Uno studio dei ricercatori di Milano riesce a risalire all’origine di questa malattia, aprendo la strada a un potenziamento delle terapie.
Il tumore ovarico non è una malattia sola, ma due. Può discendere da due tipi di cellule appartenenti a tessuti diversi dando luogo a due varianti della malattia. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Istituto europeo di Oncologia di Milano (Ieo). Il loro lavoro ricostruisce la genesi di questo tipo di cancro, consentendo di capire molto di più sulla sua aggressività.
«Si tratta di due malattie distinte, ciascuna con la propria prognosi e curabilità», hanno spiegato gli scienziati all’agenzia di stampa Adnkronos. Il team di ricerca parla di una «svolta nella comprensione del cancro ovarico». I risultati del loro studio sono stati pubblicati sulla rivista Genome Medicine.
Sapere che il cancro alle ovaie è frutto di cellule diverse permetterà di migliorare le cure. Questo perché, sapendo da dove origina il tumore, si sa anche se ci si trova di fronte alla sua forma più o meno aggressiva. «Conoscendo il tessuto d’origine possiamo identificare anche le alterazioni molecolari che hanno guidato la sua trasformazione da sano a neoplastico e possiamo cercare terapie mirate per ripararle», ha spiegato ad Adnkronos Salute Emanuele Villa, coautore della ricerca.
Obiettivo che, se centrato, potrebbe salvare molte vite. Si tratta di una delle malattie più diffuse, tra quelle che colpiscono le donne. Giuseppe Testa, direttore del Laboratorio Ieo di Modellistica ad alta definizione delle malattie e professore ordinario di UniMi, ricorda che ogni anno, nel mondo, sono più di duecentomila le donne che si ammalano di cancro ovarico. In più del 70% dei casi, la probabilità di sopravvivere è molto bassa. Principalmente per due motivi: il ritardo nella diagnosi e le origini ignote di questo tumore.
Finora, non sapere qual era il tessuto di partenza della malattia ha impedito di capirne le cause, quindi di sviluppare terapie mirate ed efficaci. Per questo il contributo dello Ieo è particolarmente importante: può rappresentare una svolta nella cura.
Il lavoro degli studiosi è partito da un’ipotesi: nelle pazienti malate, il tumore poteva forse conservare una traccia delle cellule del tessuto di partenza, aiutando quindi a risalire all’origine della malattia. Così è stato: a seconda che il cancro nasca dall’epitelio ovarico o dalle tube di Falloppio, può essere più o meno grave.
«I risultati appena pubblicati hanno già un effetto immediato – dicono gli scienziati – perché indicano una nuova roadmap per la lotta al tumore ovarico permettendo di incanalare in maniera razionale lo sviluppo di terapie più efficaci per ciascuna delle due forme tumorali che abbiamo identificato».