Riconoscimento della paternità, test del Dna e mantenimento: cosa succede se si mette incinta una ragazza.
«Che succede se metto incinta la mia ragazza?»: una domanda tipica, che chiunque si è fatto nel momento in cui inizia ad avere rapporti sessuali con la propria partner. Si è sempre impreparati alla nascita di un figlio: non si studia per diventare genitori. Ma quando a ciò si aggiunge l’ignoranza sul contenuto delle leggi, i problemi si moltiplicano. Di qui una serie interminabile di domande: posso evitare di riconoscere il figlio? Come fare a stabilire se il figlio è mio? E se rifiutassi di sottopormi al test del Dna, potrebbe un giudice obbligarmi a farlo? Cosa succede se lei mi aveva garantito che avrebbe preso la pillola e non l’ha fatto?
In questo articolo cercheremo di rispondere a tutte queste domande. Ecco dunque tutto ciò che devi sapere se metti incinta una ragazza.
Indice
- 1 Cosa succede se metto incinta la mia ragazza?
- 2 Posso evitare di riconoscere il figlio?
- 3 Come faccio a stabilire che il figlio è mio?
- 4 Che fare se il figlio non è mio?
- 5 Che succede se non voglio riconoscere il figlio?
- 6 Chi stabilisce l’ammontare del mantenimento?
- 7 Che succede se non posso permettermi di mantenere mio figlio?
Cosa succede se metto incinta la mia ragazza?
Se metti incinta una ragazza sei costretto:
- a riconoscere il figlio come tuo e, quindi, a dargli il tuo cognome;
- a mantenerlo fino a quando non sarà indipendente dal punto di vista economico (cosa che ormai avviene ben oltre la maggiore età). Questo significa che non dovrai dargli solo i soldi per vivere, mangiare e crescere, ma anche per mandarlo a scuola, per consentirgli una normale vita di relazione, per lo sport, i divertimenti, i viaggi e così via;
- a prenderti cura di tuo figlio anche sotto l’aspetto affettivo, a partecipare alla sua vita, ad avere solidi legami quotidiani con lui, ad andarlo a trovare qualora dovesse vivere insieme alla madre (come sempre succede).
Inoltre, se metti incinta una ragazza, sei costretto a sopportare l’eventuale decisione di quest’ultima di portare a termine la gravidanza, anche se tu vorresti farla abortire; o, al contrario, ad accettare la scelta della madre di abortire anche se tu vorresti tenere il figlio. Il padre, in questo, non ha voce in capitolo.
Posso evitare di riconoscere il figlio?
Il padre è sempre tenuto a riconoscere il figlio. Non può esimersi neanche se è la madre a consentirglielo. Potrebbe essere infatti il figlio, una volta divenuto maggiorenne, a fargli causa per ottenere il riconoscimento. Ed in più, in quel caso, dovrebbe anche versare tutti gli arretrati del mantenimento ed il risarcimento per il danno morale arrecato al giovane per aver vissuto senza un padre.
Dunque, una volta nato il figlio, il padre deve recarsi obbligatoriamente all’anagrafe e riconoscere il figlio come proprio. Da ciò deriverà anche l’attribuzione del cognome. La madre potrebbe anche decidere, con il consenso del padre, di aggiungere il proprio cognome a quello paterno, non anche sostituirlo. Verrà quindi prima il cognome del padre e, poi, quello della madre.
Come faccio a stabilire che il figlio è mio?
Per avere la certezza che il figlio è proprio si può sempre fare un test del Dna in un laboratorio privato. Lo si può fare anche prima che nasca il bambino, a partire dalla 10ma/14ma settimana di gestazione. Il test del Dna si effettua con un semplice prelievo di sangue sia del neonato (in piccolissima dose) che del genitore.
Un’alternativa al prelievo di sangue del figlio può essere rappresentato da cellule derivate dall’interno della bocca, che vengono raccolte con un tampone di cotone, definito «tampone buccale».
In questo modo, si raggiungerà la certezza scientifica circa la paternità del figlio. Chiaramente, non c’è bisogno di fare il test anche per la madre: come dicevano i latini, la madre è sempre certa, l’incerto può essere tutt’al più il padre.
Una volta però raggiunta la certezza circa la paternità, non ci si può più esimere dal fare il riconoscimento in Comune.
Che fare se il figlio non è mio?
Chiaramente, nessuno può essere obbligato a riconoscere come proprio un figlio di altri. Se però la scoperta avviene dopo l’avvenuto riconoscimento, è possibile il successivo disconoscimento della paternità che avviene sempre in un giudizio in tribunale, con test del Dna. In tal caso, si potrà agire contro la madre per ottenere la restituzione dei soldi nel frattempo versati a titolo di mantenimento del minore.
Che succede se non voglio riconoscere il figlio?
Abbiamo detto che il padre non può rifiutarsi di riconoscere il figlio proprio. Se non lo fa, può farlo, al posto suo, la madre o il figlio stesso. Questi agiranno in tribunale per ottenere il riconoscimento coattivo della paternità tramite il test del Dna. In questo caso, il giudice obbligherà il padre a sottoporsi al prelievo del sangue per verificare la filiazione.
E se il padre dovesse rifiutarsi di fare il test del Dna o, magari, non dovesse presentarsi in tribunale? In questi casi, secondo la giurisprudenza, il rifiuto immotivato di sottoporsi agli esami del sangue implica automaticamente il riconoscimento della paternità. In pratica, il giudice potrebbe trarre un sufficiente argomento di prova dal comportamento del genitore che si sia dato alla macchia o non abbia collaborato con il tribunale.
Che succede se la madre aveva promesso che avrebbe preso la pillola anticoncezionale e, invece, non l’ha fatto? Nulla: non è questa una valida ragione per rifiutarsi di riconoscere il figlio; né è possibile chiederle un risarcimento. Insomma, l’uomo deve essere sufficientemente maturo da capire il rischio a cui va incontro se, al momento di un rapporto sessuale, non prende le dovute precauzioni.
Chi stabilisce l’ammontare del mantenimento?
Si è detto che, in caso di accertamento della paternità, il padre dovrà versare alla madre un assegno mensile per il mantenimento del figlio. Nulla invece dovrà alla madre a titolo personale (contributo quest’ultimo che scatta solo quando una coppia sposata si separa).
L’assegno va versato sin dal primo giorno di nascita. La misura di tale assegno può essere determinata dai due genitori di comune accordo. Deve comunque essere un importo congruo con le esigenze del minore che, come noto, crescono con il crescere dell’età. Quindi, è ben possibile calibrare l’assegno in base agli anni di vita del figlio.
In assenza di accordo, sarà il giudice a definire l’assegno di mantenimento. Giudice a cui la madre potrà rivolgersi in assenza di pagamento da parte del padre.
Che succede se non posso permettermi di mantenere mio figlio?
Ben potrebbe succedere che il genitore sia ancora in età scolare, che stia frequentando l’università o che magari sia solo disoccupato e che pertanto non possa permettersi di pagare il mantenimento al figlio. In realtà, la legge non ammette scusanti salvo il caso di una forza maggiore come appunto l’ultimazione degli studi. Quindi, chi è senza lavoro deve trovarlo per forza, anche se non è in linea con le proprie aspettative. Diversamente, si rischia una condanna penale per violazione degli obblighi di assistenza familiare.
La madre che non ottenga l’assegno di mantenimento, oltre a denunciare il padre, potrebbe anche agire contro i nonni, ossia i genitori del padre, affinché suppliscano all’obbligo del figlio.