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Animali in gabbia: come non violare la legge

1 Marzo 2021 | Autore:
Animali in gabbia: come non violare la legge

Quando uccelli, rettili, roditori o altre specie esotiche sono tenuti in condizioni incompatibili con la loro natura e soffrono, il proprietario commette reato.

Se sei stato a un mercato di animali o a qualche fiera avrai probabilmente notato un gran numero di animali in gabbia, specialmente volatili, ammassati in poco spazio e, talvolta, in cattive condizioni igieniche.

Canarini, pappagalli, pulcini, criceti, conigli, tartarughe, serpenti, iguane e molte altre specie esotiche vengono tenuti in ambienti ristretti per il trasporto e la commercializzazione.

Poi, il compito di gestirli e di curarli passa all’acquirente finale, il privato che li ha comprati e li porta a casa. Per alcuni animali, specialmente gli uccelli, la gabbia, o la voliera, è un accorgimento indispensabile, altrimenti fuggirebbero. Non possono certo essere lasciati liberi in casa o in giardino. Però, esistono norme di legge molto severe sulla corretta tenuta degli animali vivi: ci sono gravi conseguenze, anche penali, per chi li maltratta, li abbandona oppure li «detiene in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze», dice la legge che considera reato tutti questi comportamenti.

Allora, come tenere animali in gabbia e non violare la legge? Si tratta, essenzialmente, di mantenerli in buone condizioni e in un ambiente pulito. Non basta alimentarli ed abbeverarli, cioè soltanto tenerli in vita; occorre anche garantire loro lo spazio necessario per muoversi e fornirgli cure adeguate e costanti.

Tenere un animale comporta delle responsabilità perché si ha a che fare con esseri viventi e senzienti, dunque capaci di provare sofferenza e dolore se vengono maltrattati o mal custoditi. E allora scattano le punizioni: la Corte di Cassazione, come vedrai, ha recentemente condannato in via definitiva un uomo che teneva due pappagalli in gabbie sporche.

Animali in gabbia: come tenerli

È diventato di moda tenere in casa alcune specie di animali che per loro natura sono selvatici e per certi versi non sono adatti agli ambienti domestici. Tra questi ci sono i rettili, come le tartarughe e le iguane, i roditori, come i criceti o gli scoiattoli, e soprattutto i volatili pennuti, come i classici canarini o i diamanti mandarini, ma adesso sono sempre più diffusi anche pappagalli di varie razze e dimensioni, dall’ara al cinerino.

In effetti, agli uccelli e a molti altri piccoli animali esotici occorre una gabbia, una voliera, una teca, un recinto o un altro tipo di protezione: si tratta di un accorgimento indispensabile per custodirli in cattività.

Ma bisogna pensare che questi ripari diventano la “casa” obbligata dove questi animali – creati per essere liberi nella natura – dovranno trascorrere la loro vita. «Gli animali non sono nati per vivere in gabbia», ammonisce l’Enpa, Ente nazionale protezione animali.

Allora, se proprio si vuole portarli al di fuori del loro habitat naturale, bisogna preoccuparsi delle condizioni in cui vengono tenuti. Le necessità di cibo ed acqua sono fondamentali, ma altrettanto importanti sono le esigenze di movimento e le altre variabili ambientali, come l’igiene, la temperatura e l’esposizione alle intemperie. Perciò, le gabbie dovranno essere sufficientemente ampie e spaziose (anche in relazione al numero dei volatili ospitati in esse), oltre che costantemente rifornite dei mangimi e degli altri nutrienti necessari.

Le gabbie vanno anche pulite spesso, per rimuovere gli escrementi e garantire l’igiene: il fondo della gabbia (meglio se dotato di cassetto estraibile), dovrebbe essere dotato di idonea copertura e va periodicamente lavato.

