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Crisi di governo, Renzi scaricato: tutte le ipotesi

14 Gennaio 2021 | Autore:
Crisi di governo, Renzi scaricato: tutte le ipotesi

M5S e Pd: Italia Viva inaffidabile, futuri scenari inimmaginabili. Le possibili mosse di Conte e le probabili conseguenze.

Scaricato. Da tutti. Nemmeno 24 ore dopo la conferenza stampa in cui ha annunciato il ritiro della sua delegazione dal Governo dando il via alla crisi di governo, Matteo Renzi sente già attorno a sé il vuoto più totale. Perfino il Partito Democratico, per bocca del segretario Nicola Zingaretti, l’ha scaricato dopo il vertice del suo ufficio politico che si è tenuto oggi a Roma: «C’è un dato che non può essere cancellato dalle nostre analisi», ha spiegato Zingaretti. «Ed è a questo punto l’inaffidabilità politica di Italia Viva. Che è un dato presente e che io credo, e questo dovremmo tenerlo in considerazione, comunque, per come avvenuto mina la stabilità in qualsiasi scenario si possa immaginare un coinvolgimento e una nuova possibile ripartenza». Come a dire: se fidarsi è bene e non fidarsi è meglio, d’ora in poi scegliamo di non fidarci più.

Parole che hanno avuto l’immediata risposta dalla controparte, questa volta per bocca della ministra dimissionaria delle Politiche familiari, Elena Bonetti: «Per Zingaretti IV inaffidabile? Ne prendo atto, se trova dei responsabili per andare avanti gli faccio gli auguri, anche se sarei un po’ preoccupata».

Chi sperava, insomma, in un minimo di trattativa, in un riavvicinamento tra le forze di maggioranza, in una sorta di ripensamento che facesse voltare l’amara pagina politica scritta ieri si deve ricredere. Oltre a Zingaretti, anche il Movimento 5 Stelle ha cancellato Renzi dalla lista di amici. Quali sono, a questo punto, i possibili scenari? Ecco tutte le ipotesi, le più probabili e le più impensabili ma non per questo impossibili.

La premessa parte dal Senato. Italia Viva ha 18 parlamentari a Palazzo Madama. Il Governo, se vuole evitare il ribaltone, deve sostituirli. Attenzione, perché 18 senatori possono sembrare niente ma andare a reperirli non è un’impresa facile. Occorre andare a pescare tra chi ha qualcosa da guadagnare senza andare alle urne. I cosiddetti «responsabili» che, comunque, passerebbero il conto. Perché l’attuale maggioranza avrà sempre bisogno di loro per campare. E in politica, come in tanti altri settori, niente si fa in cambio di niente.

Conte non si dimette e va in Parlamento

Maggioranza, opposizione e perfino il presidente della Camera, Roberto Fico, hanno già chiesto a Giuseppe Conte di riferire in Aula. La conferenza dei capigruppo è stata convocata per calendarizzare il discorso del premier. Quella che finora era solo un’ipotesi si avvia a diventare la probabilità più concreta. Volente o nolente (meglio sarebbe dire «dolente») Conte dovrà prima o poi andare a Montecitorio a dire che cosa intende fare e con quale maggioranza.

A lui la scelta di farlo prima o poi. Più facile che lo faccia prima, perché sa che il Paese (e Mattarella) ha bisogno di risposte immediate nel bel mezzo di una crisi sanitaria ed economica. In questo modo, accadrebbe quello che abbiamo sentito dire tante volte: la «parlamentarizzazione della crisi»: un parolone che, come direbbe Montalbano, «ci sta a significare» che il presidente del Consiglio comunica a deputati e senatori di aver perso una parte dell’appoggio nella sua maggioranza.

Fatto questo, salirebbe al Quirinale e chiederebbe a Mattarella qualche giorno di tempo per cercare di colmare il vuoto lasciato da Renzi. Impresa, come detto, non facile al Senato.

Conte non si dimette e chiede la fiducia alle Camere

Ipotesi altrettanto probabile: Conte non si dimetterà e andrà in Parlamento a fare quello che lui e Renzi hanno definito «la conta». Chiede, cioè, la fiducia e vede se ha una maggioranza per continuare a guidare il Governo oppure se deve andare al Colle a dire a Mattarella che la sua esperienza a Palazzo Chigi è finita.

Nel caso in cui trovasse in Aula «un po’ di spiccioli» per garantirsi un risicato appoggio, si rimangerà la parola sulla «maggioranza solida» a cui ha sempre fatto riferimento come condizione indispensabile per continuare a governare. Questa soluzione, peraltro, comporterebbe il malumore di Mattarella: anche il presidente della Repubblica ha chiesto più volte una maggioranza solida. Di consultazioni ne ha fatte fin troppe, insomma: abbiate pietà di lui per quel che gli resta al Quirinale.

Conte si dimette

Terza possibilità: il premier tiene fede a quello che ha detto in mezzo alla strada tra i cronisti poche ore prima dello sgarro di Renzi: «Il Governo va avanti solo se ci sono tutte le forze di maggioranza che l’appoggiano». Una di queste forze non c’è più. Quindi, se Conte non vuole rimangiarsi la parola data, va al Quirinale e consegna le dimissioni al Capo dello Stato.

Sergio Mattarella avrebbe due scelte. Una, accettarle e fare un giro di consultazioni tra i partiti rappresentati in Parlamento per trovare un nuovo presidente del Consiglio in grado di formare un altro Governo. Politico, tecnico, istituzionale. Purché ce ne sia uno di Governo. In caso contrario, l’appuntamento con le urne sarebbe inevitabile.

L’altra, respingere le dimissioni e chiedere a Conte di tentare – almeno – di trovare un’altra maggioranza che lo sostenga.

Conte non fa niente

Facile la battuta dei suoi detrattori: «E quando mai l’ha fatto?». Conte non fa niente, in questo caso, va inteso come «non va in Parlamento e nemmeno si dimette». Si prende ad interim i due ministeri lasciati vacanti da Teresa Bellanova ed Elena Bonetti e va avanti a governare con le forze che attualmente lo appoggiano come se niente fosse. O quasi: al primo tentativo di sfiducia da parte dell’opposizione (Renzi compreso) sarebbe finito. Il centrodestra (e forse lo stesso Renzi) non vedono l’ora.



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