Gli esperti vedono profilarsi di nuovo l’incubo del lockdown e insistono sull’importanza di fare sacrifici.
Tornano gli appelli alla responsabilità per evitare il peggio. Dal direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippoliti, che oggi ha parlato di «rispetto e coscienza civile necessari» se non si vuole piombare nella terza ondata, a Gianni Rezza, numero uno del dipartimento Prevenzione al ministero della Salute.
Il suo punto di vista è emblematico della cosiddetta linea rigorista contro la pandemia, che infatti ha uno dei suoi rappresentanti più determinati nel ministro della Salute Roberto Speranza. E mentre, nel Governo, per il periodo natalizio, c’è chi vorrebbe al massimo una zona arancione nazionale (da notare come fino a non molti giorni fa si parlasse della zona gialla nazionale, cioè quella di minor rischio), Rezza oggi è tornato ad agitare lo spettro dell’Italia blindata.
«Se i sacrifici chiesti ora verranno ripagati dal fatto che non sarà necessario un lockdown è importante farli», ha detto, alla conferenza stampa per fare il punto sull’andamento dell’epidemia in Italia.
Oggi, è stata un’altra giornata da bollino nero per quanto riguarda le vittime del Covid. «Contiamo quasi 900 morti nelle ultime ventiquattr’ore, non possiamo prenderla a cuor leggero – ha proseguito Rezza -. Se ne avessimo 1.550 perché magari non si prende alcun provvedimento, alla fine saremo costretti a fare il lockdown. È quello che assolutamente si vuole evitare, perché si hanno a cuore i singoli, le famiglie e l’economia di questo Paese».
Rezza, inoltre, ha sottolineato una tendenza, che spiega bene perché dalle parti del ministero della Salute si è a favore della linea dura. «La situazione italiana mostra chiaramente un meccanismo: quando allentiamo le misure i casi vanno su, quando le restringiamo riusciamo nel giro di qualche settimana a ottenere risultati in termini di riduzione di positivi e casi».
Il direttore del dipartimento ministeriale della Prevenzione si è anche soffermato sulle scuole, affermando che, con l’incidenza dei casi ancora alta, così come il numero dei morti, è troppo presto per dire se riapriranno il 6 gennaio. Quanto al vaccino, ha precisato che all’inizio non sarà per tutti, ma verrà somministrato a fasce di popolazione considerate più a rischio, come gli anziani e il personale sanitario.