Covid: come funziona il vaccino italiano Reithera


Ha due grandi vantaggi, rispetto agli altri: basta una sola dose per produrre anticorpi e si conserva a temperature non eccessivamente basse.
Entro quest’anno, si avrà probabilmente a disposizione un’arma in più per combattere il Coronavirus: il vaccino Reithera – Spallanzani. L’azienda italiana e l’Istituto nazionale malattie infettive stanno lavorando a questo siero che ha appena concluso la fase 1 di sperimentazione. Con risultati molto promettenti.
I test sui primi cento volontari, infatti, sono andati bene: nel 92,5% dei casi, a seguito dell’iniezione, si è riscontrato come, nei volontari, si sia avviata la produzione di anticorpi neutralizzanti. Non solo efficace, ma anche sicuro: a parte lievi malesseri, come mal di testa, stanchezza, bruciore nella zona dell’iniezione e qualche linea di febbre non ci sono state reazioni avverse.
La prima fase della sperimentazione prevede un numero ristretto di somministrazioni. In particolare, sono state cento le persone tra i 18 e i 55 anni arruolate per questo primo step. La seconda fase coinvolgerà centinaia di persone; la terza migliaia, così da allargare gradualmente la platea dei volontari, distinguendo per fasce d’età, in modo da mettere ulteriormente alla prova l’efficacia del preparato artificiale.
Il vaccino Reithera – Spallanzani ha due importanti vantaggi: la produzione di anticorpi avviene 28 giorni dopo la prima e unica dose da somministrare, dunque niente doppia iniezione; si conserva a temperature comprese tra i 2 – 8 gradi, per cui non servono frigoriferi speciali.
Il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito, ritiene che si possa chiudere la fase 3 entro l’estate e avviare di lì a poco la procedura per la richiesta di autorizzazione che, se tutto va come si spera, avverrebbe in breve tempo.
Il vaccino italiano è diverso da quello prodotto dalle americane Pfizer e Moderna. Sfrutta la tecnologia del vettore virale non replicativo, il che lo rende più simile agli altri vaccini che conosciamo. Nel vaccinato, si inietta un virus innocuo per l’uomo – sfruttato, appunto, come vettore – che in tal caso è il virus del raffreddore del gorilla, non patogeno per l’uomo. Lo si rende incapace di diffondersi e vi si introduce all’interno il codice genetico della proteina Spike del Coronavirus. Così si stimola il sistema immunitario a reagire contro la proteina.