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Se un video privato finisce online: cosa fare?

30 Novembre 2020 | Autore:
Se un video privato finisce online: cosa fare?

Revenge porn: cos’è e quando si integra il reato? Querela, segnalazione del contenuto abusivo, ricorso al Garante, ricorso d’urgenza al tribunale: tutti i rimedi.

Oggigiorno, fare una ripresa video oppure scattare una fotografia è facilissimo: basta impugnare il proprio smartphone e premere un paio di volte col pollice sullo schermo. L’estrema semplicità con cui è possibile fare qualcosa che, solo qualche anno fa, richiedeva una specifica attrezzatura ha comportato il moltiplicarsi, in maniera esponenziale, dei filmati e delle immagini che circolano in rete. Questo fenomeno può essere molto pericoloso allorquando finiscono in internet video che avrebbero dovuto restare privati. Cosa succede in questi casi? Che fare se un video privato finisce online?

Innanzitutto, va detto che se alcune immagini vengono pubblicate in rete senza il consenso della persona ritratta si rischia di incorrere in responsabilità, sia civile che penale. Per la precisione, il reato scatta nel momento in cui le foto e i video in questione siano sessualmente espliciti; in questa circostanza, si integra il delitto di revenge porn. Al contrario, se le immagini hanno diverso contenuto ma erano comunque destinate a non essere diffuse, allora si può andare incontro a una responsabilità civile per violazione della privacy. Se l’argomento ti interessa, prosegui nella lettura: vedremo insieme cosa fare se un video privato finisce online.

Video privato diffuso senza consenso: quando è reato?

Iniziamo dall’ipotesi più grave, cioè dalla diffusione, senza consenso, di un video contenente immagini hard. Cosa fare in questo caso?

Secondo la legge, chi, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, commette un delitto punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 5mila e 15mila euro [1].

Si tratta del revenge porn, reato che commette non solo chi, avendone già il possesso (magari perché è proprio l’autore dei video e degli scatti), pubblica i contenuti sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta, ma anche chi contribuisce alla diffusione di tali immagini con lo scopo di arrecare un danno alla vittima.

Secondo la legge, infatti, la stessa pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

Insomma: si macchia del reato di revenge porn non solo l’autore del video che decide di pubblicarlo senza consenso, ma anche tutti coloro che, entrati in possesso del materiale, continuino a diffonderlo con lo scopo di provocare un danno alla persona rappresentata nel video.

Vittima di revenge porn: cosa fare?

La persona che scopre di essere stata vittima di revenge porn deve immediatamente recarsi presso le autorità competenti. Trattandosi di reato procedibile solo a querela di parte, senza la segnalazione della vittima le forze dell’ordine non potranno attivarsi per assicurare il colpevole alla giustizia.

Il termine per sporgere querela è di sei mesi dal momento in cui si è avuta conoscenza del delitto.

Video privato: quando c’è violazione della privacy?

Non ogni diffusione non autorizzata di un video privato costituisce reato. Come detto, il revenge porn si integra solamente se le immagini e i video hanno un determinato tipo di contenuto; in tutti gli altri casi, si realizza un illecito civile che può essere tutelato rivolgendosi al giudice per chiedere non solo la rimozione delle immagini ma anche il risarcimento dei danni.

Come bloccare la diffusione delle immagini in rete?

Ciò che più interessa alla vittima di revenge porn e, più in generale, alla persona la cui privacy sia stata violata, è di bloccare la diffusione in rete delle immagini. Per fare ciò, occorre sin da subito attivare le procedure di segnalazione di contenuto abusivo/illecito presenti ormai su quasi tutti i portali e social network. Soprattutto sui social (Facebook, Instagram, ecc.) questa procedura è piuttosto intuitiva e immediata.

Se la segnalazione è accolta, nel giro di poche ore, il sito o il social network potrebbe rimuovere/oscurare il contenuto illecitamente pubblicato.

Nel caso in cui alla richiesta di rimozione non si faccia subito riscontro, allora è il caso di contattare un avvocato affinché depositi in tribunale un ricorso d’urgenza [2] con cui si chiede al giudice di emanare un ordine di rimozione immediata del contenuto abusivamente pubblicato. In questo modo, l’azienda non potrà assolutamente rifiutarsi.

Contestualmente alla segnalazione del contenuto abusivo al sito internet, bisogna sporgere una denuncia alla Polizia postale con espressa richiesta di attivarsi immediatamente per impedire la visibilità della foto o del video. Ciò può essere fatto anche al di fuori delle ipotesi di revenge porn.

Un’ulteriore strada da percorrere (però meno tempestiva di quelle sinora illustrate) è quella del ricorso al Garante per la privacy.

Se la vittima ha già chiesto la cancellazione del contenuto ma non ha ottenuto nulla, ci si può rivolgere al Garante con un ricorso. Si tratta di una procedura che non necessita di un avvocato, in quanto si può ricorrere personalmente con costi molto contenuti.

Se il Garante ritiene fondato il ricorso, ordina al sito internet di rimuovere i contenuti abusivamente pubblicati. Il rigetto del ricorso da parte del Garante per la privacy può essere impugnato innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria.

Il problema del ricorso al Garante è che i tempi sono piuttosto lunghi. Di conseguenza, è un rimedio sconsigliabile nel caso di revenge porn, ove la tempestività è fondamentale.

Infine, se il video viene diffuso in molto ampio, magari anche su siti web la cui appartenenza è di difficile identificazione, si può solo arginare la diffusione della foto/video, provando ad attivare una procedura, giudiziale o presso il Garante Privacy, nei confronti dei motori di ricerca per tentare di far rimuovere le cache di Google che rimandano alle foto o ai video pubblicate/i illegittimamente.


note

[1] Art. 612-ter cod. pen.

[2] Art. 700 c.p.c.

Autore immagine: canva.com/


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