Il farmaco protegge dalle mutazioni del Coronavirus? È stata la domanda che ci si è posti per settimane, con apprensione. Adesso uno studio dà la risposta.
Variante inglese e sudafricana? Nulla da temere. Il vaccino dell’americana Pfizer, in collaborazione con l’azienda tedesca BionTech, nonché il primo a essere autorizzato per la somministrazione di massa, produce anticorpi in grado di neutralizzare anche le mutazioni del Covid.
Era una nota dolente, nel dibattito sulla lotta al Coronavirus. Gli scienziati, interpellati sul punto in queste ultime settimane, non sembravano in grado di fornire certezze oltre ogni ragionevole dubbio. C’erano approfondimenti in corso, da parte di Pfizer/BionTech, e bisognava attenderne gli esiti. Ora sono arrivati.
La ricerca
Uno studio dei ricercatori di Pfizer, a quattro mani con l’Università del Texas Medical Branch, conferma che il preparato artificiale del colosso americano «protegge dalle varianti del Coronavirus registrate nel Regno Uniti e in Sudafrica». I ricercatori hanno prelevato il sangue di persone che hanno ricevuto entrambe le dosi di vaccino.
Il siero, una volta iniettato, sarebbe stato in grado di stimolare la produzione di anticorpi neutralizzanti anche in chi lo aveva contratto nelle forme mutate, quindi nella variante inglese o sudafricana. Si tratta di mutazioni simili, che comportano una variazione nella cosiddetta posizione 105 della proteina Spike, quella che, come un uncino, si attacca alle cellule umane e le infetta.
Questo tipo di mutazione, inoltre, è all’origine anche della maggior contagiosità del virus, ha precisato Phil Dormitzer, uno dei responsabili dello sviluppo del vaccino Pfizer. «C’era la preoccupazione che questa mutazione potesse far sfuggire il virus alla neutralizzazione degli anticorpi provocata dal vaccino – ha dichiarato Dormitzer -. Invece il siero è efficace contro queste mutazioni, così come è in grado di proteggere da altre 15 varianti».
Anche il presidente del Consiglio superiore si sanità (Css) Franco Locatelli ha ribadito la notizia oggi, in conferenza stampa, per fare il punto sull’andamento della pandemia, parlando di studi che «confermano che il vaccino Pfizer è in grado di conferire anche una protezione dalla variante inglese».
La situazione in Italia
La conferenza è stata un’occasione in più per ricordare che non si deve abbassare la guardia. Soprattutto perché si sta assistendo a un rallentamento della decrescita dei contagi, ha detto il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Silvio Brusaferro. L’Rt è arrivato a 1,03 e in tutta Europa si assiste a un incremento della rapidità di diffusione del virus.
«La curva che riporta l’età mediana delle persone positive al virus, rimane sostanzialmente costante nel tempo: leggermente sotto i 50 anni – ha spiegato Brusaferro -. La tipologia di chi contrae l’infezione continua ad essere più o meno la stessa. Così come rimane abbastanza costante il fatto che la maggioranza delle persone che vengono identificate come positive sono asintomatiche o sono pauci-sintomatiche». L’incidenza è particolarmente alta in Veneto.
Venerdì prossimo, inoltre, si dovrebbe cominciare ad avere contezza di quanto peseranno i maggiori contatti sociali durante le feste di Natale sulla curva dei contagi.
Differenze tra vaccini
Da ieri, però, l’Italia ha un’arma in più per combattere il Covid: il vaccino dell’altra multinazionale americana, Moderna, autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco (per approfondire leggi qui: Covid: adesso l’Italia ha un vaccino in più). Locatelli si è soffermato sulle somiglianze e differenze con Pfizer/BionTech.
«Entrambi i vaccini approvati in Italia, Pfizer e Moderna, sono basati sulla tecnologia Rna-messaggero, i profili di efficacia e di sicurezza sono sovrapponibili – ha detto Locatelli -. Ci sono fra i due alcune differenze: l’intervallo tra le due somministrazioni è di 28 giorni per Moderna anziché di 21. Per ogni flaconcino di vaccino Moderna sono ottenibili 10 dosi, non necessita di essere diluito e si conserva a una temperatura diversa».