I risultati di una ricerca svelano come questi integratori diano risultati, se somministrati per sei mesi a bambini cui è stato diagnosticato il disturbo.
Per l’asse intestino-cervello passa la nuova speranza di ridurre i sintomi dell’autismo. È una sindrome ancora misteriosa, non classificata come malattia, proprio perché le malattie hanno un’origine ben determinata, l’autismo invece no: ecco perché se ne parla come di una serie di disturbi, specie nella sfera cognitiva e relazionale, con dei sintomi specifici.
Secondo uno studio, i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista internazionale Frontiers in Psychiatry, alcuni integratori alimentari, come i probiotici, a base di batteri fisiologici, possono rivelarsi utili nel diminuire la sintomatologia, specialmente quella riguardante la compromissione socio-comunicativa.
Non è poi così sorprendente: non a caso i probiotici vengono chiamati anche «psicobiotici», come spiega l’agenzia di stampa Adnkronos, proprio in virtù della loro capacità di modificare la funzione cerebrale.
La ricerca è stata portata avanti da un gruppo di studiosi italiani, dell’unità operativa complessa di Neuropsichiatria dello Sviluppo dell’Irccs Fondazione Stella Maris di Calambrone a Pisa e dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa. Tra il 2014 e il 2018, il team di scienziati ha somministrato probiotici a 85 bambini tra i 2 e i 6 anni, cui era stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico.
In molti di loro, dopo aver abbinato l’integratore alla propria dieta, si sarebbero notevolmente ridotti sia i sintomi gastrointestinali, sia quelli relativi alla sfera delle relazioni – autonomia personale, abilità socio-comunicative, elaborazione sensoriale – con notevoli miglioramenti su questo terreno.
Gli studiosi, adesso, vogliono andare avanti con ulteriori ricerche, per trovare nuove conferme a questi primi dati e continuare a esaminare gli effetti potenzialmente positivi dei probiotici sui sintomi dell’autismo.