Furto cassetta di sicurezza: così si dimostra il contenuto


La Cassazione si pronuncia sullo strumento suppletorio per dimostrare il contenuto della cassetta in caso di furto in vista del risarcimento.
Chi subisce il furto della cassetta di sicurezza, come fa a dimostrare quello che c’era dentro? La Cassazione risponde a questa domanda con una recente sentenza [1]: visto che meno persone conoscono il contenuto della cassetta e meglio è, si può ricorrere al cosiddetto «giuramento suppletorio» previsto dal Codice civile [2].
Occorre premettere che quando si apre una cassetta di sicurezza è obbligatorio assicurare al cliente il segreto sul contenuto, a tal punto che nemmeno la banca deve sapere cosa c’è al suo interno perché spesso chi utilizza questo servizio lo fa per evitare che si conosca il possesso di certi valori. Significa che, in caso di furto, appare piuttosto difficile provare con una testimonianza che cos’è stato rubato.
Ecco che, a questo punto, la Cassazione riconosce la possibilità del giuramento suppletorio come strumento per avere diritto al risarcimento del danno subìto. Secondo il Codice civile, si tratta del giuramento deferito d’ufficio dal giudice a una delle parti per decidere una causa quando la domanda o le eccezioni non sono del tutto provate, ma nemmeno completamente sfornite di prova, ovvero quello deferito al fine di stabilire il valore della cosa domandata (in questo caso del risarcimento del danno) se non è possibile accertarlo diversamente.
La Cassazione ricorda che la decisione di accettare il giuramento viene rimessa all’apprezzamento del giudice di merito. Vuol dire che la sussistenza non è sindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo dell’adeguatezza della motivazione. In più, il fatto che il giudice di primo grado decida di non deferire il giuramento non impedisce che possa farlo la Corte d’appello in base ad una valutazione diversa.
note
[1] Cass. sent. n. 24647/2020 del 05.12.2020.
[2] Art. 2736 cod. civ.