Pubblicare i dati degli evasori: ok dell’Europa


La Cedu ritiene legittima la diffusione online dei nomi di chi ha debiti con il Fisco: l’interesse a riscuotere le imposte prevale sul diritto alla privacy.
Svergognare gli evasori fiscali si può: lo afferma la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha ritenuto lecita la pubblicazione dei loro dati personali avvenuta in Ungheria sul sito dell’Age (l’omologo della nostra Agenzia delle Entrate).
Nome, cognome, indirizzo, codice fiscale e anche l’importo del debito con il Fisco: tutte informazioni che le leggi ungheresi non solo consentono, ma addirittura impongono di rendere note, a scopo dissuasivo dell’evasione fiscale ed anche – come sottolinea il Garante della privacy di Budapest – «al fine di tutelare le persone che debitamente pagano le imposte».
Un cittadino che aveva un debito superiore a 30mila euro si era opposto a questa prassi, ma i giudici europei con un’innovativa sentenza pubblicata ora [1] gli hanno dato torto: si tratta, indubbiamente, di dati sensibili e rientranti nella privacy, ma la loro pubblicazione è legittimata dalla necessità di tutelare gli interessi economici dell’Erario.
Bocciata, quindi, la tesi del ricorrente, che faceva leva sulla Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo [2] e, in particolare, sul principio secondo cui «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza» e: «Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».
La Cedu non ha riscontrato illegittimità neppure nel fatto che la “black list“, la lista dei contribuenti morosi verso il Fisco, era stata diffusa in rete da un portale locale di notizie online, che aveva creato una mappa degli «inadempienti fiscali» sul territorio della nazione ungherese.
Per la Corte europea, il diritto alla riservatezza dei dati personali cede quando si tratta di «proteggere la sicurezza dello Stato, l’incolumità pubblica, gli interessi monetari dello Stato o la repressione dei reati» e, nel caso dell’Ungheria, i giudici hanno ritenuto che le leggi nazionali avessero lo scopo di informare la collettività sul corretto funzionamento del sistema fiscale e sull’andamento del gettito, ridotto dal mancato pagamento delle imposte; tutto ciò a garanzia dei contribuenti onesti che pagano puntualmente le tasse.
Inoltre, la Corte di Strasburgo ha osservato che la diffusione sul sito istituzionale garantisce che le informazioni personali sugli evasori «siano distribuite in modo ragionevolmente calcolato per raggiungere coloro che ne avevano un particolare interesse», anche a costo di esporre i trasgressori ad ingerenze nella loro vita privata e a forme di «public shaming», cioè di umiliazione pubblica e gogna mediatica.
Proprio questo delicato punto ha provocato un contrasto nel Collegio: la decisione non è stata unanime e due giudici hanno espresso un’opinione dissenziente, riportata in un parere in calce alla sentenza, in cui si legge che l’esposizione dei dati personali lede gli interessi economici e i rapporti sociali dei soggetti inseriti in queste liste e potrebbe anche esporli a rischi di lesione dei loro beni patrimoniali, come rapine o furti con scasso da parte di malintenzionati.
C’è da dire che i dati sono pubblicati soltanto se la morosità perdura da sei mesi e vengono cancellati quando il debito è stato saldato, ma il diritto all’oblio è compromesso dal fatto che potrebbero rimanere consultabili mediante le ricerche online anche dopo la loro avvenuta rimozione.
note
[1] CEDU, caso L.B. contro Ungheria del 12 gennaio 2021 (Application n. 36345/16).
[2] Art. 8 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma dagli Stati membri del Consiglio europeo il 4 novembre 1950.