Quando è possibile imporre il divieto di fumo a un condomino? Quadro normativo di riferimento della legge antifumo.
Tenendo da parte i riflessi negativi che ha sulla salute, il fumo passivo è comunque sgradevole, perché costringe i soggetti non fumatori a fare inalazioni involontarie. Prima del 2003, anno di introduzione del divieto di fumo nei luoghi pubblici, era possibile fumare anche in posti che oggi ci appaiono assurdi: nella cabina passeggeri di un aereo, per esempio, oppure nei ristoranti, mentre i commensali consumavano la cena.
Se quella legge è stata molto chiara in merito al divieto in ambienti aperti al pubblico, lo è stata molto meno riguardo agli spazi condominiali. Infatti, sono in molti a chiedersi se si può vietare al condomino di fumare. Per togliere ogni dubbio al lettore curioso, abbiamo approntato un articolo apposito, nel quale sveliamo tutto ciò che dice la legge a tal proposito e corredando la lettura di esempi pratici.
Divieto di fumo imposto al condomino: quando è possibile?
Quella che riportiamo di seguito è una situazione in cui molti potrebbero essersi imbattuti.
Tizio sta aspettando che l’ascensore arrivi al piano terra del condominio in cui vive. Quando quella giunge al piano, dal suo interno esce Caio che, con una sigaretta in mano, si avvia verso l’uscita dell’edificio. Tizio, non volendo entrare in uno spazio ristretto plausibilmente intriso di fumo, abbandona l’idea di raggiungere il suo alloggio mediante l’ascensore, preferendo le scale. Cosa può fare Tizio per far rispettare i propri diritti?
Per capire quando è possibile imporre il divieto di fumo a un condomino è necessario imboccare un lungo percorso tra le leggi italiane.
Per cominciare, affrontiamo il discorso ponendoci in un’ottica più generica possibile. Il Codice civile disciplina l’uso degli spazi comuni [1].
Più nel dettaglio, ciascun condomino può servirsi della cosa comune a patto di non venir meno a due doveri:
- non alterarne la destinazione d’uso;
- non impedire l’altrui partecipazione.
Se, ad esempio, un condomino occupasse interamente il sottotetto condominiale adibito a stenditoio con imballaggi di carta colmi di effetti personali, contravverrebbe a quanto stabilito dalla legge. Il sottotetto, infatti, rientra tra le parti comuni del condominio [2] e qualora un inquilino vi depositasse dei cartoni, ne modificherebbe la destinazione d’uso e impedirebbe il libero accesso agli altri condomini.
Accantoniamo momentaneamente il diritto di ciascun condomino ad usare gli spazi comuni, premettendo che tornerà utile più avanti.
Nel 2003, l’Italia è finalmente diventata una nazione in cui vige la legge antifumo [3]. Per questo motivo, è vietato fumare nei locali chiusi, a meno che non si tratti di uno spazio privato non aperto ad altri utenti o al pubblico. La legge Sirchia – questo il nome del complesso di disposizioni promulgate agli inizi del 2000 – nulla dice sul divieto di fumo gravante sul condomino fumatore.
Così, nel 2005, il ministero della Salute, nel rispetto del diritto alla salute riconosciuto dalla Costituzione a tutti i cittadini della Repubblica [4], ha chiarito che quanto previsto dalla legge antifumo andava esteso anche agli ambienti comuni dei condomìni [5].
A quel punto, si rese necessario individuare la figura amministrativa predisposta alla vigilanza di tale divieto. In base all’accordo intercorso nel 2004 tra Stato e Regioni, l’incombenza di sorvegliare il rispetto delle disposizioni ministeriali spetta all‘amministratore di condominio [6].
È lui, infatti, che deve premurarsi di:
- far apporre la segnaletica relativa al divieto di fumo negli appositi spazi comuni;
- sovrintendere al rispetto delle norme.
Ovviamente, anche gli altri condomini possono segnalare l’inottemperanza di un trasgressore all’organo esecutivo condominiale, ossia l’amministratore.
Per tornare all’esempio di apertura, Tizio non dovrà far altro che segnalare la situazione all’amministratore che contatterà le autorità competenti al fine di comminare una multa al trasgressore.
Il fumo come immissione
Torniamo ai nostri due cari condomini e, questa volta, configuriamo uno scenario differente. Caio ha l’abitudine di fumare sul proprio balcone che sorge proprio a poca distanza da quello del suo dirimpettaio, Tizio. Quest’ultimo, infastidito dal fumo che puntualmente invade la sua proprietà, è intenzionato ad avvalersi della legge per vietare a Caio di fumare sul balcone. Cosa può fare? Come abbiamo visto, la legge Sirchia non impone il divieto di fumo negli spazi privati e, pertanto, la pretesa di Tizio potrebbe risultare assurda.
La legge italiana, però, tutela i condomini dalle cosiddette immissioni [7]. Si chiamano in questo modo i flussi di fumo ed esalazioni, ma anche rumori e scuotimenti, che derivano dalla proprietà del vicino.
Le immissioni possono essere di due tipi:
- tollerabili: ossia sopportabili;
- intollerabili: cioè quando le immissioni superano la normale tollerabilità. In tal caso, si deve tutelare la parte lesa.
Nell’esempio che abbiamo preso come caso studio, Tizio potrà far smettere di fumare Caio soltanto se riuscirà a dimostrare che l’immissione supera la tollerabilità. Qualora vi riuscisse, il giudice potrebbe decidere un provvedimento inibitorio, impedendo a Caio di fumare sul balcone, ovvero ristorativo, obbligando Caio a risarcire Tizio.
Ovviamente, non è così semplice dimostrare che un’immissione leda i diritti di un proprietario alieno, perché – vale la pena ricordarlo – la legge riconosce e garantisce la proprietà privata [8]. Il giudice, quindi, sarà chiamato a pesare, da un lato, le esigenze di Caio, dall’altro, i problemi di Tizio.
Se ad esempio il condomino che denuncia l’immissione fosse affetto da una grave patologia a carico del sistema respiratorio, ovvero di natura neoplastica, allora ricorrerebbero i presupposti per parlare di immissioni intollerabili.
note
[1] Art. 1102 cod. civ.
[2] Art. 1117 co. 1 punto 2 cod. civ.
[3] Art. 51 co. 1 L. n. 3/2003.
[4] Art. 32 Cost.
[5] Nota n. 1505/2005 del ministero della Salute.
[6] Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 16.12.2004.
[7] Art. 844 cod. civ.
[8] Art. 832 cod. civ.