Covid: il padre che evita incontri coi figli perde l’affido


Durante l’emergenza il genitore non ha mai chiesto di vedere o sentire la figlia da remoto; il tribunale ha disposto l’affidamento esclusivo alla madre.
Le restrizioni dovute all’emergenza Covid si ripercuotono anche sul regime dell’affidamento dei figli: stavolta, a farne le spese è un padre che durante il lockdown, non essendo possibili gli incontri in presenza, non aveva chiesto di vedere la bambina da remoto, ad esempio in videochat su Microsoft Teams.
Così il tribunale di Brescia, con una nuova sentenza [1], ha disposto l’affidamento esclusivo della figlia alla madre, escludendo il padre da tutte le decisioni più importanti che la riguardano.
Il rapporto tra il genitore e la figlia minore era, già difficile in precedenza e gli incontri si svolgevano in forma protetta presso i servizi sociali; ma dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, a fine gennaio scorso, la situazione è precipitata. Il padre ha iniziato a manifestare «insofferenza e nervosismo» ed ha evitato esplicitamente di abbracciare e coccolare la bambina, dicendo che «non gli andava».
Con l’emergenza Covid gli incontri in presenza sono stati sospesi e il padre non ha avanzato nessuna richiesta di sentire o vedere la bambina da remoto, come sarebbe stato possibile fare anche perché gli operatori avevano acconsentito ad aumentare la durata degli incontri per consentirgli di consolidare la relazione con la figlia. Anzi, nelle telefonate protette il padre anziché parlare con la bimba approfittava per litigare con la moglie.
Da qui, il «giudizio negativo» espresso dal tribunale sulla capacità del padre e sulla sua «attitudine ad assumere civilmente e consapevolmente decisioni per il bene della figlia di concerto con la madre».
Il disinteresse del padre verso la figlia gli è costato caro: la bambina è stata affidata in via esclusiva alla madre e i giudici bresciani hanno interrotto le frequentazioni col padre: «non vi sono, allo stato, le condizioni per la prosecuzione delle stesse, nemmeno in forma protetta, non avendo neppure il padre manifestato un serio e concreto interesse in tal senso», afferma la sentenza.
Il drastico provvedimento, che deroga al normale regime di affido congiunto, o condiviso, è consentito in casi estremi, come quello deciso: la Cassazione ha da tempo esposto il principio secondo cui «il giudice della separazione e del divorzio, nel disciplinare il diritto-dovere del genitore non affidatario di mantenere, istruire ed educare la prole, ha quale misura e limite l’attuazione del preminente interesse del figlio e può legittimamente imporre quelle cautele e restrizioni necessarie ad evitare un pregiudizio alla sua salute psicofisica, arrivando anche a sospendere gli incontri quando la continuazione dei rapporti genitore-figlio esporrebbe il minore a rischi gravi e comprovati per la sua crescita serena ed equilibrata» [2].
D’ora in poi, sarà la madre ad assumere tutte le decisioni sulla vita della figlia, comprese quelle sul rilascio e rinnovo dei documenti validi per l’espatrio. Ma lo stop agli incontri tra figlia e padre non è definitivo: le frequentazioni potranno ricominciare quando il genitore avrà ripreso «seriamente e con costanza» un percorso presso i servizi psicologico-sociali del Comune, che dovranno esprimere un parere positivo all’eventuale ripresa degli incontri.
note
[1] Trib. Brescia, sez. 3° Civile, sent. n. 2182/20 del 29 ottobre 2020.
[2] Cass. Sez. I Civile, sent. n. 6312 del 22 giugno 1999.