Accertamento e studi di settore: il fisco deve calarsi nella realtà imprenditoriale


I parametri degli studi di settore non costituiscono una presunzione legale relativa, ma vanno sempre confrontati con l’esito del contraddittorio amministrativo con il contribuente, da attivarsi obbligatoriamente.
Contribuente 1: Fisco 0. La crisi batte i colpi e l’amministrazione finanziaria non può più presumere senza prima calarsi nel contesto economico “reale”. Insomma, gli studi di settore saranno anche studiati sulla base della media delle attività professionali e commerciali, e quindi tengono conto di quelle che sono le normali regole del mercato; tuttavia è necessario sempre un confronto con la realtà materiale e con le singole e specifiche situazioni. Diversamente, l’accertamento fiscale può essere facilmente impugnato.
Con una sentenza degli scorsi giorni [1], la Cassazione ha infatti affermato che, prima di applicare gli studi di settore, l’Agenzia delle Entrate deve calarsi nella realtà economica dell’impresa in crisi. È dunque illegittimo, infatti, l’accertamento emesso per anomalie sul bilancio aziendale quali il rilevante indebitamento rispetto all’attivo, al di là dello scostamento del reddito dichiarato dagli standard.
La vicenda
Il caso aveva per protagonista un concessionario che per alcuni anni aveva dichiarato in bilancio un debito sproporzionato rispetto ai cespiti in attivo, tale da imporre una ricostituzione del capitale sociale.
La Cassazione ha però ritenuto illegittimo l’operato del Fisco. La procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è determinata modo automatico, in relazione ai soli standard in sé considerati, ma richiede, come necessario passaggio, un contraddittorio in via amministrativa con il contribuente: contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento. Solo in esito ad esso, e alla attività difensiva prodotta dal contribuente è possibile confermare o meno le risultanze degli studi di settore.
Inoltre, l’accertamento deve essere motivato: deve cioè spiegare nel dettaglio l’esito del contraddittorio e le ragioni per cui il Fisco non ha inteso aderire alla tesi del contribuente. Dunque, nella motivazione dell’accertamento vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano state disattese.
note
[1] Cass. Sent. n. 24327/14.
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