Il maltrattamento di animali

Tutte queste esigenze, evidentemente, non sono una tantum e richiedono invece cure costanti. L’incuria può provocare la morte degli animali, ma le cattive condizioni di detenzione comportano inevitabilmente una loro protratta e ingiustificata sofferenza, che integra un preciso reato: quello di maltrattamento di animali.

La legge [1] dispone che «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da 3 a 18 mesi o con la multa da 5.000 a 18.000 euro». C’è un aggravamento di pena fino alla metà se per effetto di ciò l’animale muore.

A parte gli animali da lavoro o torturati per crudeltà, la giurisprudenza fa coincidere l’evento penalmente rilevante del reato di maltrattamenti con la sofferenza creata nell’animale da un comportamento, anche omissivo, del proprietario o del possessore.

Non occorre, cioè, che vi siano lesioni visibili, come ferite o uno stato di denutrizione. È sufficiente anche un abbandono che comporta l’assenza delle cure necessarie.

Il reato di abbandono di animali

Il fatto di tenere gli animali in spazi troppo ristretti e in condizioni di scarsa igiene, ad esempio in una gabbia piena di escrementi maleodoranti e putrescenti, potrebbe integrare il delitto di maltrattamenti che abbiamo appena esaminato, ma sotto questo profilo viene in rilievo un’altra fattispecie penalmente rilevante: il reato di abbandono di animali [2] che è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Si tratta di un reato contravvenzionale, per il quale, a differenza del precedente, non è richiesto il dolo ma è sufficiente la colpa, dunque un comportamento negligente e violativo degli obblighi di custodia imposti a carico del proprietario, possessore o detentore degli animali. Ora vediamo un esempio concreto di questa situazione e quali conseguenze penali sono state ritenute.

Mario tiene in una gabbia di 40×60 centimetri 24 uccellini. Lo spazio disponibile è del tutto insufficiente: non possono volare e nemmeno aprire le ali. Inoltre, mancano il cibo e l’acqua: le mangiatoie e i beverini sono vuoti ormai da due giorni. Anche l’igiene è pessima: il fondo della gabbia è ricoperto di escrementi che non sono stati tolti da diverse settimane. Infine, la gabbia è collocata sul balcone senza alcun telo o altro riparo dal sole e dalle intemperie.

La norma si riferisce a tutti gli «animali domestici o che abbiano acquisito le abitudini della cattività» ed è, quindi, attagliata alla situazione di tutti gli animali tenuti in gabbia, compresi quelli esotici.

Con la nuova sentenza accennata in apertura, la Corte di Cassazione [3] ha condannato per questo reato, comminandogli la pena di 800 euro di ammenda, un uomo che aveva detenuto due pappagalli in «condizioni incompatibili con la loro natura e produttivi di gravi sofferenze».

Gli animali erano stati rinvenuti dalle guardie zoofile in un’area di sosta camper e si trovavano in pessime condizioni: tenuti in una gabbia sporca, piena di deiezioni e di piume e con poca acqua a disposizione.

I giudici di piazza Cavour hanno anche sottolineato il fatto che, in base alla normativa comunitaria, questi uccelli di razza protetta [4] (un “Conuro della Patagonia” ed una “Ara Ararauna”) «necessitavano di uno specifico grado di protezione», che invece era stato totalmente disatteso, «alla luce delle condizioni di generale degrado in cui versavano i volatili».

La pronuncia è emblematica perché conferma l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza più recente nel ritenere che gli animali sono esseri meritevoli di tutela penale, specialmente quelli costretti a vivere in gabbia quando debbono subire le conseguenze di comportamenti illeciti posti in essere dall’uomo. Per questo, bisogna imprimersi nella mente che non prendersi cura del proprio animale è reato.


note

[1] Art. 544 ter Cod. pen.

[2] Art. 727 Cod. pen.

[3] Cass. sent. n. 34236/20 del 2 dicembre 2020.

[4] Regolamento CE n. 388/97,  allegato B.

Autore immagine: pixabay.com


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