Assegno divorzile: spetta a chi ha una casa popolare?


Non conta il tenore di vita goduto nel matrimonio, ma l’impossibilità di procurarsi i mezzi di sostentamento: l’assegnazione elimina i costi di alloggio.
Il tuo matrimonio è finito ma le conseguenze economiche durano ancora: ogni mese, devi pagare l’assegno divorzile alla tua ex moglie. Adesso, però, lei ha ottenuto l’assegnazione di una casa popolare. Perciò, ti chiedi se questo cambiamento possa giustificare la riduzione dell’importo o, addirittura, l’eliminazione dell’assegno.
L’assegno divorzile spetta a chi ha una casa popolare? A rispondere a questa domanda è arrivata un’interessante pronuncia del tribunale di Firenze che si è soffermata sui costi di affitto dai quali la donna si era liberata dopo aver ottenuto l’assegnazione dell’immobile ad uso abitativo. L’assegno non era per lei l’unica fonte di sostentamento, in quanto percepiva anche una pensione di invalidità. Perciò, i giudici hanno calcolato se e come ella potesse mantenersi anche senza la “stampella” dell’assegno mensile corrispostole dall’ex marito.
Indice
L’assegno divorzile: i criteri per determinarlo
La legge [1] prevede il diritto all’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge che non abbia mezzi di sostentamento adeguati e non possa procurarseli autonomamente, ad esempio lavorando. L’impossibilità deve essere dovuta a «ragioni oggettive», per evitare scuse di comodo di chi preferirebbe mantenersi grazie all’ex partner anziché trovare una propria fonte di reddito.
Questo significa, soprattutto dopo il nuovo indirizzo interpretativo adottato dalla Corte di Cassazione, addio all’assegno per chi può mantenersi da solo.
L’importo dell’assegno viene stabilito dal giudice con la sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio ed è determinato in base alle condizioni economiche dei coniugi ed ai loro rispettivi redditi, tenuto conto dell’eventuale apporto dato da ciascun coniuge al menage familiare ed alla formazione del patrimonio comune durante il periodo di matrimonio.
Nella determinazione dell’ammontare, si verifica in particolare lo squilibrio fra le condizioni reddituali e patrimoniali dei due ex coniugi e le ragioni di tale divario, per accertare se vi sia effettivamente un coniuge economicamente debole che ha bisogno dell’assegno per sostentarsi; altrimenti, niente assegno, perché ci sarebbe una rendita parassitaria.
Assegno di mantenimento e di divorzio: differenze
La principale differenza tra l’assegno di mantenimento e l’assegno di divorzio sta dunque nel fatto che quello divorzile serve a garantire al coniuge economicamente debole un’autonomia di sostentamento (se e quando non ha i mezzi per procurarsela, come abbiamo detto), ma non lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, che invece viene ancora garantito, durante la fase di separazione, dall’assegno di mantenimento.
Assegno divorzile: quando non spetta
Il tribunale di Firenze con una nuova sentenza [2] ha deciso un caso concreto in cui vengono alla luce i principi generali che abbiamo sintetizzato ed emerge chiaramente la loro portata pratica.
Il caso deciso riguardava una coppia separata da molti anni – marito impiegato bancario con stipendio netto mensile di circa 2.500 euro, moglie ex infermiera con figlia a carico e pensione di invalidità totale di circa 650 euro al mese, dopo il recente intervento della Corte Costituzionale che ha triplicato l’assegno – e infine giunta al divorzio.
La donna aveva chiesto l’assegno divorzile in misura analoga a quello percepito durante la separazione (450 euro al mese) ed anche un contributo di mantenimento per la figlia 28enne (anch’essa invalida all’80% e con pensione), ma il tribunale ha rigettato la domanda dell’ex moglie, riconoscendo soltanto l’assegno per il mantenimento della figlia, inabile al lavoro, nella misura di 350 euro mensili.
Assegno divorzile ad assegnatario di casa popolare
L’ex moglie non ha ottenuto il riconoscimento dell’assegno divorzile essenzialmente per due motivi. Il primo è costituito dal fatto che essa è risultata assegnataria di una casa popolare e questo, secondo il tribunale, «le garantisce di mantenersi con la somma che le spetta a titolo di pensione di invalidità», essendo «sostanzialmente priva di costi di alloggio».
Il secondo motivo attiene ad una «valutazione negativa della condotta sostanziale e processuale» della donna, che all’epoca della separazione era titolare di una »ingente somma» (circa 700mila euro) ma nel corso del giudizio «non ha inteso spiegare né documentare l’uso» fatto di questa quantità di denaro, che – osserva il Tribunale – «avrebbe potuto, ove oculatamente investita, garantirle un introito da utilizzare per il proprio mantenimento, in aggiunta allo stipendio che prima percepiva».
Perciò, non conta il tenore di vita di agiatezza goduto in costanza di matrimonio: con il divorzio tutti i parametri vengono rielaborati ed è possibile ottenere l’assegno solo quando esso è indispensabile a garantire il sostentamento all’ex coniuge che non è in grado di procurarselo per ragioni oggettive. Per approfondire leggi l’articolo assegno di divorzio: tutto ciò che c’è da sapere.
note
[1] Art. 5, comma 6, Legge n. 898/1970 come modificato dall’art. 10 della Legge n.74/1987.
[2] Trib. Firenze, sent. n.2104/20 del 2 ottobre 2020.