Avvocati: Cassa Forense dimezza la pensione all’improvviso


Il nuovo regolamento per le prestazioni in regime di cumulo prevede il ricalcolo contributivo dei trattamenti spettanti.
Brutta sorpresa per gli avvocati che possiedono contributi presso gestioni previdenziali differenti, oltreché presso Cassa Forense: il nuovo Regolamento per le prestazioni previdenziali in regime di cumulo [1], difatti, prevede una forte riduzione della pensione spettante, riduzione che fino a poco tempo fa non sussisteva.
Il cumulo [2], lo ricordiamo, consiste nella possibilità di sommare, ai fini del diritto a pensione, la contribuzione accreditata presso casse differenti, senza oneri per il pensionato. Ogni gestione liquida la pensione in base alle proprie regole, ossia determina il trattamento utilizzando il sistema di calcolo valido per il fondo in questione.
Per quanto concerne le gestioni amministrate dall’Inps, la quota di prestazione liquidata da queste casse non è mai assoggettata al ricalcolo contributivo. Per quanto riguarda le gestioni dei liberi professionisti, invece, le regole sono stabilite da ciascuna cassa.
Cassa Forense, in particolare, con una nota circolare del 2017 [3], aveva stabilito che, in relazione alle prestazioni in regime di cumulo, si dovesse applicare l’ordinario calcolo retributivo-reddituale, qualora si raggiungesse la contribuzione minima per la pensione di vecchiaia, considerando la contribuzione presente in tutte le gestioni.
In buona sostanza, nessun ricalcolo contributivo sarebbe stato applicato qualora, complessivamente, contando dunque anche i versamenti effettuati presso l’Inps ed altre casse, l’avvocato risultasse con almeno 35 anni di contributi alle spalle (requisiti valido dal 2021; per il 2017- 2018 erano sufficienti 33 anni di contributi, 34 per il biennio 2019-2020).
L’Ente, tuttavia, ha cambiato le carte in tavola dall’oggi al domani (la disciplina è variata, peraltro prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per le domande di pensione aventi decorrenza dal 20 maggio 2020 e non ancora deliberate): il Regolamento per le prestazioni previdenziali in regime di cumulo [1], difatti, stabilisce che, per non applicarsi il ricalcolo contributivo, sia necessario aver conseguito la contribuzione minima utile alla pensione di vecchiaia di Cassa Forense considerando i soli contributi accreditati presso la cassa stessa. In parole semplici, se l’avvocato non possiede 35 anni di contributi presso Cassa Forense, la pensione erogata dalla cassa è calcolata col sistema integralmente contributivo.
Come noto, il calcolo della pensione con l’utilizzo del sistema contributivo risulta, nella generalità dei casi, notevolmente penalizzante rispetto al calcolo retributivo, in quanto non si basa sugli ultimi redditi, o redditi migliori, ma sulla sola contribuzione versata. Peraltro, presso Cassa Forense sono computati i soli contributi soggettivi versati, non le altre tipologie, quali i contributi integrativi.
In “soldoni”, le perdite sono notevoli, specie per gli avvocati aventi anzianità anteriori al 2001, con diritto al calcolo della pensione in quattro proquote.
Si osserva, comunque, che il Regolamento per le prestazioni in regime di cumulo, nello stabilire le regole di calcolo ed i requisiti contributivi, fa riferimento al vecchio Regolamento delle prestazioni previdenziali, abrogato dal 1° gennaio 2021 e sostituito dal nuovo Regolamento unico della previdenza.
Si auspica che l’Ente faccia “marcia indietro”, per rimediare a quella che è un’evidente disparità di trattamento, nei confronti di coloro le cui domande di pensione hanno decorrenza dal 20 maggio 2020.
note
[1] Art.3, Regolamento per le prestazioni previdenziali in regime di cumulo.
[2] Art.1, co. 239 e ss., L. 228/2012.
[3] Cassa Forense, circolare 2/2017.
Autore immagine: canva.com/