È penale l’omesso versamento dell’assegno di mantenimento anche se c’è una difficoltà economica?
La denuncia per mancato mantenimento dei figli maggiorenni è uno, ma non l’unico, strumento che si ha per ottenere, da parte dell’ex coniuge o convivente, il versamento delle somme dovute a seguito della separazione. Si può anche agire in via civile, con una richiesta di decreto ingiuntivo o con il blocco diretto dello stipendio in capo al datore di lavoro. La molla penale, tuttavia, resta l’arma più utilizzata (anche perché gratuita e immediata) e, di solito, anche la più convincente.
La giurisprudenza ha spesso sottolineato che le difficoltà economiche non costituiscono una valida giustificazione per difendersi dalla denuncia per mancato mantenimento dei figli maggiorenni o minorenni.
Di tanto parleremo meglio nel corso del presente articolo. Spiegheremo innanzitutto quando scatta il reato in caso di mancato versamento del mantenimento e in quali casi è possibile evitare la condanna penale. Ma procediamo con ordine.
Indice
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare
Il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento per i figli è reato. Un reato perseguibile d’ufficio.
In realtà, il Codice penale prevede due diversi delitti: quello dell’articolo 570 del Codice penale («Violazione degli obblighi di assistenza familiare») e quello dell’articolo 570bis del Codice penale («Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio»).
La differenza è sostanziale. L’articolo 570 del Codice penale (comma 2) si configura tutte le volte in cui si fanno mancare i mezzi di sussistenza ai figli minorenni o inabili, a prescindere dal fatto che vi sia stata o meno una separazione o un divorzio tra i genitori. La condotta tipica è quella del padre che va via per sempre di casa, che dilapida il patrimonio familiare o che, comunque, si sottrae agli obblighi di genitore. Questo reato scatta per il solo fatto che venga posta in essere tale condotta; non occorre quindi dimostrare lo stato di bisogno dei figli che, in quanto minorenni, si presumono sempre versare in una condizione di necessità per via della loro incapacità a procurarsi di che vivere.
Il reato sussiste anche se non c’è alcun provvedimento del giudice che impone al familiare di pagare un assegno (in caso di separazione o divorzio, per il mantenimento del coniuge o dell’ex coniuge o dei figli), poiché gli obblighi sanzionati derivano, ancora prima che dall’ordinamento, da inderogabili principi di solidarietà e da esigenze morali radicati nelle coscienze.
Invece, l’articolo 570bis del Codice penale presuppone che vi sia stata una separazione e, quindi, un provvedimento del giudice che obblighi un genitore a versare l’assegno di mantenimento in favore dei figli. In questo caso, infatti, la condotta vietata è costituita dall’inottemperanza al provvedimento del tribunale. Inoltre, a differenza del precedente reato, questo scatta sia in presenza di figli minorenni che maggiorenni.
L’articolo 570-bis sanziona il coniuge che non paga l’assegno previsto in caso di separazione o di divorzio. In tal caso, l’inadempimento diventa di per sé rilevante penalmente, indipendentemente dallo stato di bisogno dei familiari.
Se a causa dell’omesso versamento dell’assegno di separazione o divorzio si privano dei mezzi di sussistenza i figli minori o il coniuge, si violano contestualmente l’articolo 570 e l’articolo 570-bis, con conseguente aumento della pena. Secondo altra giurisprudenza [1], vi è un solo reato conseguente a un’unica violazione di legge, perché il reato più grave (articolo 570 cod. pen.) assorbe la violazione meno grave prevista dall’articolo 570-bis.
Chi fa la denuncia per mancato mantenimento dei figli maggiorenni?
Legittimato a presentare la denuncia per mancato mantenimento dei figli maggiorenni è il genitore a cui il giudice ha riconosciuto il diritto a riscuotere tali somme. Egli infatti deve agire a tutela dei figli, per quanto abbiano superato la maggiore età.
Tuttavia, nel caso in cui l’assegno di mantenimento venga versato direttamente nelle mani dei figli (situazione che si verifica solo se questi ne fanno espressa richiesta al genitore obbligato), la denuncia deve essere sporta da loro e non dal genitore.
Come difendersi dalla denuncia per mancato mantenimento dei figli?
Con il matrimonio, entrambi i coniugi sono tenuti, in base alle proprie capacità di lavoro, a contribuire ai bisogni della famiglia. L’obbligo permane anche in caso di separazione e divorzio a favore del coniuge bisognoso e dei figli, anche se maggiorenni ma non economicamente indipendenti.
La Cassazione ha più volte sottolineato che non basta addurre difficoltà economiche per evitare la condanna per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Ogni genitore deve fare tutto ciò che è in suo potere – ivi anche cercare un lavoro o vendere i beni di cui è titolare (ad esempio, immobili) – pur di non far mancare ai figli le somme indicate dal giudice.
Le difficoltà economiche, anche conseguenti alla crisi, escludono la responsabilità penale del coniuge separato o divorziato tenuto all’assistenza familiare solo quando siano assolute e non ascrivibili a sua colpa. Si deve quindi trattare di una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
Lo stato di crisi economica e la disoccupazione non sono sufficienti ad escludere la colpevolezza; occorre piuttosto la prova, da parte dell’imputato, di essersi trovato per tutto il periodo dell’inadempienza in una situazione di incapacità economica assoluta di far fronte all’obbligo. In caso contrario, l’omissione è colpevole, perché è «certamente riferibile a una scelta consapevole e volontaria che ha privilegiato esclusivamente interessi ed esigenze propri rispetto a quelle del nucleo familiare a suo tempo costituito».
L’obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minori non viene meno neanche quando questi ultimi siano assistiti economicamente da terzi, anche in relazione alla percezione di eventuali elargizioni a carico della pubblica assistenza. Al fine di andare esente dalla responsabilità penale, il soggetto agente deve dare prova della sua incapacità economica, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti e tale incapacità deve essere assoluta, dovendo altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
Lo stato di indigenza deve essere involontario e incolpevole, come nel caso del sopraggiungere di una malattia che incide sulle capacità di produzione di reddito. Deve anche essere assoluto e integrare una situazione di persistente oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti.
L’imputato deve provare in maniera rigorosa la concreta impossibilità di adempiere, e il giudice deve valutarla severamente, specie quando il beneficiario dell’obbligo di assistenza è un minore. In mancanza di prova, la condotta costituisce reato, risultando insufficiente anche il formale stato di disoccupazione, il fallimento o la chiusura dell’attività di impresa.
Il reato sussiste nel caso in cui l’impossibilità ad adempiere è frutto della volontà di sottrarsi ai propri doveri e non già la conseguenza di disagi o di insormontabili difficoltà lavorative.
note
[1] Cass. sent. n. 3491/2020