Lesioni da piercing e risarcimento danni


Costa caro il mancato rispetto delle norme igieniche e sanitarie: il tatuatore può essere condannato se provoca infezioni. Lo ha stabilito la Cassazione.
Ebbene sì: anche tu hai ceduto alla moda e ti sei fatto applicare un piercing. Il lavoro lo ha fatto un tatuatore provetto, in un laboratorio autorizzato. Ma qualcosa è andato storto: dopo qualche giorno, l’orecchio o il labbro si è infettato.
Sei dovuto ricorrere ad un medico che ti ha prescritto una severa cura di antibiotici per combattere questo ascesso purulento. Nel frattempo, il gonfiore ti ha impedito di recarti al lavoro e di presenziare ad un’audizione che avrebbe potuto essere l’occasione per partecipare ad un reality show.
Oltre a ciò, il problema maggiore è che hai riportato un danno estetico permanente. La cicatrice, seppur piccola, è rimasta visibile e i tratti del volto si sono alterati. L’espressione del volto non è più quella di prima. Ne sei consapevole in ogni momento, anche gli altri sono a disagio guardandoti in viso. Temi di riportare conseguenze pregiudizievoli per la tua vita di relazione.
Allora ti chiedi che succede in caso di lesioni da piercing errato o comunque fatto male: in base alla legge, puoi avere diritto al risarcimento dei danni dal tatuatore inesperto, incapace o che non ha rispettato le norme di igiene? Con una nuovissima sentenza, in un caso molto simile a quello dell’esempio che hai appena letto, la Cassazione ha detto sì: il tatuatore è stato condannato per il reato di lesioni colpose arrecate ad una ragazza e dovrà risarcirla economicamente.
Ma prima di arrivare al caso deciso vediamo quali sono le regole e le precauzioni che il tatuatore deve rispettare per andare esente da colpa. Infatti, per ottenere il risarcimento dei danni è necessario individuare provare una responsabilità colpevole dell’autore del piercing ed un nesso di causalità tra il suo operato e le lesioni provocate a chi si è avvalso del suo intervento.
Indice
Doveri e obblighi del tatuatore
L’applicazione di un piercing, come anche il farsi un tatuaggio, sono interventi invasivi che comportano dei seri rischi sul corpo umano. Per prevenirli ed evitarli sono previste specifiche tecniche e norme precauzionali di igiene che tutti gli operatori del settore devono applicare. Esse sono prescritte in apposite circolari del ministero della Salute [1], periodicamente aggiornate. Queste prescrizioni sono spesso integrate da leggi sanitarie regionali.
Le norme di igiene
Riguardano, in particolare, la pulizia, il lavaggio e la sterilizzazione degli strumenti utilizzati, la tipologia degli aghi (devono essere monouso), delle pinze, dei grip (le impugnature) e degli stessi piercing, l’area di lavoro e i suoi accessori (fino ai più minuti, come le tovagliette, il grembiule ed i guanti dell’operatore, i rasoi, ecc.).
Nei piercing, gli oggetti e i materiali da inserire nel corpo umano o comunque tali da rimanere in contatto con la pelle, come l’oro, il nickel o il titanio o altre leghe metalliche, dovranno essere conformi alle normative europee ed evitare l’emissione di sostanze nocive; inoltre, devono essere lisci, privi di tagli, asperità o superfici irregolari che muovendosi potrebbero strappare la cute.
Il consenso informato
Chi si sottopone all’applicazione di un piercing o di un tatuaggio permanente ha diritto ad un consenso informato: dovrà essere messo a conoscenza delle implicazioni dell’intervento, del fatto che la eventuale successiva rimozione non sarà semplice e richiederà interventi, anche chirurgici, invasivi e soprattutto che si potrebbero contrarre malattie infettive di vario genere anche se i materiali utilizzati sono assolutamente sterili.
Per i minorenni il consenso dovrà essere prestato dai genitori.
