Prole: quando ha diritto a essere sostenuta economicamente dai genitori? Iscriversi all’albo degli avvocati fa perdere il mantenimento?
Un tempo fare l’avvocato significava esercitare una professione al cui prestigio corrispondevano introiti di rilievo. In pratica, chi svolgeva il mestiere di legale aveva un avvenire davanti a sé assicurato. Oggi non è più così: è cosa nota che l’avvocatura italiana è in declino, un po’ per via della lentezza dei procedimenti un po’ per l’elevato numero di persone che esercita detta professione. A prescindere dalle cause, ciò che è indiscutibile è che oggi gli avvocati sono i nuovi poveri, precari spesso incapaci di potersi sostenere solamente con le proprie parcelle. Questa situazione si ripercuote su una serie di aspetti, non ultimo quello del diritto al mantenimento da parte dei propri genitori. Con questo articolo vedremo se il figlio che diventa avvocato ha diritto al mantenimento.
Com’è noto, la prole ha diritto a essere sostenuta economicamente dai propri genitori anche quando è divenuta maggiorenne. Per pacifica giurisprudenza, i figli hanno diritto a continuare gli studi andando all’università e cercando un’occupazione consona al proprio percorso. Il problema è che il coronamento dei propri sforzi non sempre corrisponde all’acquisizione di una sicurezza economica; ciò vale soprattutto per i giovani avvocati, i quali sono costretti a partire da zero. Il figlio che diventa avvocato ha diritto al mantenimento? Vediamo cosa dice la giurisprudenza.
Cos’è il diritto al mantenimento?
Il mantenimento è un diritto che spetta alla prole per il solo fatto di essere venuta al mondo. È la legge a stabilire che il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori [1].
I figli continuano a conservare il diritto al mantenimento anche successivamente alla separazione dei genitori e per un periodo di tempo indeterminato, almeno fino al raggiungimento dell’indipendenza economica.
Il mantenimento a favore del figlio, dunque, è dovuto per il semplice fatto della nascita di quest’ultimo: ciò significa che, a differenza del mantenimento dovuto all’ex coniuge, per il quale occorre che il giudice rispetti una serie di criteri al fine della determinazione (redditi percepiti, assegnazione casa familiare, eventuale responsabilità della fine della relazione, ecc.), la prole ha sempre diritto al mantenimento.
Il mantenimento si sostanzia nel dovere dei genitori a non far mancare alla prole i mezzi necessari per condurre una vita dignitosa, in riferimento non solo al basilare sostentamento (che corrisponde agli alimenti), bensì a tutto ciò che occorre per poter sviluppare la propria personalità, coltivare i propri interessi e, più in generale, affrontare autonomamente la propria vita.
Quando si perde il diritto al mantenimento?
Il figlio non ha più diritto all’assegno di mantenimento solo quando è divenuto economicamente autosufficiente: ciò significa che il raggiungimento della maggiore età non esonera i genitori dal continuare a pagare il mantenimento.
Tuttavia, se il figlio è colpevolmente privo di lavoro, nel senso che la sua precaria condizione economica deriva da una propria responsabilità, allora il genitore potrà rifiutare il mantenimento e chiederne la revoca al giudice, salvo l’obbligo di continuare a versare gli alimenti, cioè un sussidio economico di minor entità (che può tradursi anche nell’offrire vitto e alloggio al figlio).
Dunque, il figlio maggiorenne che porta diligentemente a termine gli studi universitari ma non trova lavoro per via di fattori a lui non imputabili (crisi economica, ecc.) avrà ancora diritto al mantenimento.
Al contrario, il figlio che dopo la scuola dell’obbligo intraprende gli studi universitari con scarso profitto, magari solo per rimandare l’appuntamento con il mondo del lavoro, perderà il diritto a essere mantenuto dai propri genitori.
Figlio avvocato: ha diritto al mantenimento?
Il figlio che, dopo un lungo percorso di studi e la pratica forense, riesce finalmente a iscriversi all’albo degli avvocati, ha ancora diritto al mantenimento?
Secondo la Corte di Cassazione, il figlio che è diventato avvocato ma che non ha raggiunto l’autosufficienza economica continua ad avere diritto al mantenimento da parte dei genitori [2].
In pratica, essere avvocato a tutti gli effetti ma, di fatto, non avere di che vivere a causa degli scarsi guadagni, non fa perdere il diritto al mantenimento.
Ovviamente, per evitare che la situazione si protragga a tempo indeterminato, occorre valutare caso per caso. Nella fattispecie affrontata dalla Suprema Corte, il figlio aveva diligentemente svolto il percorso universitario e aveva con profitto superato l’esame di Stato per l’abilitazione alla professione forense.
All’iscrizione all’albo degli avvocati, però, non era corrisposto un guadagno tale da poter definire indipendente dal punto di vista economico il giovane professionista. Ecco perché, secondo i giudici, il figlio avvocato aveva diritto al mantenimento.
Il mantenimento viene automaticamente meno nel caso in cui il figlio avvocato raggiunga l’indipendenza economica. Se l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento è imposto dal giudice, si potrà sempre fare istanza di revoca nel momento in cui è dimostrato che la prole abbia redditi sufficienti.
In altra occasione, però, la Suprema Corte non è stata così clemente con la prole: il figlio che diventa avvocato perde il diritto al mantenimento se questi lavora presso uno studio legale (nel caso di specie, quello del fratello) [3].
Secondo questa pronuncia, è vero che l’abilitazione alla professione forense non consente di per sé di percepire redditi; tuttavia, se il genitore prova che la situazione di precarietà economica della prole sia dovuta a una colpa di questi (magari, all’eccessivo ritardo con cui ci si è abilitati) oppure che si presta servizio retribuito presso uno studio legale di un collega, allora il giudice di merito potrebbe valutare tali elementi al fine di disporre la revoca del mantenimento.
Insomma: secondo la giurisprudenza, l’iscrizione all’albo degli avvocati non dimostra la titolarità di un reddito; pertanto, si continua ad avere diritto al mantenimento. Tuttavia, il genitore può dimostrare che l’ottenuta abilitazione faccia percepire un guadagno sufficiente al figlio, anche provando che lo stesso presta attività lavorativa retribuita presso altro studio legale.
In alternativa, per sottrarsi all’obbligo del mantenimento il genitore può dimostrare che il mancato guadagno derivi da una condotta colpevole del figlio (scarso impegno, rifiuto ingiustificato di incarichi, ecc.).
L’iscrizione all’albo degli avvocati non dimostra la titolarità di un reddito; pertanto, si continua ad avere diritto al mantenimento. Tuttavia, il genitore può dimostrare che l’ottenuta abilitazione faccia percepire un guadagno sufficiente al figlio, anche provando che lo stesso presta attività lavorativa retribuita presso altro studio legale.
In alternativa, per sottrarsi all’obbligo del mantenimento il genitore può dimostrare che il mancato guadagno derivi da una condotta colpevole del figlio (scarso impegno, rifiuto ingiustificato di incarichi, ecc.).
note
[1] Art. 315-bis cod. civ.
[2] Cass., ord. n. 19135/2019.
[3] Cass., ord. n. 5088/2018.
Autore immagine: canva.com/