Rimborso spese dipendenti in busta paga: quando spetta?


Quando viene riconosciuto il costo della trasferta e quali voci si tengono in considerazione. I vari tipi, dal forfettario all’analitico al chilometrico.
La tua azienda ti chiede di svolgere un lavoro fuori sede, in un luogo lontano da quello in cui lavori normalmente. Non avendo un’auto da metterti a disposizione, ti chiede di muoverti con la tua macchina. Dovrai restare fuori un paio di giorni, quindi sarà necessario anche prenotare un albergo. A tutto ciò si aggiungono le spese della benzina, l’autostrada, il pranzo e la cena. L’accordo che hai con i tuoi superiori è che i costi li anticipi tu, poi tieni le ricevute da consegnare all’amministrazione e, alla fine del mese, ti ritroverai i soldi in tasca. Ma il rimborso spese dei dipendenti in busta paga quando spetta? Ne hai diritto anche se devi incontrare un cliente per un paio d’ore e gli offri un caffè?
La regola generale dice che quando il lavoratore si trova in trasferta e anticipa denaro dal proprio portafoglio per motivi di servizio ha diritto al rimborso. La prima cosa da capire, dunque, è che cosa si intende per trasferta. Sapere, cioè, se c’è differenza tra usare la propria auto per fare 200 km per motivi di lavoro, mangiare e dormire fuori e spendere qualche decina di euro di carburante ed incontrare un cliente quattro isolati più in là e offrirgli il caffè o un pranzo, sempre per motivi di lavoro. In entrambi i casi, spetta il rimborso spese ai dipendenti in busta paga? Vediamo tutto ciò che concerne i rimborsi in busta paga.
Indice
Rimborsi in busta paga: cosa sono?
Come detto, stiamo parlando dei rimborsi spese in busta paga dei dipendenti che hanno dovuto svolgere la loro attività fuori sede, cioè in trasferta, e che, per motivi di lavoro, hanno dovuto sostenere e anticipare dei costi. Si tratta, solitamente, di spese per:
- carburante;
- autostrada;
- parcheggi o altre spese legate all’auto;
- vitto e alloggio;
- telefonate (se al dipendente non viene dato un cellulare aziendale).
Questi rimborsi, dietro la presentazione delle relative ricevute, fatture o scontrini fiscali, vengono pagati dall’azienda in busta paga.
Rimborsi in busta: cosa si intende per trasferta?
Condizione indispensabile, dunque, affinché vengano riconosciuti i rimborsi spese del dipendente in busta paga è che il lavoratore si trova in trasferta. Questa situazione si verifica quando il dipendente viene chiamato a svolgere un’attività fuori dalla sede naturale a cui è tenuto contrattualmente a svolgere le sue funzioni.
La legge non prevede un numero minimo o massimo di giorni di trasferta. Significa che si può star fuori due o tre giorni come due o tre mesi, a seconda dell’attività da svolgere.
La tipologia di trasferta incide sul rimborso delle spese e, in particolare, sulla tassazione; nel dettaglio:
- se la trasferta avviene nel territorio del Comune in cui si trova la sede di lavoro, il rimborso fa reddito, e quindi viene tassato come il resto dello stipendio, ad eccezione delle spese relative al trasporto pubblico;
- se la trasferta avviene fuori dal territorio comunale, il rimborso non è generalmente tassato.
Rimborsi in busta: quali tipologie?
Esistono solitamente tre tipi di rimborsi spese, ovvero:
- rimborso forfettario;
- rimborso a piè di lista o analitico;
- rimborso spese misto.
Rimborso spese forfettario
Con il rimborso spese forfettario, l’azienda riconosce al dipendente un’indennità di trasferta giornaliera che comprende tutte le eventuali spese, cioè vitto, alloggio, carburante o viaggio, ecc. L’importo viene stabilito di norma dai contratti collettivi di categoria, anche se il datore di lavoro può modificare la cifra autonomamente a vantaggio del lavoratore, e non varia anche se l’incarico viene eseguito in poche ore. Significa che se il dipendente viene inviato in trasferta fuori dal suo Comune e svolge l’attività in cinque ore, avrà comunque diritto all’intero rimborso giornaliero.
Oltretutto, con questo sistema, il lavoratore non è tenuto a presentare ricevute o scontrini delle spese effettuate, così come il suo datore non dovrà fare la nota spese.
Il rimborso a piè di lista o analitico
Diverso il concetto del rimborso spese a piè di lista o analitico. In questo caso, non si parla di una cifra forfettaria ma dell’importo che corrisponde alle spese effettivamente sostenute dal lavoratore. Spese che dovranno essere documentate con tanto di ricevute, fatture o scontrini fiscali.
La documentazione andrà allegata alla nota spese che l’azienda o il dipendente dovranno compilare con le voci relative alle varie spese sostenute e dimostrate. Nota che il lavoratore dovrà firmare in modo che il rimborso gli venga riconosciuto in busta paga.
Il rimborso spese misto
La terza possibilità è quella del rimborso spese misto. Come si può facilmente dedurre dal nome, comprende sia il rimborso forfettario sia quello analitico. Ad esempio, al dipendente può essere riconosciuta una parte fissa per viaggio, autostrada o parcheggi ed una da documentare su vitto e alloggio.
Rimborso spese chilometrico in busta paga
Esiste anche la possibilità di avere in busta paga il rimborso chilometrico. Si tratta di un riconoscimento economico che tiene conto, sulla base delle apposite tabelle Aci, del carburante consumato per la trasferta e della normale usura della macchina. Restano escluse le altre spese legate al viaggio, come i pedaggi autostradali o il parcheggio, l’eventuale riparazione di una foratura di una gomma o di un problema meccanico, ecc.
Il rimborso chilometrico in busta paga, in realtà, rappresenta un’eccezione, perché in linea generale tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche se a titolo di rimborso spese, contribuiscono a determinare il reddito di lavoro dipendente.