Notizie complessivamente buone dal report del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità. Ma alcuni territori non sono ancora fuori pericolo ricaduta.
Veneto, Sardegna, Emilia Romagna, Puglia e Provincia autonoma di Trento. Sono le zone da tenere ancora d’occhio, secondo gli esperti. Vengono considerate complessivamente a rischio alto, nel nuovo resoconto sull’emergenza sanitaria in Italia, firmato dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità (Iss).
Nella bozza del documento che contiene il monitoraggio della pandemia di Coronavirus dal 30 novembre al 6 dicembre si legge che la maggior parte delle regioni italiane sono a rischio moderato. E cioè: Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Bolzano, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle D’Aosta.
Due, invece, sono a rischio basso: Basilicata e Molise. Nelle cinque elencate prima, invece, i contagi possono ancora sfuggire di mano. «Due delle cinque regioni classificate a rischio alto, Puglia e Sardegna, sono state classificate a rischio alto e/o equiparate a rischio alto per tre o più settimane consecutive; questo prevede specifiche misure da adottare a livello provinciale e regionale».
A livello generale, comunque, il quadro è tutt’altro che sconfortante. «Si continua a osservare una riduzione generale del rischio», spiegano gli esperti. Calano i ricoveri in terapia intensiva (dai 3.663 al primo dicembre ai 3.345 all’8 dicembre) e diminuisce anche la pressione sul sistema sanitario.
All’8 dicembre, «16 Regioni/Province autonome avevano superato almeno una soglia critica in area medica o terapia intensiva rispetto alle 18 della settimana precedente. Il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e aree mediche, però supera ancora le soglie critiche di occupazione a livello nazionale».
Iss e ministero sottolineano la difficoltà nel rendere le effettive proporzioni del fenomeno. È complicato «mantenere elevata la qualità dei dati, sia per tempestività sia per completezza». Le informazioni contenute nel report si riferiscono al periodo compreso tra il 30 novembre e il 6 dicembre. «Al momento è il dato consolidato più recente disponibile – spiegano gli esperti -. Questo può portare a una possibile sottostima della velocità di trasmissione e dell’incidenza». Incidenza che comunque resta alta, si avverte nel documento.
Tra il 23 e il 29 novembre si registravano 590.65 casi per centomila abitanti, ora siamo a 454,70, quantità comunque ritenuta elevata.