il professionista nominato dal Tribunale o il parente prossimo individuato dalla legge, che tutelino persone incapaci e che incappino nel reato di circonvenzione di queste ultime.
Anche l’imprenditore in difficoltà, che commetta reati tributari seppur nell’ambito della cosiddetta “evasione da sopravvivenza” o che per cercare di tenere in piedi l’azienda nasconda o ometta di comunicare il suo stato di insolvenza e continui a contrarre obbligazioni con fornitori, dipendenti e terzi, sapendo che non potrà far fronte ad esse, ricadendo così nel reato di insolvenza fraudolenta, sarà punibile per autoriciclaggio.
Si pensi ancora a chiunque asporti merce da negozi o da supermercati commettendo il reato di taccheggio, anche per la sottrazione di beni che valgono pochi euro, come ad esempio una mela o un capo di abbigliamento.
Con l’inaspettata introduzione della punibilità degli enti inoltre, anche le società di capitali che non adottano lo schema di prevenzione della possibilità di commettere reati ai sensi del D.Lgs. 231/2001 rischieranno la sanzione da autoriciclaggio con ricadute attualmente non prevedibili sull’ intero sistema economico, infatti gli imprenditori saranno più restii ad utilizzare, per svolgere la propria attività, forme societarie passibili di rientrare nel campo della punibilità penale in mancanza della adozione di onerosi e complessi meccanismi burocratici di salvaguardia.
Inoltre per evitare il reato di autoriciclaggio o per attenuarlo il reo dovrebbe rivelare il reimpiego del provento del reato presupposto o comunque non ostacolarne la riconducibilità al reato presupposto.
Per assumere questa condotta trasparente il soggetto dovrebbe auto-accusarsi, ma ciò contrasterebbe con un principio cardine del nostro ordinamento penale cioè nessuno è tenuto a testimoniare contro sé stesso.
Infine il divieto di giudicare lo stesso imputato per lo stesso reato due volte, verrebbe fortemente messo in dubbio dalla situazione degli imprenditori e delle società che sarebbero assoggettabili a ben tre ( i primi) e quattro ( le seconde) norme aventi rilevanza penale: la sanzione amministrativa, il reato tributario, il reato per la mancata adozione della procedura del d.lgs. 231/2001 ed il reato di autoriciclaggio.
Davvero sarebbe necessario che il Senato provvedesse a definire l’inquadramento della norma, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, per ricondurla nell’alveo della effettiva originaria destinazione, evitando così le potenziali dannose conseguenze del suo inserimento indiscriminato sia nell’ ordinamento penale che sull’ intero sistema economico nazionale.
note
[1] Art. 648ter1 in corso di approvazione al Senato come introdotto dall’art. 3 del DDL AC2247 sulla “voluntary disclosure” approvato dalla Camera dei Deputati
[2] Associazione Nazionale Magistrati
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