Un pescatore: “Abbandonato dal mio peschereccio, minacciavano di tagliarmi la gola”


Mazara del Vallo (Trapani), 21 dic. (Adnkronos) – (dall’inviata Elvira Terranova) – “Sono stato abbandonato dal mio comandante che è scappato con il peschereccio, neanche un padre abbandona un figlio e lui lo ha fatto. Non lo posso perdonare. Subito dopo sono stato picchiato dai militari libici, che mi hanno dato schiaffi, calci, ginocchiate. E mi minacciavano di tagliarmi la gola. E le gambe. È stato terribile. Ho avuto paura di non rivedere più la mia famiglia. È stato un incubo durato più di tre mesi”. Bernardo Salvo, uno dei pescatori liberati in Libia, fa fatica a parlare. Lo sguardo dietro la mascherina è cupo. Seduto sul divano della sua abitazione tiene sulle ginocchia il piccolo Gabriele di dieci anni. “Il mio scrocchiolino”, lo chiama affettuosamente mentre lo bacia e lo accarezza. Accanto a lui c’è la moglie, Cristina Amabilino, che per tre mesi non ha mai smesso di lottare per riavere il marito a casa. Ha dormito per settimane in tenda, davanti a Montecitorio, insieme con gli altri familiari dei pescatori sequestrati, per “scuotere le coscienze dei politici”, dice oggi. Cristina non smette mai di guardare il suo uomo. Lo scruta, lo accarezza, lo bacia, gli stringe forte la mano. “Finalmente la nostra famiglia si è riunita”, dice Bernardo Salvo.