Attenzione alla contabilità non dichiarata o in nero


La “contabilità in nero”, costituita da fogli, quaderni e appunti dell’imprenditore, può essere prova del maggior reddito e giustificare l’atto impositivo del Fisco.
La ricostruzione che il Fisco fa, tramite gli accertamenti della Guarda di Finanza, dei ricavi dell’impresa esaminando le scritture contabili rivenute presso il domicilio (o la sede, se si tratta di società) dell’imprenditore, può essere di carattere anche induttivo, vale a dire basata su appunti personali o informazioni che abbiano i requisiti di gravità, precisione e concordanza [1].
Quindi, la cosiddetta “contabilità in nero”, cioè al di fuori della normale contabilità, costituita da fogli, quaderni e appunti vari, sia scritti a mano che dattiloscritti, può essere prova del maggior reddito, incombendo al contribuente la prova contraria al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli.
Lo ha stabilito una recente sentenza della Suprema Corte, decidendo su un ricorso del Fisco avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva qualificato come “meri indizi”, e non elementi di prova, le scritture extracontabili rinvenute, in violazione del dettato normativo della legge richiamata [2].
Nell’accertamento delle imposte sui redditi, quindi, la contabilità “in nero” che possa ricavarsi da appunti personali e informazioni dell’imprenditore, costituisce un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che può dimostrare i maggior ricavi percepiti rispetto a quelli dichiarati.
note
[1] Art. 39 “Redditi determinati in base alle scritture contabili” del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”.
[2] Cass. sent. n. 22265 del 21.10.2014.
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