Bisognerà essere informati anche delle possibili tossicità o allergie ai pigmenti o ai metalli, che potrebbero comportare conseguenze serie nei soggetti sensibili a tali sostanze. E l’operatore dovrà fornire le opportune indicazioni di trattamento per i giorni successivi all’intervento, come le cure igieniche e disinfettanti da applicare alla zona del corpo interessata: ad esempio, come lavarla frequentemente con un sapone antisettico.
I requisiti di tatuatori e piercer
Il tatuatore o il piercer deve essere un professionista, che ha frequentato un apposito corso di formazione, è dotato di partita Iva, iscritto alla Camera di Commercio ed è autorizzato dall’Asl ad operare in appositi locali: è vietato il “fai da te” di amici e cugini non qualificati.
Rischi per la salute e danni da piercing
Anche quando tutte queste precauzioni vengono realizzate, il rischio per la salute è ridotto, ma non completamente eliminato. Infezioni batteriche e altre complicanze a seguito dell’intervento restano comunque possibili.
Orecchio, labbra, lingua, naso, sopracciglia, ma anche capezzoli, ombelico e, talvolta, i genitali sono le delicate zone corporee dove vengono inseriti i piercing, con un intervento invasivo.
I danni possibili (che possono riguardare anche una parte del corpo diversa da quella direttamente interessata dall’intervento) sono essenzialmente di due tipi: un danno alla salute, di tipo essenzialmente medico e sanitario, dovuto alle lesioni o malattie riportate dal soggetto a seguito del tatuaggio o del piercing, e un danno estetico, che rientra nel danno biologico e può essere risarcibile anche sotto l’aspetto non patrimoniale in base a una serie di parametri che andranno accertati caso per caso. Leggi a tal proposito l’articolo Danno estetico: che risarcimento spetta.
La responsabilità del tatuatore o piercer per danni
La responsabilità risarcitoria del tatuatore o del piercer si configura in tutti i casi in cui la prestazione sia stata eseguita con negligenza, imprudenza o imperizia e, dunque, con colpa. Se il suo intervento provoca lesioni, temporanee o talvolta anche con effetti permanenti, sorge la responsabilità civile del professionista, ma il cliente dovrà dimostrare sia la natura e l’entità delle lesioni subite e del conseguente pregiudizio alla salute o alla vita di relazione riportato, sia il nesso causale tra l’azione, o l’omissione, del tatuatore, per accertare che il danno sia conseguenza di ciò e non di altri fenomeni indipendenti.
Con una recentissima sentenza la Corte di Cassazione [2] ha affermato la penale responsabilità di un tatuatore, condannandolo per il reato di lesioni personali colpose [3] ed al conseguente risarcimento dei danni arrecati ad una ragazza minorenne alla quale aveva applicato un piercing nell’orecchio.
Era sorta un’infezione al padiglione auricolare ed è stato accertato che l’artigiano non aveva rispettato le basilari norme di igiene e di disinfezione; dunque, è stato riconosciuto responsabile per colpa consistita in negligenza, imperizia ed imprudenza.
Il Collegio ha respinto la tesi dell’imputato, secondo cui la cattiva manutenzione della ferita da parte della vittima era stata la causa principale dell’infezione (guarita solo dopo 40 giorni di cure e terapie antibiotiche): la mancata osservanza da parte del piercer delle necessarie cautele e delle prescrizioni sanitarie, dimostrata dalle risultanze processuali, è stata ritenuta assorbente. Infatti, l’infezione era sorta dopo un paio di giorni dall’inserimento del piercing ed è stata ravvisata l’elevata «probabilità logica» che fosse dovuta proprio al fatto che l’operatore «non aveva rispettato le regole igieniche basilari». Il risarcimento dei danni è stato quantificato nella misura di 500 euro.
note
[1] Circolare Ministero Sanità n. 2.9/156 del 05.02. 1998 “Linee guida per l’esecuzione di procedure di tatuaggio e piercing in condizioni di sicurezza“.
[2] Cass. sent. n. 32870/20 del 24 novembre 2020.
[3] Art. 590 Cod. pen.