Gli interventi dedicati agli under 35 nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Si punta a incrementare l’occupazione e le competenze.
Sostenibilità, inclusione, innovazione. Sono solo alcune delle direttrici per le quali passa la crescita del Paese, secondo il Governo. Obiettivi messi nero su bianco in 179 pagine di Recovery Plan, o anche Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), documento col quale l’Esecutivo spiega come intende spendere i 209 miliardi di Recovery Fund provenienti dall’Europa.
Una parte del piano riguarda i giovani, intesi come il complesso della popolazione under 35. Per contrastare la disoccupazione e venire incontro alle aziende, è prevista la decontribuzione totale per le nuove assunzioni. Avrà durata triennale (quadriennale nel Sud) per chi ha meno di 35 anni e biennale per le donne, nell’ottica di incidere su gender gap e divario Nord-Sud. La sostenibilità è parte della strategia, col duplice obiettivo di spingere verso la tutela ambientale e creare nuovi posti di lavoro.
Parte dei 12,6 miliardi da investire in inclusione e coesione, riguardano le misure per diminuire il tasso di disoccupazione giovanile e l’incidenza dei Neet, i giovani che non studiano, non lavorano, né cercano un impiego. Al fine di semplificare l’accesso alle professioni, è in cantiere la riforma sulle lauree abilitanti, che consente di sostituire il diploma di laurea con l’esame di Stato.
Previsto anche il potenziamento del servizio civile, col fine di arrivare a ottantamila volontari entro il 2027. Esperienze utili per i giovani, non solo in chiave lavorativa, ma anche allo scopo di contribuire a migliorare la coesione sociale del Paese.
Quanto all’università, verrà aumentato il numero delle borse di studio per studenti meritevoli e con Isee basso. Quelle da 700 euro saranno più numerose. Idem gli alloggi per gli studenti fuori sede. La no-tax area verrà allargata, andando a comprendere anche chi ha un Isee inferiore ai 23.500 euro. Le risorse per questi interventi ammontano a 1,35 miliardi di euro.
Obiettivi: aumentare le opportunità per chi ha scarse possibilità economiche ma merita, per capacità, di proseguire il percorso di studi e poi incrementare, in generale, il numero dei laureati. Se nei Paesi Ocse la media dei possessori di una laurea è del 44%, nella fascia 25-34 anni, in Italia siamo solo al 28%.
Il Governo vuole inoltre finanziare per cinque anni le attività di ricerca dei giovani: sul piatto, ci sono risorse per 600 milioni di euro.
Sul fronte delle competenze scolastiche, quindi dell’istruzione e della formazione, il Governo Conte ha deciso di destinare 26 miliardi di euro a una serie di progetti – 24 per la precisione – volti a contrastare l’abbandono scolastico e potenziare la ricerca.
Si vuole investire sulle discipline cosiddette Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), per colmare il gap tra la preparazione degli studenti adolescenti italiani e quella dei coetanei europei. Il divario è anche interno, prima ancora che internazionale: i liceali del Meridione risultano molto più indietro dei colleghi settentrionali, a loro volta meno competenti degli omologhi europei.
Si chiama «scuola di alta formazione» il sistema di corsi per garantire l’aggiornamento professionale continuo a tutto il personale scolastico. Nel piano, c’è anche il potenziamento degli istituti tecnici: 1,5 miliardi di interventi per incrementare gli studenti e far nascere nuove sinergie tra il mondo della scuola e quello dell’università.