Spese vive: come vanno indicate in fattura e per quanto tempo bisogna conservare i documenti.
Capita non di rado che il professionista, nello svolgimento dell’incarico affidatogli dal proprio cliente, si trovi ad anticipare, per conto di questi, delle spese vive. Tali spese vengono riportate in fattura come «spese fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 15, comma 1, n. 3, del Dpr n. 633/1972». Su tali somme non si pagano chiaramente le imposte.
Bisogna però stare attenti alla compilazione della parcella per evitare brutte sorprese col Fisco che potrebbe, negli anni successivi, chiedere giustificazioni documentali in merito al sostenimento di tali costi. Ecco perché è bene sapere come fatturare le spese anticipate per i clienti.
Di tanto ci occuperemo sinteticamente in questa breve guida. Spiegheremo anche come difendersi dall’Agenzia delle Entrate qualora dovessero giungere richieste di chiarimenti. Ma procediamo con ordine.
Indice
Come fatturare le spese vive
Ci sono due tipi di spese vive che il professionista può trovarsi a sostenere per conto del cliente.
Ci sono le spese sostenute direttamente in nome del professionista come quelle per ristoranti, alberghi, viaggi e trasferte. Tali spese vengono addebitate in fattura e sono assoggettate ad Irpef e ritenuta d’acconto. Tali spese sono soggette a una deduzione fiscale del 75% dell’ammontare effettivamente rimasto a carico del professionista e sempre nel limite dell’1% dei compensi annui percepiti.
Ci sono poi le spese vive sostenute in nome e per conto del cliente (come ad esempio l’anticipo di imposte, diritti di cancelleria, bolli, ecc.) che dovranno essere indicate in fattura ma non sono assoggettate né ad Iva, né ad Irpef, né ad Inps (o alla Cassa privata), né a ritenuta d’acconto.
Talvolta, il professionista può chiedere l’anticipo spese che qualificherà in fattura come rimborso spese forfettario; tali somme vanno invece trattate come normale onorario per cui andranno assoggettate ad Irpef, Iva, ritenuta d’acconto, Inps (o Cassa privata).
Spese anticipate in nome e per conto del cliente
Concentriamoci sulla seconda categoria di spese vive. È il caso, ad esempio, di imposte, tasse, concessioni governative, contributi, diritti camerali, diritti di segreteria, diritti di conservatoria, diritti di cancelleria, marche da bollo, contributo unificato.
Il professionista le riporta in parcella generalmente con la dicitura «spese fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 15, comma 1, n. 3, del Dpr n. 633/1972».
Trattandosi di mere anticipazioni finanziarie effettuate in nome e per conto del cliente, tali spese:
- sono escluse dal concorso alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva;
- non sono assoggettate a ritenuta d’acconto e non concorrono alla formazione della base imponibile per il calcolo della rivalsa previdenziale;
- non possono essere portate in deduzione.
Come evitare la tassazione delle spese vive per conto del cliente
Le spese vive sostenute per conto del cliente di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo devono essere documentate in modo analitico al fine di poter essere escluse dalla tassazione. È quindi necessario conservare con cura le ricevute di spesa intestate al cliente committente e distintamente indicate nel registro Iva degli acquisti [1]. Le anticipazioni escluse dalla tassazione non possono essere (ovviamente) dedotte dal reddito imponibile.
Non sono esclusi dalla tassazione i rimborsi dei costi sostenuti dal professionista per l’effettuazione di prestazioni da parte, ad esempio, di agenzie di servizi [2].
Spese anticipate per conto del cliente: come difendersi dal Fisco
Il Fisco può effettuare controlli sulle fatture emesse dal professionista fino al quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Si tratta infatti del termine di decadenza per l’irregolare dichiarazione dei redditi. Quindi, dal momento del sostenimento della spesa, sarà bene conservare la documentazione per non meno di sei anni.
In questo arco di tempo, sono numerosi i professionisti (soprattutto notai e avvocati) che, avendo anticipato per lo svolgimento del loro incarico spese in nome e per conto del cliente, negli ultimi mesi sono stati raggiunti dall’invito degli uffici delle Entrate a produrre la documentazione necessaria a verificare, da un lato, l’effettiva spettanza dell’esclusione delle spese dal concorso alla formazione della base imponibile, e dall’altro, la loro indeducibilità.
Di solito, per effettuare i controlli sulle anticipazioni, il Fisco è solito effettuare accessi presso lo studio del professionista. Ma potrebbe anche limitarsi a chiedere la documentazione giustificativa da esibire presso l’ufficio entro 15 giorni (prorogabili su richiesta dell’interessato). In tal caso, il professionista dovrà esibire ogni documentazione giustificativa delle spese sostenute e indicate nel quadro RE della dichiarazione dei redditi, sotto la voce “altre spese documentate”.
Nel caso dal riscontro emerga una differenza tra le anticipazioni indicate in fattura e quelle effettivamente sostenute, l’ufficio accerta, con successivo avviso, la differenza come compensi non dichiarati, da assoggettare a Irpef, Irap e Iva.
Il professionista che voglia evitare il rischio di un accertamento dovrà custodire la documentazione fiscale in modo ordinato avendo cura di conservare, come detto, tutti i documenti attestanti il pagamento delle spese anticipate al cliente.
Inoltre, come suggerisce IlSole24Ore, è «opportuno anticipare le eventuali richieste mediante la compilazione di un apposito prospetto annuo di riconciliazione che riporti separatamente, con riferimento a ciascuna parcella emessa, le spese anticipate escluse dalla tassazione e le altre spese sostenute per conto del cliente e allo stesso addebitate come compenso imponibile e, quindi, dedotte, indicando anche il riferimento alle relative fatture/documenti di acquisto».
note
[1] Risoluzione ministeriale n. 360393/1978
[2] Risoluzione ministeriale n. 430084/1990.
Autore immagine: depositphotos.com