Come dividere il patrimonio se non si vuole fare testamento? Gli strumenti alternativi al testamento.
Il testamento non è l’unico modo per dividere il proprio patrimonio tra gli eredi. Ci sono diversi sistemi che costituiscono valide alternative al testamento. Tra questi, la più utilizzata è di certo la donazione: prima di morire, l’interessato intesta i propri beni a familiari, parenti ed amici in modo da anticipare la divisione delle sue proprietà per quando non ci sarà più.
In questo articolo, ci occuperemo di tutti gli strumenti e le ipotesi alternative al testamento. Ma procediamo con ordine.
Indice
Si può fare un pre-testamento o un accordo per il testamento?
L’articolo 458 del Codice civile vieta gli accordi volti a concordare in anticipo il contenuto di un testamento. Il testatore deve essere infatti libero di scegliere cosa scrivere nelle proprie ultime volontà. Qualsiasi patto volto a limitare tale sua scelta è nullo e si considera come mai avvenuto. Il nostro ordinamento, infatti, tutela la libertà testamentaria e la possibilità di revocare, in qualsiasi momento, il testamento già scritto.
Allo stesso modo, è nullo qualsiasi atto o contratto con cui una persona dispone dei beni che potrebbero derivargli da un testamento di una persona ancora non deceduta. Infatti, non si può vendere o donare qualcosa che ancora non è entrata nel proprio patrimonio.
La donazione come alternativa al testamento
In apertura, abbiamo detto che la donazione è lo strumento più usato come alternativa al testamento.
La tassazione della donazione è identica a quella della successione; quindi, la scelta tra l’una e l’altra non si può basare sul risparmio fiscale. Piuttosto, con la donazione il donante si assicura la ripartizione del proprio patrimonio per come intende che avvenga, cercando anche di mettere a tacere qualsiasi forma di contestazione tra gli eredi.
A volte, la donazione di un immobile viene fatta con riserva di usufrutto. In questo caso, il donante mantiene il diritto a vivere nell’immobile donato o di darlo in affitto. Il donatario, quindi, ne acquista la semplice nuda proprietà, non potendo utilizzare il bene in questione fino a quando il donante è vivo.
Il problema principale della donazione si pone nel caso in cui questa abbia leso i diritti degli eredi legittimari (coniuge, figli e genitori), i quali hanno sempre diritto a una quota sul patrimonio del familiare (la cosiddetta quota di legittima). Pertanto, in un caso del genere, è possibile l’impugnazione della donazione da parte degli eredi legittimari. Questi hanno 10 anni dall’apertura della successione (ossia dalla data del decesso) per agire contro il donatario e 20 anni dalla donazione per riprendersi il bene donato nel caso in cui questo sia stato venduto a terzi. Ecco perché è sempre difficile vendere una casa proveniente da una donazione se, appunto, non sono decorsi i suddetti vent’anni (leggi Quanti anni devono passare per vendere una casa donata?).
Il problema della donazione è che, in linea di massima, è irrevocabile. Tuttavia, è possibile attuare una donazione con riserva di disporre, come prevista dall’articolo 790 del Codice civile. Secondo alcuni, la riserva di disporre non è che il mezzo per consentire al donante di rivedere l’assetto iniziale dei propri interessi. Si pensi al padre che dona un’azienda a uno dei propri figli, ritenendolo il più adatto alla gestione dell’attività e che invece questi, dopo qualche anno, si riveli del tutto inadeguato a tale compito. Ebbene, la riserva di disporre consentirebbe – anche se la legge non lo dice in modo espresso – che l’esercizio della riserva diviene lo strumento di controllo dei comportamenti del donatario.
Il patto di famiglia
Il patto di famiglia consente di pianificare il passaggio generazionale nell’ambito di aziende o società a conduzione familiare, nel rispetto degli interessi di tutti i legittimari non assegnatari (nonché dei collaboratori familiari o dei soci della società), prevedendo:
- l’obbligo da parte dell’assegnatario di liquidare le quote di legittima agli eredi non assegnatari;
- l’esclusione dell’azione di collazione e di riduzione sui beni oggetto del patto.
Il patto di famiglia è un contratto – a titolo gratuito (che non prevede cioè un corrispettivo) – con il quale il titolare di un’impresa trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda o la quota di partecipazione a uno o più dei suoi discendenti («assegnatari»).
Gli assegnatari devono liquidare i partecipanti non assegnatari (a meno che questi non vi rinuncino) pagando un importo (in denaro o in natura) corrispondente al valore delle quote di legittima loro spettanti.
Il contratto deve essere concluso per atto notarile, a pena di nullità.
Nella pratica, è uno strumento poco utilizzato in quanto può creare problemi soprattutto nelle famiglie allargate, con figli nati nel primo e nel secondo matrimonio; inoltre, può risultare oneroso in quanto, come detto, obbliga l’assegnatario a liquidare anticipatamente le quote di legittima agli altri legittimari.
Il prestito vitalizio ipotecario
Il prestito vitalizio ipotecario è una forma di finanziamento introdotta in tempi piuttosto recenti, che consente alle persone che abbiano compiuto 60 anni di ottenere la liquidità di cui hanno bisogno, dando in garanzia la propria casa a una banca e concedendo sulla stessa un’ipoteca. In cambio, l’istituto di credito concede un finanziamento a lungo termine. L’interessato (e questa è una delle caratteristiche del prestito vitalizio ipotecario) non dovrà rimborsare le rate: il debito si estingue alla morte del richiedente con la vendita della casa oppure con il saldo da parte degli eredi se decidono di restare proprietari dell’immobile.
Il prestito vitalizio ipotecario conviene a chi ha un patrimonio immobiliare ingente ed ha bisogno di liquidità.