Esempi e tipologie di evasione fiscale


Danni al Fisco e mancato pagamento dei tributi. Omissione della dichiarazione dei redditi e delle imposte, lavoro nero e frode.
Tra i Paesi comunitari, l’Italia ha un triste primato. Siamo, infatti, al primo posto per evasione fiscale. Nonostante il contrasto a questo fenomeno sia condotto dallo Stato in modo talvolta impietoso, pare che i sistemi messi a punto per recuperare tasse e imposte non pagate sia abbastanza inefficace.
Da anni, il Fisco si interroga sui motivi che inducono un contribuente a versare il dovuto, ma soprattutto cerca di apporre delle toppe agli espedienti per raggirare l’imposizione fiscale. Se stai leggendo questo articolo, probabilmente stavi cercando esempi e tipologie di evasione fiscale. Ti rassicuriamo dicendoti che sei nel posto giusto perché, nelle prossime righe, passiamo in rassegna tutte le scappatoie note per violare le leggi in materia tributaria.
Indice
Tutti i tipi di evasione fiscale
Lo Stato ha bisogno dei nostri tributi per coprire il suo naturale fabbisogno. Quanto appena detto è il cardine essenziale della lotta all’evasione fiscale, perseguita attraverso strumenti – spesso ravvisabili in sanzioni amministrative – pendenti sul capo di chi tenta di sottrarsi al prelievo fiscale.
Resta il fatto che, per poter limitare il fenomeno evasivo, l’Erario deve prima conoscere attraverso quali vie i contribuenti prendono le distanze dalle casse statali.
In Italia, il fenomeno dell’evasione fiscale avviene soprattutto per:
- omessa dichiarazione dei redditi;
- mancato pagamento delle imposte sui redditi e dell’Iva;
- attività sommersa;
- frode fiscale.
Analizziamo queste tipologie di evasione rendendo al lettore un panorama generale, ma esaustivo, delle violazioni fiscali.
Quando si verifica l’omessa dichiarazione dei redditi?
L’obiettivo della dichiarazione dei redditi è di indicare l’ammontare dei redditi percepiti. In questo modo, l’Erario può calcolare l’imposta sui redditi che il contribuente deve versare per un determinato anno. Più correttamente, dobbiamo parlare di periodo d’imposta, che per le persone fisiche coincide con l’anno solare, mentre per le società è l’esercizio sociale, ossia un anno che computa dodici mesi, ma che possono non coincidere con il calendario solare.
I contribuenti, quindi, sono chiamati a presentare il 730, ovvero il Modello dei redditi delle persone fisiche.
Il 730 deve essere presentato da:
- lavoratori dipendenti;
- pensionati;
- gli assimilati al lavoro dipendente: si pensi, per esempio, ai lavoratori che hanno percepito nel periodo d’imposta solo redditi di collaborazione continuativa, i produttori agricoli, oppure i parlamentari o i sacerdoti.
Queste figure professionali sono tenute a dichiarare i redditi tramite 730 e possono presentarlo in due modi:
- direttamente: in questo caso, la scadenza è fissata al 23 luglio di ogni anno (per il 2020, a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, il termine è stato posticipato al 30 settembre);
- tramite datore di lavoro o intermediario (Caf): le scadenze dipendono dal momento in cui il dipendente presenta il 730. Per comodità di lettura, le riassumiamo nello schema seguente:
- presentazione del 730 entro il 31 maggio: la scadenza è fissata al 15 giugno;
- se è presentata tra il 1° giugno e il 20 giugno: la scadenza è al 29 giugno;
- in caso di presentazione tra il 21 giugno e il 15 luglio: la scadenza è il 23 luglio;
- se è presentata dal 16 luglio al 31 agosto: la scadenza è al 15 settembre;
- infine, dal 1° al 30 settembre: la scadenza è il 30 settembre.
Il Modello dei redditi delle persone fisiche, invece, deve essere presentato da tutti quei lavoratori che, pur avendo percepito redditi, non sono tenuti alla compilazione del 730. Ad esempio, i contribuenti obbligati ad avere scrittura contabile (come i titolari di partita Iva).
Per presentare il Modello dei redditi, i contribuenti possono avvalersi:
- della via telematica: in tal caso, devono presentarla entra il 30 novembre dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo di imposta. Quindi, per esempio, se Tizio, possessore di un negozio di abbigliamento, deve presentare il Modello dei redditi conseguiti nel 2019, avrà come termine ultimo il 30 novembre del 2020;
- della forma cartacea: la presentazione deve avvenire tra il 2 maggio e il 30 giugno.
Perché si è reso necessario questo excursus sulla dichiarazione dei redditi? Perché per parlare di omessa dichiarazione dei redditi serve conoscere la data di presentazione della dichiarazione.
