Covid: cosa cambia per i dipendenti statali con il Dpcm


Lavoratori in presenza nelle zone rosse solo se indispensabili, smart working a percentuale nelle altre zone. Il problema di chi ha esaurito ferie e congedi.
La divisione dell’Italia in tre fasce di rischio, attuata dal Dpcm anti-Covid entrato in vigore il 6 novembre, spacca in due anche la Pubblica Amministrazione. La gestione del lavoro dei dipendenti statali, infatti, non è la stessa nelle zone rosse rispetto a quelle arancioni o gialle: nelle aree dove ci sono le maggiori restrizioni, infatti, occorre rivedere le regole che stabiliscono la presenza in ufficio ed il ricorso allo smart working.
Come noto, il lockdown totale della scorsa primavera aveva pressoché svuotato gli uffici degli enti pubblici, dove rimaneva in presenza solo la parte operativa incaricata di espletare le pratiche più urgenti e quelle che da casa non potevano essere portate a termine. L’allentamento delle misure restrittive prima e la ripresa della diffusione della pandemia poi avevano portato il Governo a stabilire una percentuale minima di lavoratori statali che dovevano svolgere la loro attività da casa, ovvero il 50% dell’organico, percentuale aumentata ulteriormente a metà ottobre.
Ora, però, con il decreto del presidente del Consiglio del 3 ottobre scorso, nelle zone ad alto rischio la Pubblica Amministrazione deve tornare a ragionare come ai tempi del primo lockdown. Significa che negli uffici ci saranno solo gli impiegati statali addetti alle attività indifferibili, mentre tutti gli altri dovranno lavorare in smart working.
Il problema si pone per i dipendenti pubblici che svolgono attività non indifferibili e nemmeno fattibili da casa, come ad esempio il lavoro manuale per conto di un ente pubblico. Molti di questi lavoratori, infatti, hanno esaurito le ferie durante la prima fase della pandemia e non hanno più diritto ad usufruire di congedi o di banca ore. Per loro, la Pubblica Amministrazione potrebbe essere costretta ad improvvisare dei corsi di formazione, come previsto dal decreto del Ministero.
Nelle regioni che non sono state inserite nella fascia maggiormente a rischio resta la regola dello smart working a percentuale: dovrà essere garantito il lavoro agile almeno al 50%, pur garantendo la qualità del servizio.