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Regole dall’avvocato

4 Gennaio 2021
Regole dall’avvocato

Diritti e doveri che spettano al cliente nei confronti dell’avvocato che lo difende.

Narra la leggenda che un avvocato, dopo aver chiesto un passaggio a un tale e avergli fornito, durante il viaggio, alcuni consigli legali, gli abbia poi spedito la parcella. Ci sono alcune cose che dovete sapere se andate da un avvocato o semplicemente gli scrivete una mail. Non perché l’avvocato vi voglia fregare, ben inteso, ma perché lui conosce la legge e voi no. E così, se volete mettervi alla pari, dovete conoscere lo stesso linguaggio. Ecco dunque le regole da sapere se si va dall’avvocato.

L’avvocato si paga sempre

Prima di rivolgervi a un avvocato, chiedetegli sempre un preventivo. Anche se volete avere una semplice consulenza. Questo perché ogni prestazione legale – quindi anche un semplice parere – si presume a pagamento, salvo ovviamente un accordo contrario. Se non volete pagare, insomma, dovete chiederlo prima. E ciò vale anche per i pareri che chiedete tramite email o messaggio sui social.  

In realtà, l’avvocato è obbligato per legge a darvi un preventivo scritto prima del conferimento dell’incarico, anche per fare una lettera di diffida, un contratto o qualsiasi altra prestazione. Ve lo deve consegnare anche se voi non lo chiedete. Il fatto che non vi sia stato dato un preventivo però non vi esonera dal pagargli la parcella. Tutt’al più, potrete contestarne l’entità, se troppo esosa; in quel caso, sarà il giudice a determinare l’importo corretto secondo alcuni canoni fissati da un decreto ministeriale del 2014.

Quanto costa un avvocato

A differenza di quanto succedeva un tempo, oggi gli avvocati sono liberi di determinare la parcella per come meglio credono. Quindi, potete trattare sul prezzo. Attenzione però: quella dei legali non è una categoria a cui piace mercanteggiare. Quindi, potrete più facilmente spuntare un trattamento di favore sui tempi del pagamento che sugli importi.

L’abitudine degli avvocati è farsi pagare un importo tanto più alto quanto superiore è la posta in gioco, a prescindere dal lavoro che svolgeranno: quindi, se dovete fare una causa per recuperare un immobile, la parcella sarà più alta di una causa per recuperare 1.000 euro da un cliente che non vi paga.

È nullo qualsiasi accordo con cui l’avvocato vi chiede una percentuale dei soldi che riceverete al termine del giudizio dall’avversario.

Sappiate che una parte consistente dei soldi che darete all’avvocato servono per versare allo Stato le imposte per il processo. È il cosiddetto contributo unificato. Anche in questo caso, si tratta di importi che aumentano al crescere del valore della posta in gioco. 

Nel processo civile, le spese le paga sempre chi agisce per primo. Ed è lui che deve ovviamente fare i conti con le tasse dovute allo Stato.

Non esiste un avvocato pubblico, come il medico di famiglia, che non si debba pagare. L’avvocato è un professionista privato che ha sempre diritto alla parcella. Se avete un reddito inferiore a circa 11.500 euro annui (sommando anche i redditi dei conviventi) avete diritto a un avvocato pagato dallo Stato: è il cosiddetto gratuito patrocinio. Sappiate che se accedete al gratuito patrocinio non dovete versare al vostro avvocato neanche un euro, neanche per le spese vive di fotocopie o per la benzina necessaria ai viaggi.

Chi vince la causa viene rimborsato?

La regola vuole che chi vince la causa viene rimborsato dall’avversario dei costi che ha subito per il processo, ivi compresa la parcella anticipata al proprio avvocato (o che ancora gli deve versare). Ma è il giudice a determinare tali importi secondo delle tariffe prestabilite da un decreto ministeriale. Quindi, potrebbe succedere che il vostro avvocato vi chieda un onorario superiore al rimborso che il giudice vi riconoscerà se vincerete. E voi dovrete ovviamente pagarlo. 