Partiamo dalla regola generale: si commette il reato di omessa dichiarazione dei redditi quando questa non viene presentata entro i 90 giorni computati dall’ultimo termine di presentazione della domanda. Infatti, se la dichiarazione dei redditi viene fornita entro i 90 giorni, si parla di dichiarazione tardiva.
Facciamo un esempio pratico.
Caio è un impiegato e decide di presentare direttamente il 730/2020 per i redditi percepiti nel 2019. Ricordiamo che, per il 2020, il termine per presentare l’autodichiarazione è il 30 settembre e non il 23 luglio. Pertanto, entro il 29 dicembre, Caio fa in tempo a presentare la dichiarazione tardiva, mentre dal 30 dicembre 2020 si consuma l’omessa dichiarazione dei redditi percepiti nel 2019.
Per quanto riguarda invece il Modello dei redditi delle persone fisiche, torniamo all’esempio sopra riportato di Tizio. Nel suo caso, l’omessa dichiarazione dei redditi si configura a partire dal 28 febbraio 2021.
Cosa succede in caso di mancato pagamento delle imposte?
Questa tipologia di evasione fiscale, meglio nota come omissione di versamento di saldo e acconto delle imposte sui redditi (quelle più importanti sono l’Irpef, l’Irap e l’Ires), avviene quando, pur presentando la dichiarazione dei redditi, il contribuente non versa il saldo o l’acconto delle imposte.
Il sistema tributario italiano si basa sul principio dell’acconto e del saldo: nell’anno in corso, il contribuente è tenuto a versare un acconto sulle imposte sul reddito, mentre il saldo avverrà nell’anno solare successivo. Lo stesso sistema si applica per l’Iva.
In caso di omissione del pagamento delle imposte, il contribuente sarà sanzionato con:
- una pena amministrativa pari al 30% dell’importo non versato;
- gli interessi di mora del 3,5% se l’Agenzia delle entrate notifica al contribuente un avviso bonario di mancato pagamento, a cui deve aggiungersi un ulteriore 4% nel caso in cui, dall’omissione delle imposte, scaturisce l’iscrizione a ruolo dell’importo da pagare (ossia, quando il contribuente viene raggiunto da cartella esattoriale).
Prendiamo ancora una volta il caso di Tizio.
Il titolare del negozio di abbigliamento ha presentato la dichiarazione dei redditi mediante Modello unico, ma ha omesso il pagamento dell’Irpef. Per questo motivo, dopo aver ricevuto avviso bonario, l’Agenzia delle Entrate provvede all’invio della temuta cartella esattoriale. Poiché la dichiarazione del contribuente qui esaminato ammonta a 60.000 euro, Tizio non ha versato 19.270 € di Irpef sui redditi percepiti nel 2019. Per questo motivo, è tenuto a pagare la suddetta quota, maggiorata di 7.226,25 €, per un totale di 26.496,25 euro.
Quando si può parlare di attività sommersa?
Per attività sommersa s’intende la produzione di beni e servizi che sfuggono alla normale imposizione tributaria da parte dello Stato. In altre parole, il contribuente occulta una parte della sua attività, ovvero la sua totalità.
Un esempio di evasione fiscale per parziale attività sommersa accade in seguito alla mancata emissione di scontrino fiscale. In questo modo, il registratore di cassa non memorizza la vendita avvenuta e, pertanto, è come se per lo Stato non fosse mai avvenuta.
Si parla, invece, di evasione fiscale totale per attività sommersa quando un imprenditore utilizza forza lavoro senza regolarizzarlo contrattualmente: è il classico caso di lavoro nero.
Cos’è il reato di frode fiscale?
Il reato di frode fiscale si commette quando un contribuente, fermo restando il rispetto dei termini per la dichiarazione dei redditi e il pagamento delle imposte a essa connesse, si avvale di un sistema di fatturazione falso al fine di versare allo Stato meno tributi. Si tratta, quindi, del tentativo di nascondere il reale valore di imponibile prodotto e, quindi, pagare meno imposte sui redditi e meno Iva.
È chiaro che, per poter mettere in piedi una frode fiscale, il contribuente mendace dovrà avvalersi del consenso di professionisti che perseguono la medesima condotta, come, per esempio, commercialisti dotati di scarsa etica. Il fine è quello di falsificare e distorcere la realtà economica dell’azienda.
La frode fiscale più perpetrata è sicuramente quella della diminuzione dell’imponibile per Iva a credito.
Tizio potrebbe registrare, all’interno del suo negozio di abbigliamento, delle fatture di acquisto inesistenti per un totale di 15.000 euro sul quale ha pagato il 22% di Iva. Viceversa, dichiara vendite di 8.000 euro, soggette anch’esse a un’imposta sul valore aggiunto del 22%. In questo modo, avrebbe un’Iva a credito di 3.300 euro e una a debito di 1.442,62 euro (derivante dal seguente calcolo: 8.000 x 22/122). La posizione di Tizio nei confronti dell’Erario è, quindi, quella di un creditore che deve avere dallo Stato 1.857,38 €.