Tenete poi conto che non sempre il giudice condanna il soccombente a pagare le spese processuali. Sono previste ipotesi eccezionali in cui è possibile la cosiddetta compensazione delle spese: in pratica, ciascuno paga il proprio avvocato. Ciò succede ad esempio quando la questione trattata è nuova o quando il giudice accoglie parzialmente le domande di entrambe le parti o ancora quando c’è, nel corso del giudizio, un mutamento improvviso dell’interpretazione dei giudici.

La mediazione obbligatoria 

Prima di iniziare alcune cause, è necessario avviare un tentativo di conciliazione con la controparte, anche se non avete alcuna intenzione di fare pace. È ciò che si chiama mediazione obbligatoria a cui dovete partecipare in prima persona accompagnati dal vostro avvocato.

Se non fate questo tentativo, il giudice non può iniziare il processo.

La mediazione va fatta ad esempio nelle cause di responsabilità medica, per tutto ciò che attiene alla proprietà di immobili, per recuperare crediti inferiori a 50mila euro, per le questioni condominiali o ereditarie, per i contratti con le assicurazioni e le banche, ecc.

Il costo dell’incontro di mediazione si ripartisce tra entrambe le parti. Se trovate un accordo, dovrete pagare una percentuale al mediatore, ma il verbale che siglerete avrà lo stesso valore di una sentenza. Se non riuscite a fare pace, invece, potrete andare in tribunale. 

Sostituzione dell’avvocato 

In qualsiasi momento, anche in corso di causa, potete sempre revocare il mandato al vostro avvocato senza bisogno di motivare la vostra scelta. Per farlo, vi basta inviargli una lettera raccomandata in cui gli dite che lo esonerate dall’incarico. Lo dovrete comunque pagare per l’opera espletata fino a quel momento. Tenete conto che la parte più consistente del lavoro di un avvocato è proprio l’inizio del giudizio. Quindi, in buona sostanza, se gli revocate l’incarico alla fine del processo non ne avrete un grosso vantaggio in termini economici. Peraltro, il nuovo avvocato che lo sostituirà potrà fare ben poco visto che non è più possibile modificare la domanda del giudizio o chiedere nuove prove.

Con la revoca del mandato, l’avvocato deve restituirvi tutte le carte che gli avete consegnato e informarvi in modo dettagliato sullo stato della causa e della prossima udienza, in modo che possiate istruire il vostro nuovo difensore. Non può trattenere il fascicolo per sé fino a quando non lo pagate: si tratta di due obblighi distinti che viaggiano su piani paralleli. Se si comporta così, potete denunciarlo all’ordine.

Come voi potete revocare l’incarico al vostro avvocato, anche lui può rinunciarvi in corso di causa. In tal caso, valgono le regole appena dette: lui dovrà restituirvi le carte e informarvi sullo stato del giudizio, mentre voi dovrete pagargli il compenso per ciò che ha fatto fino ad allora.

Quando l’avvocato sbaglia

L’avvocato è umano e può sbagliare. Può sbagliare una regola di procedura o non conoscere la corretta interpretazione della legge. Ma se perdete la causa per colpa del vostro difensore non sempre avete diritto a ottenere da lui il risarcimento. I danni vi spettano solo se, in assenza di tale errore, il processo avrebbe avuto un esito diverso e per voi più favorevole. Quindi, se anche con un comportamento diligente del vostro avvocato avreste perso il giudizio, allora non vi spetta alcunché. 

Del resto, è un principio generale quello secondo cui il risarcimento scatta solo in presenza di un danno. E il danno, in questo caso, consiste nel perdere una causa che altrimenti, in assenza di errore, sarebbe stata vinta. 

Un errore dell’avvocato non vi consente di fare appello. L’appello si fa solo se l’errore è stato commesso dal giudice.  



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